Casi pratici

Azione di classe: novità 2020

Le tre fasi procedimentali

di Laura Biarella


La questione
Come si strutturerà la class action nella disciplina in vigore dal 19 maggio 2021? Quali sono le differenze più evidenti rispetto alla previgente regolamentazione consumeristica? Quali sono i punti di maggior rinnovamento? Quali casistiche copre?


La nuova struttura procedimentale dell'istituto, collocata nel codice di rito civile, risulta trifasica:
• Il primo step afferisce al giudizio di ammissibilità dell'azione (il provvedimento relativo ha natura di ordinanza) innanzi al Tribunale delle Imprese, dove sono presenti le parti in senso sostanziale e processuale (ricorrente e resistente) ed eventualmente, ove sussistano, eventuali aderenti.
• Il secondo stadio processuale concerne la decisione sul merito, sempre di competenza del Tribunale delle Imprese, pertanto si conclude con un provvedimento decisorio (sentenza) che definisce il merito del giudizio determinando anche la misura del risarcimento o statuendo in ordine alle restituzioni dovute nei confronti del ricorrente. Anche nella fase in parola sono presenti le parti in senso sia sostanziale che processuale, nonché, ove sussistano, eventuali soggetti aderenti.
• La terza ed ultima fase, che si sostanzia in un provvedimento (decreto) del giudice delegato, afferisce alla liquidazione delle somme in favore degli aderenti alla classe. La peculiarità risiede nella circostanza che non è presente il ricorrente (avendo già ottenuto una pronuncia di merito), tuttavia l'impulso processuale compete al rappresentante comune degli aderenti, nominato dal Tribunale nella sentenza ex art. 840 sexies c.p.c., che opera in veste di pubblico ufficiale sotto la vigilanza del giudice delegato, nominato con la medesima pronuncia.
Solo nelle prime due fasi procedimentali, sopra evidenziate, può manifestarsi l'adesione alla class action e, più precisamente, a seguito della pronuncia dell'ordinanza che ammette l'azione, nonché dopo la sentenza di accoglimento.


I diritti tutelabili tramite class action
L'azione collettiva trova quale ambito di applicazione la tutela dei cd. "diritti individuali omogenei" i quali, per l'effetto, dal maggio 2021, risultano tutelabili, ex art. 840 bis, I comma, c.p.c., non solo per il tramite dell'azione civilistica tradizionale, bensì pure tramite class action. Questi sono individuabili in situazioni giuridiche soggettive attribuite a coloro che fanno parte di una classe ove i diritti dei singoli appartenenti, pur derivando dalla stessa questione di fatto o di diritto idonea a rendere possibile l'emanazione di un provvedimento giurisdizionale di contenuto uniforme, restano distinti. Anche l'articolo 840 octies c.p.c. contiene, nella rubrica, il termine in questione: «Progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti». Secondo l'indirizzo ermeneutico formatosi sotto la vigenza del procedimento contemplato dal codice consumeristico, l'oggetto dei procedimenti collettivi doveva individuarsi in una pluralità di diritti individuali, restando in tale ambito esclusi gli interessi collettivi o diffusi. Le domande ammissibili, in riferimento ai diritti individuali omogenei, risultano quelle esperite verso il soggetto attivo della condotta lesiva del diritto, per far valere «l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni». La condotta illegale lesiva dei diritti individuali omogenei deve essere la stessa e, nel contempo, assumere carattere plurioffensivo. Non sono ammissibili azioni di mero accertamento e neppure azioni preordinate ad ottenere la condanna della parte convenuta ad eseguire prestazioni differenti da quelle relative al pagamento e alla consegna, contemplate espressamente all'art. 840-octies c.p.c.: «Il giudice delegato, con decreto motivato, quando accoglie in tutto o in parte la domanda di adesione, condanna il resistente al pagamento delle somme o delle cose dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento o di restituzione».


