Autostrade risarcisce il sinistro mortale per l’assenza del guardrail
Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 882 depositata oggi, respingendo il ricorso della Spa
Autostrade per l’Italia risponde, insieme all’assicurazione del veicolo, degli esiti infausti di un tamponamento che ha portato l’auto speronata a cadere nella scarpata adiacente la strada non protetta da un guardrail. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 882 depositata oggi, respingendo il ricorso di Autostrade condannata a pagare 150mila euro, pari alla metà dell’importo versato dall’istituto assicurativo per le due vittime.
Confermata dunque la decisione della Corte di appello di Ancona. Secondo i giudici di secondo grado “la presenza di una barriera protettiva laterale avrebbe permesso il contenimento del moto aberrante della Fiat evitando l’esito mortale, oltre che il ribaltamento dell’autovettura a seguito della discesa lungo la scarpata, poiché l’impatto era avvenuto ad una velocità di 70 km/h, rispetto alla quale il contenimento da parte di una barriera moderna è assicurato”. Si trattava dunque di una responsabilità di natura oggettiva, basata sul solo rilievo del nesso di causa tra la res e l’evento di danno, in presenza di una situazione di pericolo immanente.
Contro questa decisione, Autostrade ha sostenuto che l’obbligo di apporre sul tratto autostradale le barriere di sicurezza previste dai DD.MM. 18.2.1992, n. 223 e 21.6.2004, n. 2367, sussisterebbe solo in presenza di tratti di strade di nuova costruzione o di strade, realizzate antecedentemente, sottoposte a significative opere di adeguamento e rifacimento. Nel caso di specie, invece il tronco autostradale era stato costruito nel 1969 e mai sottoposto a significative opere di manutenzione straordinaria.
Una lettura bocciata dalla Terza sezione civile. La circostanza che per una determinata strada il D.M. n. 223 del 1992 non imponesse in astratto l’adozione di misure di sicurezza – fatto peraltro contestato dalla Cassazione -, “non esimeva la ricorrente dal valutare in concreto sempre e comunque, ai sensi dell’articolo 14 Cod. strada, se quel tratto di autostrada potesse costituire un rischio per la sicurezza degli utenti”.
Correttamente, prosegue la decisione, la Corte di appello ha ritenuto che il dovere di controllo del custode stradale non era limitato alla sola carreggiata, ma si estendeva anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento. Condannando Autostrade “non per avere violato le prescrizioni del D.M. n. 223 del 1992 sulle barriere laterali”, ma perché “l’installazione della barriera di sicurezza era, in ogni caso, una esigenza elementare di tutela della sicurezza stradale”. E “in base alla normativa in vigore al momento del sinistro … era indispensabile l’applicazione di una barriera omologata” non essendovi una ragione plausibile per cui il guard-rail si interrompesse “lasciando scoperto un tratto fiancheggiato da una scarpata altamente pericolosa”.
È stata così accertata una colpa generica, non una colpa specifica, per cui nulla rileva se il D.M. n. 223 del 1992 imponesse o meno l’installazione di barriere nel luogo del sinistro.
In definitiva, la Suprema corte ha validato l’interpretazione della Corte territoriale per cui la condotta dell’automobilista non era stata tale da eliminare la responsabilità di Autostrade per l’Italia, quale custode del tratto autostradale, posto che l’assenza di barriere guard-rail “si è sicuramente inserita nella catena causale che ha provocato il ribaltamento dell’auto nel pendio erboso ed ha contribuito ad aggravare le conseguenze dell’incidente, sì da aver concorso pariteticamente (nella misura del 50%) a determinare l’evento”.