Civile

Banca popolare di Vicenza: Cassazione conferma sanzioni Consob all'ex direttore generale

Respinto il ricorso del manager condannato, nel 2017, dalla Commissione al pagamento di 160 mila euro oltre a sanzioni accessorie

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di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, ordinanza n. 30499 depositata oggi, ha respinto in toto il ricorso dell'ex direttore generale della Banca popolare di Vicenza condannato, nel 2017, dalla Consob al pagamento di 160 mila euro oltre a sanzioni accessorie (come il divieto di assumere incarichi di vertice in società quotate per 8 mesi). Le sanzioni vennero irrogate anche a Gianni Zonin, per vent'anni alla presidenza della banca. Confermata dunque la condanna decisa nel 2018 dalla Corte di appello di Venezia.

L'ex Direttore Generale (dal 2008 al 2015) con pieni poteri, anche per via dell'assenza della figura dell'A.d., e poi componente del Comitato Esecutivo, del Comitato soci oltreché Consigliere delegato, era stato sanzionato per avere realizzato una campagna sollecitatoria volta ad offrire ai clienti, in contropartita diretta, i titoli presenti nel Fondo Acquisto Azioni Proprie. Attività qualificata come vera e propria offerta al pubblico di prodotti finanziari, "senza però la preventiva pubblicazione del prospetto informativo".

In particolare, la BPVi al fine di sostenere l'acquisto del proprio titolo azionario, in vista del comprehensive assessment della BCE, e tenuto conto delle imminenti operazioni di aumento del capitale, tra il 2014 ed il 2015 aveva "in maniera continuativa sollecitato ad un'ampia platea di clienti l'acquisto delle azioni proprie sul mercato secondario, con condizioni di prezzo uniformi, facendo però figurare le operazioni come esecutive di ordini impartiti su iniziativa degli stessi clienti". L'attività era stata condotta in maniera pianificata dalla rete commerciale, secondo specifiche direttive ed obiettivi fissati dai vertici aziendali, dando vita ad una campagna definita convenzionalmente come "svuotafondo". Ed era direttamente ascrivibile al ricorrente "avendo egli in concreto il potere, per lo specifico assetto organizzativo datosi dalla Banca, di concepire, dirigere e controllare, sul piano operativo, l'operazione de qua".

Nel respingere tutti i motivi di doglianza, la Cassazione ribadisce la natura amministrativa e non penale della sanzione irrogata da Consob (diversamente dunque dai casi di manipolazione del mercato). Non vengono in rilievo dunque possibili violazioni delle garanzie processuali imposte dalla Cedu.

Il Collegio richiama poi l'obbligo "particolarmente stringente per il settore del credito" di agire "informati" perché l'amministratore è gravato non solo da una responsabilità contrattuale nei confronti dei soci, ma anche di "natura pubblicistica", nei confronti dell'Autorità di vigilanza.

Inoltre, la II Sezione ricorda che tale dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società bancarie "non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del ‘business' bancario e, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio, hanno l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi".

"Ne consegue – conclude la Cassazione - che il consigliere di amministrazione non esecutivo di società per azioni, e a maggior ragione il direttore generale, in conformità al disposto dell'articolo 2392, comma 2, c.c., che concorre a connotare le funzioni gestorie tanto dei consiglieri non esecutivi, quanto di quelli esecutivi, è solidalmente responsabile della violazione commessa quando non intervenga al fine di impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose".

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