Legittimazione attiva
La legittimazione attiva risulta sensibilmente ampliata, grazie alla novella, a qualunque soggetto sia titolare di diritti individuali omogenei e, pertanto, ex art. 840-bis, II co., del codice di rito, a «ciascun componente della classe». Le organizzazioni o associazioni hanno legittimazione attiva a condizione che:
• non abbiano scopo di lucro e i loro obiettivi statutari comprendono la tutela dei diritti individuali omogenei;
• sono iscritte in un apposito elenco pubblico istituito presso il Ministero della Giustizia.
L'art. 196-ter delle disposizioni di attuazione al codice di rito civile precisa che i requisiti per l'iscrizione nell'elenco nominato all'art. 840-bis, II comma, c.p.c., come anche i criteri per la sospensione e la cancellazione delle organizzazioni e associazioni iscritte, nonché il contributo dovuto ai fini dell'iscrizione e del mantenimento della stessa, sono stabiliti con decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Inoltre, dal testo dell'art. 840 bis, II. co., c.p.c. si evince che le associazioni ed organizzazioni possono stare in giudizio iure proprio e non quali "rappresentanti" o comunque mandatari, in sede procedimentale, dei membri della classe che, tramite le stesse, risultano attori nel giudizio. Ciò in quanto oggetto del giudizio non possono essere gli interessi collettivi o gli interessi diffusi, pertanto tali associazioni o organizzazioni dovranno individuare, in senso nominativo, il titolare, ovvero i titolari, dei diritti omogenei a tutela dei quali stanno operando in giudizio. L'art. 840-ter, IV co., c.p.c., impone, a pena di inammissibilità, che il soggetto proponente risulti effettivamente in grado «di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio». Più in dettaglio, tra i quattro motivi di inammissibilità della domanda elencati al IV comma, emerge, alla lettera d), l'ipotesi in cui il ricorrente "non appare" in grado di curare, in modo adeguato, i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio. É in ogni caso esclusa la possibilità di litisconsorzio attivo sia tra i componenti della classe, sia tra le associazioni/organizzazioni, sia tra i componenti dell'associazione/organizzazione. La prima e la seconda fase del procedimento sono in ogni caso condotte da un solo ricorrente ed è, dunque, preclusa la possibilità di ogni intervento volontario ad opera di soggetti terzi, come anche la possibilità di effettuare la chiamata in causa di terzi, tranne la chiamata in garanzia cd. propria.


Legittimazione passiva
L'art. 840-bis, III co., del codice di rito, statuisce: «L'azione di classe può essere esperita nei confronti di imprese ovvero nei confronti di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività. Sono fatte salve le disposizioni in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici». Pertanto, sono individuati, quali destinatari della class action, le imprese, anche individuali, e gli «enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità», limitatamente agli atti o ai comportamenti posti in essere nello svolgimento delle attività proprie. Lo stesso III comma, inoltre, fa salve «le disposizioni in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni dei concessionari di servizi pubblici», in tal modo comprendendo anche la class action pubblica di cui al D.lgs. 198/2009, la quale può essere avanzata in sede amministrativa.


Il venir meno della controversia
L'ultimo comma dell'art. 840 bis c.p.c. contiene una serie di elementi di assoluto rilievo: «Nel caso in cui, a seguito di accordi transattivi o conciliativi intercorsi tra le parti, vengano a mancare in tutto le parti ricorrenti, il tribunale assegna agli aderenti un termine, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni, per la prosecuzione della causa, che deve avvenire con la costituzione in giudizio di almeno uno degli aderenti mediante il ministero di un difensore. Nel caso in cui, decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo, non avvenga la prosecuzione del procedimento, il tribunale ne dichiara l'estinzione. A seguito dell'estinzione, resta comunque salvo il diritto all'azione individuale dei soggetti aderenti oppure all'avvio di una nuova azione di classe». Dalla riportata dizione emerge che l'aderente, a prescindere dalla circostanza che abbia beneficiato del primo o secondo momento temporale scandito dal codice di rito, al fine di far ingresso nel procedimento, non assume mai la qualifica di parte del giudizio, che l'ordinamento riserva solo a colui che ha proposto il ricorso di classe. Ancor più in dettaglio, il medesimo comma specifica che, qualora durante il giudizio di classe dovesse venir meno la controversia a seguito di accordi transattivi o conciliativi intercorsi tra le parti, il Tribunale assegnerà agli aderenti "un termine, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni, per la prosecuzione della causa" che dovrà avvenire con la «costituzione in giudizio di almeno uno degli aderenti mediante il ministero di un difensore». L'accertamento della responsabilità della parte convenuta in giudizio corrisponderà a quello introdotto, nella medesima sede, dall'originario attore, ma a questo punto (cioè dopo gli accordi transattivi o conciliativi tra le parti originarie) non riguarderà più il diritto della parte originaria, uscita dal procedimento, ma il diritto della nuova parte che potrà, per l'effetto, formulare, nel proprio atto costitutivo, istanze di prova afferenti ai fatti costitutivi del diritto suo proprio, se differenti da quelli fatti valere dall'attore originario, anche richiedendo un'istruttoria specifica.


