Autotutela: la Cassazione tributaria nega l'applicabilità della legge 241 all'amministrazione finanziaria
Prima dell'entrata in vigore della Costituzione (fondamentalmente, a partire dagli Anni ‘30 del secolo scorso), l'autotutela (intesa quale forma di rinnovato esercizio del potere amministrativo su di una determinata fattispecie già definita da un precedente provvedimento) veniva ascritta ad una residua forma para-giurisdizionale di potere, pertinente alla p.a. quale residuato delle istituzioni dello Stato Assoluto
Con sentenza 2 febbraio 2022, n. 3268, la Sezione tributaria della Corte di Cassazione si pronuncia in materia di autotutela "sostitutiva" e "perennità del potere di accertamento" e lo fa confrontando tali istituti con l'art. 21 novies della l. 7 agosto 1990, n. 241 (che regolamentano l'autotutela "decisoria" nella forma dell'autoannullamento o annullamento in autotutela, che dir si voglia).
Una necessaria premessa.
In via del tutto generale, si dirà che la possibilità di ri-esercitare il potere, da parte della pubblica amministrazione in generale, è sempre stato riconosciuto dall'ordinamento giuridico, sin da epoca remota.
Prima dell'entrata in vigore della Costituzione (fondamentalmente, a partire dagli Anni ‘30 del secolo scorso), l'autotutela (intesa quale forma di rinnovato esercizio del potere amministrativo su di una determinata fattispecie già definita da un precedente provvedimento) veniva ascritta ad una residua forma para-giurisdizionale di potere, pertinente alla p.a. quale residuato delle istituzioni dello Stato Assoluto.
Forse per questo motivo la dottrina dell'epoca iniziò ad utilizzare la locuzione "autotutela decisoria", in relazione a tale forma di potere, in contrapposizione al concetto di "autotutela esecutiva" (facente capo ad altro genere di potere amministrativo).
In un tale scenario, nel corso dei decenni la giurisprudenza tributaria ha adottato la dizione "autotutela sostitutiva" per indicare la potestà riservata all'amministrazione finanziaria di ri-editare il proprio provvedimento, sostituendolo con uno diverso.
Questa specifica modalità di esercizio del potere di autotutela, secondo la giurisprudenza tributaria è connotato da sue proprie specificità, che dovrebbero renderlo dissimile dal potere esercitato dalla p.a. in generale di adottare un provvedimento "di secondo grado" rispetto ad altro precedentemente adottato.
Tale rivendicazione di specificità del potere di accertamento viene fondata sulla base delle norme settoriali inerenti le modalità di ri-esercizio del potere.
La normativa di riferimento.
Il diritto tributario riconosce e disciplina diversi istituti pertinenti all'autotutela. Alcuni sono direttamente inerenti "il contenzioso" tra contribuente ed amministrazione finanziaria (ad esempio, la mediazione/reclamo, che deve essere esperita antecedentemente alla instaurazione della lite dinanzi alla CTP), altri che non pertengono alla fase giudiziale (ad esempio, l'accertamento con adesione).
Esiste, poi, una sorta di "terra di nessuno", rappresentata dalle disposizioni dettate dalla l. 7 agosto 1990, n. 241 in materia di autotutela (tra le quali, l'art. 21 novies, in materia di autoannullamento), in relazione alle quali è sempre più prossima la "collisione" tra la sfera del diritto amministrativo e quella del diritto tributario.
Andando con ordine, si dirà che, in materia di "autotutela sostitutiva", la normativa di riferimento è rappresentata dall'art. 2 quater del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito con modificazioni dalla L. 30 novembre 1994, n. 656. Questo attribuisce agli organi dell'amministrazione finanziaria il potere di annullamento d'ufficio o di revoca degli atti illegittimi o infondati, rinviando alla normativa secondaria la definizione dei criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l'attività dell'amministrazione.
L'art. 2, comma 2, del D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, ha, poi, stabilito che l'annullamento d'ufficio del provvedimento tributario è precluso in relazione ai motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all'amministrazione finanziaria.Tuttavia, le norme appena richiamate (se non altro "ratione temporis"), non escludono apertamente l'applicabilità ai procedimenti tributari delle disposizioni contenute nella l. 7 agosto 1990, n. 241, le quali, a partire dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15, sono state integrate dagli artt. 21 bis - 21 decies, afferenti ad alcuni aspetti dell'esercizio dell'autotutela da parte della p.a. (fondamentali, a tal riguardo, l'art. 21 quinquies, inerente la revoca del provvedimento, e l'art. 21 novies, che riguarda l'annullamento in autotutela).
Fatto sta che, in merito ai rapporti tra la normativa "generale" in materia di autotutela e quella "tributaria", per ammissione della stessa Suprema Corte, non esiste un consolidato orientamento giurisprudenziale (v., ad es., Cass., VI trib., ord. 25 febbraio 2021, n. 5229: "...non vi sono specifici precedenti di questa Corte che hanno affrontato la questione del riconoscimento anche all'Ufficio della facolta' di adeguare la classificazione catastale alla concreta situazione senza limiti di tempo, in deroga alla disciplina contenuta L. n. 241 del 1990, articolo 21 octies, che consente l'annullamento dell'atto amministrativo entro limiti ragionevoli a tutela dell'affidamento e delle certezza delle situazioni giuridiche").
La sentenza in esame.
