Civile

Banche: la stampata dell’home banking si presume conforme

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 2607 depositata oggi, affrontando un caso del 2013

immagine non disponibile

di Francesco Machina Grifeo

La stampata dei movimenti contabili fatta dal correntista tramite l’home banking si presume conforme ai documenti bancari a meno di una specifica e circostanziata contestazione da parte dell’Istituto di credito. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 2607 depositata oggi, che ha accolto, sotto questo profilo, il ricorso di alcuni fideiussori contro la decisione della Corte di appello di Bologna favorevole al Banco BPM e relativa ad un caso del 2013.

I giudici del merito avevano rigettato la domanda, ritenendo che gli attori non avessero depositato gli estratti conto (come dedotto dal Banco), motivando, erroneamente, che l’inutilizzabilità probatoria dei documenti da essi prodotti (la “stampata dei movimenti bancari asseritamente estratti dal sistema di home banking”) derivava dalla semplice negazione della valenza processuale sollevata dalla difesa della convenuta.

La Prima sezione civile, affermando un principio di diritto, ha invece statuito che: “In tema di conto corrente bancario, la stampa dei movimenti contabili risultanti a video dal data-base della banca, ottenuta dal correntista avvalendosi del servizio di home banking, rappresenta una copia analogica del documento informatico, non sottoscritto, costituito dalla corrispondente pagina web. Essa, pertanto, giusta l’art. 23 del d.lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’amministrazione digitale), si presume conforme, quanto ai dati ed alle operazioni in essa riportati, alle scritturazioni del conto stesso in mancanza di contestazioni chiare, circostanziate ed esplicite formulate dalla banca e riguardanti, specificamente, la loro non conformità a quelle conservate nel proprio archivio (cartaceo o digitale)”.

La Corte ricorda poi che successivamente la normativa è cambiata ma non è applicabile al caso specifico. «È doveroso ricordare, infine – si legge nella decisione - , che l’art. 20 del già menzionato d.lgs. n. 217 del 2017, entrato in vigore, giova ribadirlo, solo il 27 gennaio 2018, ha modificato l’art. 20, comma 1-bis, del CAD, che oggi sancisce che “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida”».

Tuttavia, prosegue, è innegabile, che stante il carattere chiaramente sostanziale di tale modificazione, la stessa non può trovare applicazione per i giudizi già pendenti, atteso che un generale principio di “affidamento” legislativo preclude la possibilità di ritenere che l’efficacia probatoria di un documento già formato al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione sia da quest’ultima regolato, quantomeno nei casi in cui la retroattività della disciplina verrebbe a comprimere la tutela della parte che di quel documento intenda avvalersi in giudizio.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©