Procedimento
L'art. 840-ter c.p.c., in tema di forma ed ammissibilità della domanda, specifica che l'istanza per attivare l'azione di classe va proposta mediante ricorso innanzi la sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente. Il ricorso, insieme al decreto di fissazione dell'udienza, viene pubblicato a cura della cancelleria entro giorni 10 dal deposito del decreto, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della Giustizia, così da garantirne un'efficace conoscenza. L'art. 196-bis delle disp. att. al codice di rito, introdotto dall'art. 2 della L. n. 31 del 2019, prevede che ogni comunicazione prevista dalla disciplina in materia di procedimento collettivo debba avvenire tramite modalità telematiche all'indirizzo pec, ovvero al servizio elettronico di recapito certificato qualificato, dichiarato dal soggetto aderente. Al comma II la medesima norma prevede che il portale debba inviare, a chiunque ne faccia richiesta registrandosi mediante un'apposita procedura e indicando indirizzo mail o pec, le informazioni afferenti agli atti soggetti a pubblicità delle azioni di classe già pendenti, ovvero che verranno proposte. Il procedimento è regolamentato dal rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis e seguenti del codice di rito civile. La costituzione della parte convenuta, ai sensi del comma III dell'art. 702 bis, c.p.c., deve essere eseguita non oltre giorni 10 dalla data dell'udienza e il ricorso, insieme al decreto, deve essere notificato, ad opera della parte ricorrente, nei confronti di quella resistente, almeno 30 giorni precedenti alla data fissata per la relativa costituzione.


Ammissibilità dell'azione collettiva
La prima fase del procedimento è specificatamente preordinata a vagliare l'ammissibilità delle domande di classe proposte, e si dipana tra la proposizione del ricorso e l'emanazione dell'ordinanza di ammissibilità, ovvero di inammissibilità. Il disposto dell'art. 840-ter c.p.c. statuisce che la domanda è dichiarata inammissibile quando:
• è manifestamente infondata, tuttavia il ricorrente può riproporre l'azione di classe qualora si verifichino "mutamenti delle circostanze" o deducendo "nuove ragioni di fatto o di diritto";
• il tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuali tutelabili ex art. 840-bis;
• il ricorrente si trova in conflitto di interessi verso il resistente;
• il ricorrente non appare in grado di curare, in modo adeguato, i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio.
L'ordinanza, a cura della cancelleria, deve essere pubblicata nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, nel termine di giorni 15 dalla relativa pronuncia.