Da questo punto di vista, la sentenza in esame, pur non essendo particolarmente innovativa, quanto a contenuti generali (essa, in effetti, ribadisce la posizione che la S.C. ha più volte esposto in materia di autotutela sostitutiva quale potere perennemente esercitabile dall'amministrazione finanziaria, salvo l'unico limite del giudicato e della decadenza dal potere di accertamento per superamento del limite temporale di esercizio del potere), è interessate per un suo rapido passaggio di raffronto tra le due discipline.
La Cassazione, partendo dal presupposto per cui l'azione della p.a. è governata dal "principio di perennità", in virtù del quale "il potere della Pubblica Amministrazione, come osservato in dottrina, sopravvive al suo esercizio e può essere nuovamente posto in essere, anche in relazione alla stessa fattispecie e persino in senso opposto alla precedente manifestazione del potere stesso", arriva ad affermare che "...in assenza di specifica norma di legge che preveda un più limitato esercizio dell'autotutela (quale l'art. 21-novies l. 7 agosto 1990, n. 241, come in particolare modificato dall'art. 6 l. 7 agosto 2015, n. 124) - l'esercizio del potere di autotutela non implica la consumazione del potere impositivo, ancorché l'atto originario venga rimosso con effetti ex tunc, rinnovando doverosamente l'amministrazione un proprio atto viziato con l'emanazione di un altro, corretto dai vizi del precedente (Cass., Sez. V, 8 luglio 2015, n. 14219)".
Secondo la Cassazione, quindi, la ri-edizione del potere impositivo è svincolata dalle preclusioni di cui all'art. 21 novies della legge fondamentale sul procedimento amministrativo.
Osservazioni conclusive.
La tesi della Cassazione esposta nella sentenza che si annota, in ordine alla "sempiterna" possibilità di ri-editazione del potere impositivo è stata già varie volte precedentemente affermata, ma presenta alcuni punti in "chiaro-scuro".E' indiscutibile il fatto che il potere "in astratto" dell'amministrazione (anche finanziaria) debba considerarsi inesauribile; è, cioè, sempre possibile per la p.a. e per l'a.f. sempre esercitare il potere ad essa attribuito ogni qual volta si presenta una determinata fattispecie ad esso soggiacente.
E' un pò meno convincente l'idea per cui l'amministrazione finanziaria può esercitare e riesercitare il potere "in concreto" (inerente, cioè, una singola e specifica fattispecie) un numero indefinito di volte, salvo il solo limite del giudicato (come si concilia questa tesi con il legittimo affidamento del contribuente?).
In ordine alla "perennità del potere in concreto", che la S.C. riferisce alla p.a. in generale, si osserva, che tale costrutto interpretativo non collima con le più recenti affermazioni del Consiglio di Stato.
Il massimo organo di giustizia amministrativa, infatti, afferma che il potere della p.a. ha natura "tendenzialmente inesauribile", intendendo riferirsi alla possibilità per la p.a. di rivedere le proprie determinazioni solo una seconda volta rispetto all'annullamento disposto dal GA. In particolare (v., ad es., Cons. Stato, V, 8 gennaio 2020, n. 144), il Consiglio di Stato afferma che trova applicazione, nell'ordinamento italiano, la teoria "del c.d. one shot temperato per la quale, ad evitare che l'amministrazione possa riprovvedere per un numero infinito di volte ad ogni annullamento in sede giurisdizionale, è dovere della pubblica amministrazione riesaminare una seconda volta l'affare nella sua interezza, sollevando tutte le questioni rilevanti, con definitiva preclusione (per l'avvenire, e, in sostanza, per una terza volta) di tornare a decidere sfavorevolmente per il privato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 ottobre 2016, n. 4421, nonché Adunanza plenaria, 15 gennaio 2013, n. 2)".
E' piuttosto evidente il contrasto tra la tesi della S.C. e quella del Consiglio di Stato e tale contrasto lascia alquanto perplessi. Non convince, poi, la teorizzata inapplicabilità della "norma di legge specifica" di cui all'art. 21 novies l. 241/1990 all'amministrazione finanziaria: oltre a non essere disposta alcuna limitazione di applicabilità dell'articolo in parola ai procedimenti tributari, va rammentato che le modifiche apportate alla l. n. 241/1990 a partire dalla l. 15/2005 in poi hanno contribuito a delineare un rapporto tra p.a. ed amministrato meno improntato al teorema della supremazia ed un pò più collaborativo.
Non convince, poi, la scelta di far soggiacere l'affidamento del contribuente alla stabilità del rapporto tributario ad un "doppio termine": da una parte, quello "elastico" del giudicato, dall'altra quello un pò più rigido della decadenza dal potere impositivo.
La sentenza in nota, ancorché non emanata dalle Sezioni Unite, comunque rappresenta un tassello importante per ricostruire le caratteristiche del potere impositivo ed il rapporto tra a.f. e contribuente. Tuttavia, proprio perché essa lascia inalterato il rapporto tra "luci" (certezza del diritto, legittimo affidamento, stabilità dei rapporti) ed "ombre" (inconsumabilità del potere di accertamento, discrezionalità ampia ed incoercibile dell'autotutela) evidenzia la necessità di un rapido intervento legislativo che "ristrutturi" le vecchie norme in materia di autotutela tributaria, esattamente come effettuato per la l. 241/1990 (e magari le raccordi con esse).
*A cura dell'Avv. Filippo Maria Salvo, Partner 24 ORE Avvocati