Avvocati, divieto di tutela giudiziale frazionata per i compensi non pagati dal cliente
Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza n. 17813/2021 estendendo il perimetro applicativo del divieto di parcellizzazione della domanda giudiziale
«Le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell'ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia». A precisarlo è la Cassazione con l'ordinanza n. 17813/2021 estendendo il perimetro applicativo del divieto di parcellizzazione della domanda giudiziale.
La vicenda - L'occasione per una tale precisazione è fornita dalla scelta dell'avvocato di una società cooperativa di chiedere un decreto ingiuntivo per ogni specifico incarico professionale che la medesima società gli aveva affidato e non pagato, per un totale di 38 procedimenti monitori avviati. La cooperativa contestava tale modus operandi ritenendo che il legale avesse posto in essere in tal modo un frazionamento abusivo del credito, al solo fine di speculare sulle spese legali. L'avvocato, dal canto suo, sottolineava che i servigi professionali resi non erano collegati in alcun modo tra loro, in assenza di un accordo quadro con la società, sicché non poteva ritenersi sussistente tra le parti un unico rapporto di consulenza e assistenza legale.
I giudici di merito, in entrambi i gradi di giudizio, davano ragione al legale, sottolineando l'assenza di un accordo per la definizione unitaria di spese e compensi, e ciò nonostante le attività difensive esplicate nei giudizi di opposizione erano state identiche in tutti i 38 procedimenti.
La decisione - Di diverso avviso si mostra, invece, la Cassazione che, con una lunga e articolata sentenza, spiega le ragioni per cui anche a tale particolare fattispecie debbano estendersi le regole poste dalle Sezioni unite in tema di divieto di tutela giudiziale frazionata. Punto di partenza della Suprema corte è l'importante sentenza n. 4090/2017 che ha ritenuto, in sostanza, lecita la presentazione di domande diverse aventi a oggetto distinti e diversi diritti di credito, anche se relativi a un medesimo rapporto di durata tra le parti, purché esse non siano inscrivibili in un "medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato", o fondate sul "medesimo fatto costitutivo", e non comportino una duplicazione dell'attività istruttoria, nonché a condizione che risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.
Ebbene, per il Collegio, tale regola deve trovare applicazione anche nell'ipotesi in cui «le pretese creditorie separatamente azionate siano riconducibili a fatti costitutivi storicamente distinti che si sono verificati nel contesto di un rapporto di durata tra le parti che non ha avuto origine nella stipulazione di un contratto che ne regolasse gli effetti». Difatti, spiegano i giudici, la «contemporanea sussistenza tra le stesse parti di crediti giuridicamente eguali che, pur se non conseguenti allo stesso contratto, siano nondimeno riconducibili» al "medesimo rapporto" che si è venuto a determinare nel corso del tempo, ne impone la deduzione nello stesso giudizio, in ossequio ai doveri inderogabili di buona fede e correttezza.