Plurime azioni di classe
L'art. 840-quater c.p.c. contempla il divieto di introdurre azioni di classe a seguito di ulteriore azione di classe già proposta nei confronti del medesimo convenuto e fondate sugli stessi fatti. Il dato cronologico deve essere valutato ai sensi dell'art. 39, comma III, c.p.c., prendendo come riferimento la data di deposito del primo ricorso in cancelleria, quindi non assumendo rilievo alcuno la differente data di pubblicazione del ricorso stesso nel portale dei servizi telematici. Inoltre, lo stesso articolo in parola elenca, diversificandole, le fattispecie di "pluralità di azioni di classe":
• proposizione di ulteriori azioni di classe in pendenza dell'azione di classe preveniente, ma entro giorni 60 dalla pubblicazione del ricorso introduttivo di quest'ultima sul portale dei servizi telematici. In tale ipotesi i giudizi successivi devono essere riuniti al primo e la conduzione della causa resta affidata all'originario ricorrente, ragion per cui i ricorrenti delle cause riunite assumeranno la qualifica di aderenti;
• proposizione di ulteriori azioni di classe in pendenza dell'azione di classe originaria, tuttavia in epoca successiva alla decorrenza di giorni 60 dalla pubblicazione del ricorso introduttivo di questa sul portale dei servizi telematici. In questa ipotesi le azioni di classe proposte andranno "cancellate dal ruolo";
• proposizione di un'azione di classe ove sia intercorsa la declaratoria di inammissibilità dell'azione preveniente con ordinanza definitiva, ovvero la stessa è stata cancellata dal ruolo oppure decisa con provvedimento che non statuisce sul merito. In questa ipotesi non opera il divieto alla proposizione dell'azione di classe "successiva";
• proposizione di ulteriori azioni di classe "fuori dai casi di cui al secondo comma" dell'art. 840-quater e, dunque, allorché l'azione preveniente è stata definita con provvedimento di merito (di accoglimento o di rigetto). In tale ipotesi la causa deve essere cancellata dal ruolo e non risulta ammessa la riassunzione.


La decisione sul merito
Tramite l'ordinanza che ammette l'azione collettiva, il Tribunale fissa un termine perentorio non inferiore a giorni 60 e non superiore a giorni 150 dalla data di pubblicazione dell'ordinanza nel portale dei servi telematici (di cui all'art. 840-ter, comma II, c.p.c.) per l'adesione all'azione stessa da parte di soggetti portatori di diritti individuali omogenei. Da questo momento temporale si apre la prima delle due possibilità in cui è praticabile l'adesione. L'art. 840-quinquies, comma I, c.p.c., chiarisce che l'aderente non assume la qualità di parte, tuttavia, ed al contempo, vanta il diritto di accedere al fascicolo informatico e a ricevere le comunicazioni a cura della cancelleria. Gli aderenti dovranno redigere un'apposita istanza di adesione facendo riferimento a quanto statuito dall'art. 840-septies, il quale disciplina le modalità di proposizione della domanda di adesione, il contenuto e gli effetti della medesima. La domanda andrà successivamente depositata, sempre in via telematica, presso il fascicolo telematico della procedura, disponibile nel portale dei servizi telematici presso il Ministero della Giustizia. In questa seconda fase la trattazione risulta rimessa alla valutazione dell'organo giudicante: il comma II dell'art. 840-quinquies c.p.c. statuisce, appunto, che il «tribunale, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del giudizio». Il Tribunale, quindi, all'esito dell'istruttoria, deciderà, diversamente da quanto previsto, in via generale, dalle norme che regolano il processo sommario di cognizione, tramite sentenza di accoglimento ovvero di rigetto della domanda. La sentenza di accoglimento contiene:
• l'accertamento del diritto del ricorrente e la condanna al risarcimento e/o alle restituzioni nei suoi confronti (qualora il ricorrente sia un'associazione o un'organizzazione la condanna sarà generica);
• l'accertamento della responsabilità del resistente verso la classe, con condanna generica.
La sentenza, inoltre, comprende una sequenza di provvedimenti ordinatori che svolgono la funzione di preparare la fase finale del procedimento. Tramite la sentenza in parola l'organo giudicante dichiara l'apertura della seconda finestra temporale di adesione e, per l'effetto, fissa il termine perentorio non inferiore a giorni 60 e non superiore a 150 dalla data di pubblicazione della sentenza di accoglimento nell'area pubblica del portale dei servizi telematici, per aderire all'azione di classe. Nell'ambito della sentenza in commento, inoltre, il Tribunale nomina il giudice delegato per la procedura di adesione, come anche il rappresentante comune degli aderenti, scegliendolo tra i soggetti aventi i requisiti per la nomina a curatore fallimentare. Il comma II dell'art. 840 sexies c.p.c. definisce il rappresentante degli aderenti come "pubblico ufficiale", ed è concesso al giudice delegato, dopo averlo sentito, di revocarlo "in ogni tempo, con decreto". Le incombenze del rappresentante comune sono elencate dall'art. 840-octies, duodecies, terdecies e quaterdecies:
• predisporre il "progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti" (art. 840-octies) rassegnando le sue conclusioni in merito all'istanza avanzata da ciascun aderente;
• redigere il piano di riparto tra gli aderenti delle somme che il resistente abbia versato in modo spontaneo (ex art. 840-duodecies), in adempimento del decreto di condanna del giudice delegato oppure potrà agire con l'esecuzione forzata collettiva di cui all'art. 840-terdecies, nella finalità di recuperare le somme dovute.
Inoltre, il rappresentante comune può procedere alle operazioni transattive: l'art. 840-quaterdecies, infatti, le promuove. Ad esempio, dopo la pronuncia della sentenza di cui all'articolo 840-sexies, il rappresentante comune, nell'interesse degli aderenti, può predisporre con l'impresa o con l'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità uno schema di accordo di natura transattiva.


L'impugnazione
É regolamentata dall'art. 840 decies c.p.c. dove, dopo aver specificato, al comma I, che gli atti di impugnazione della sentenza di cui all'articolo 840-sexies e i provvedimenti che definiscono i giudizi di impugnazione sono pubblicati nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, II comma, viene precisato che ai fini dell'impugnazione della sentenza non si applica l'articolo 325, in materia di termini per le impugnazioni: per l'effetto, non trova applicazione il termine beve di 30 giorni dalla notifica della sentenza per la proposizione dell'appello. Di conseguenza, opera il termine lungo di impugnazione, coincidente in mesi sei dalla pubblicazione della sentenza. Inoltre, la sentenza può essere impugnata dagli aderenti per revocazione, ove ricorrano i presupposti previsti dall'articolo 395, ovvero quando la sentenza medesima è l'effetto della collusione tra le parti. In tale ultimo caso il termine per proporre revocazione decorre dalla scoperta della collusione.


La fase finale
L'ultima fase del procedimento, scandito dal codice di rito civile, il giudice delegato con decreto motivato, ex art. 840 octies, V comma, c.p.c., decide in ordine alla domanda degli aderenti. Quando accoglie, in tutto o solo in parte, la domanda di adesione, il Giudice delegato condanna la parte resistente al pagamento delle somme o delle cose dovute a ogni aderente a titolo di risarcimento o restituzione. Il provvedimento medesimo costituisce titolo esecutivo ed è comunicato al resistente, agli aderenti, al rappresentante comune, nonché ai difensori di cui all'art. 840-novies, VI e VII comma, c.p.c. L'art. 840-undecies statuisce che avverso il decreto emesso dal Giudice delegato, il resistente, il rappresentante comune degli aderenti e gli avvocati che hanno patrocinato il ricorrente o i ricorrenti delle cause risultate riunite, possono proporre opposizione tramite ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale. Il ricorso deve essere proposto nel termine perentorio di giorni 30 dalla comunicazione del provvedimento. Gli avvocati possono proporre motivi di opposizione limitati ai compensi e alle spese liquidati con il decreto. Il decreto di condanna contiene un accertamento sul diritto di credito azionato da ciascuno degli aderenti: il comma VIII dell'art. 840-undecies, infatti, contempla la possibilità per l'aderente che non si ritenga soddisfatto, di sottrarsi all'efficacia del decreto revocando la sua domanda di adesione prima che il decreto sia divenuto definitivo nei suoi confronti e, più precisamente, prima che siano decorsi i trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento per la proposizione dell'opposizione. Esercitato il diritto di revoca, l'aderente potrà agire tramite l'azione individuale di accertamento e condanna. Secondo il dettato dell'articolo 840 quinquiesdecies c.p.c., la procedura di adesione termina quando:
• le ripartizioni agli aderenti, effettuate dal rappresentante comune, raggiungono l'intero ammontare dei crediti degli stessi aderenti;
• durante la procedura risulta che non è possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese degli aderenti, anche tenuto conto delle spese da sostenere.
La chiusura della procedura di adesione viene dichiarata attraverso un decreto motivato da parte del giudice delegato, reclamabile ex art. 840-undecies. In virtù del disposto contemplato all'art. 840-quinquesdecies, ultimo comma, codice di rito, «riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi».


L'inibitoria collettiva
Tra le novità più in rilievo contemplate dalla novella di cui alla L. n. 31 del 2019, compare l'istituto disciplinato all'art. 840-sexiesdecies del codice di rito civile: «chiunque abbia interesse alla pronuncia di una inibitoria di atti o comportamenti, posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o di enti, può agire per ottenere l'ordine di cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva e commissiva». Va tuttavia osservato che, mentre il primigenio art. 140-bis del codice consumeristico attribuiva la legittimazione attiva unicamente alle associazioni dei consumatori e degli utenti, l'articolo in parola (art. 840-sexiesdecies c.p.c.) contempla, quale soggetto attivo, un generico "chiunque", ragion per cui un soggetto qualsiasi, persona fisica o giuridica, risulta legittimato ad avanzare il ricorso finalizzato ad ottenere l'inibitoria. Qualora i soggetti promotori dell'azione coincidano con "le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendono la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta di cui al primo periodo", le stesse potranno farlo unicamente se risultino iscritte nell'elenco pubblico contemplato all'art. 840-bis, I comma, c.p.c., istituito presso il Ministero della giustizia. Parimenti, l'art. 140-bis del codice del consumo non individuava in modo esplicito i soggetti come, al contrario, opera l'art. 840-sexiesdecies, dove si attribuisce la legittimazione unicamente alle "imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità". Inoltre, l'azione inibitoria, che nella disciplina previgente (art. 140-bis cod. cons.) poteva essere proposta unicamente per la tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti, con la novella può essere ammessa per la lesione di qualunque "pregiudizio" subito da una "pluralità di individui o di enti" originato da "atti o comportamenti" posti in essere da imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità. Tramite l'azione inibitoria si tende ad ottenere "l'ordine di cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva" che, eventualmente, sarà emesso con un provvedimento (nella forma del decreto) motivato. Oltre all'ordine di cessazione della condotta, l'organo giudicante, dietro istanza di parte, potrà pronunciare ex art. 614-bis c.p.c. (Misure di coercizione indiretta) e dunque potrà fissare «la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento». Il comma VI dell'art. 840-sexiesdecies c.p.c. precisa, espressamente, che tale possibilità viene consentita "anche fuori dei casi" disciplinati dall'art. 614-bis c.p.c. Ex art. 840-sexiesdecies, VII comma, c.p.c., il Tribunale, attraverso la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, potrà, ulteriormente, ordinare, dietro istanza delle parti o del p.m., che la parte soccombente adotti le misure preordinate ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate. Quindi la parte soccombente potrà essere condannata, su istanza di parte, a "dare diffusione del provvedimento nei modi e nei tempi definiti nello stesso, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più appropriati" (art. 840-sexiesdecies, VIII co.). In questo specifico caso il rito applicabile sarà quello camerale di cui agli artt. 737 ss. c.p.c., in quanto compatibile. La competenza resta della sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo dove ha la sede la parte resistente. Il ricorso introduttivo del giudizio deve essere notificato anche al pubblico ministero, il quale diviene così parte del giudizio di inibitoria collettiva. In merito all'azione inibitoria, le principali novità rispetto a quanto previsto dal Codice consumeristico appaiono le seguenti:
• l'azione non presenta più natura cautelare, non essendo essenziale, per la concessione dei relativi provvedimenti, che ricorrano giusti motivi di urgenza;
• l'azione può essere proposta non solamente dalle associazioni dei consumatori o dei professionisti, bensì da qualsiasi organizzazione o associazione senza scopo di lucro i cui fini statutari includano la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta denunciata, purché regolarmente iscritta nell'elenco istituito presso il Ministero della Giustizia, come pure da "chiunque abbia interesse alla pronuncia" e, per l'effetto, finanche dal singolo individuo o ente;
• l'azione è diretta alla tutela di diritti individuali omogenei e non solo alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti in relazione ai diritti indicati all'articolo 2 del Codice del consumo;
• l'azione può essere sostenuta nei confronti di imprese o di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività, e non limitatamente a rapporti contrattuali tra professionista e consumatori.
Come già accennato, la domanda va avanzata alla Sezione specializzata in materia di impresa del luogo dove ha sede la parte resistente ed il giudizio si svolge nelle forme del procedimento camerale, con la partecipazione obbligatoria del Pubblico Ministero. Riguardo le adesioni, si applica l'articolo 840 quinquies c.p.c., disciplinante l'adesione alla classe nella fase successiva alla valutazione positiva sull'ammissibilità dell'azione collettiva. Il giudizio termina con la pronuncia di un provvedimento, col quale, se l'inibitoria viene accolta, il Tribunale, su istanza di parte, può condannare la parte resistente a diffondere i contenuti della decisione nei modi ritenuti più appropriati, quindi ad adottare le misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate, potendo inoltre stabilire un ammontare di denaro a carico dell'obbligato, per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento inibitorio. In ogni caso, vengono fatte salve le disposizioni previste in materia dalle leggi speciali.


Considerazioni conclusive
L'adesione alla rinnovata class action si esercita in due distinti momenti del procedimento: dapprima nel termine perentorio tra i 60 e i 150 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza con la quale il Tribunale dichiara l'ammissibilità dell'azione (articolo 840-quinquies del Codice di procedura civile), poi, nel termine, sempre perentorio, tra i 60 e i 150 giorni dalla pubblicazione dell'eventuale successiva sentenza di accoglimento dell'azione, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia (articolo 840-sexies lettera e). Attraverso detta sentenza (articolo 840-sexies c.p.c.) il Tribunale nomina il Giudice delegato e il rappresentante comune degli aderenti (qualificato come pubblico ufficiale), scegliendolo tra i professionisti abilitati a svolgere la funzione di curatore fallimentare. A ciò si aggiunga la determinazione del fondo spese a carico di ogni aderente. In riferimento al primo ingresso, cioè quello esercitato a seguito della pubblicazione dell'ordinanza di ammissibilità della class action, l'articolo 840-quinquies c.p.c. precisa che l'aderente non assume la qualità di parte. Alcuni contenuti obbligatori della domanda di adesione appaiono peculiari: la lettera c) impone all'istante di indicare il proprio indirizzo Pec o quello del suo patrocinatore, la lettera g) prescrive che lo stesso autocertifichi la veridicità dei dati e dei fatti ivi esposti, la lettera h) impone al medesimo di conferire, al rappresentante comune degli aderenti, il potere processuale e sostanziale di rappresentarlo e di compiere, in nome e per conto suo, gli atti afferenti alla tutela ed all'esercizio del diritto individuale garantito dall'azione di massa, la lettera l) obbliga a dichiarare di aver corrisposto il fondo spese previsto dalla sentenza di accoglimento dell'azione. Infine, la Legge n. 31 del 2019 ha introdotto una nuova azione inibitoria: da ciò si evince che gli strumenti di tutela continuano a essere due, cioè l'azione di classe e l'azione inibitoria collettiva. L'articolo 840 sexiesdecies, comma 9, c.p.c. statuisce che, se le due azioni vengono proposte in modo congiunto, il giudice dispone la separazione delle cause, che infatti rispondono a esigenze dissimili: l'azione di classe presenta una funzione risarcitoria, preordinata all'ottenimento di una reintegrazione patrimoniale a fronte di una lesione di un diritto individuale, mentre la seconda ha una funzione inibitoria, finalizzata ad ottenere l'ordine di cessazione o il divieto di reiterazione di una condotta omissiva o commissiva, rilevando non già il diritto individuale, ma la condotta plurioffensiva in sé, e cioè in pregiudizio di una pluralità di individui o enti, ed a prescindere dal danno procurato al singolo e dalla relativa reintegrazione patrimoniale. In definitiva, a differenza della versione disciplinata sul Codice del consumo, la nuova azione inibitoria si è evoluta sotto diversi profili:
• è decaduta l'indole cautelare, dato che non risultano necessari peculiari motivi d'urgenza per l'adozione dei provvedimenti richiesti,
• a proporla non sono unicamente le associazioni dei consumatori o dei professionisti, bensì chiunque ne abbia interesse,
• l'azione risulta indirizzata alla tutela di diritti individuali omogenei e non soltanto di interessi dei consumatori.

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