Famiglia

Bigenitorialità meno perfetta nell’interesse del minore

La regola di dare pari “opportunità” ad entrambi i genitori nello svolgere il loro ruolo, trova molte eccezioni

a cura diPatrizia Maciocchi

«Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale». Quanto messo nero su bianco dall’articolo 337 del Codice civile è, purtroppo spesso, destinato a restare sulla carta per più ragioni: se prevale la conflittualità di coppia, se manca la volontà o la possibilità di essere presenti nella vita dei figli e anche quando i giudici privilegiano una figura genitoriale, in genere la madre. Questo anche se la Cassazione (ordinanza 9764/2019) ha stabilito che il giudice non può attribuire un ruolo maggiore nella vita del figlio ad uno solo dei genitori se non ci sono ragioni oggettive. La regola di dare pari “opportunità” ad entrambi i genitori nello svolgere il loro ruolo, trova però molte eccezioni. La Suprema corte si è sbilanciata, in più occasioni, a favore della madre, con la quale i figli devono vivere in maniera prevalente in età scolare o prescolare (sentenza 18087/2016). Una linea seguita, malgrado l’affidamento condiviso, nel caso i continui cambi o spostamenti, per dare più spazio al genitore non affidatario, quasi sempre il padre, possono influire negativamente sulla vita sociale o scolastica del minore. Una ragione valida per limitare il diritto alla condivisione del tempi (sentenza 24937/2019).

Uno stop al pendolarismo dei figli, i giudici di legittimità lo hanno messo con la sentenza 4258/2020, con la quale hanno affermato, nell’ambito dell’affidamento congiunto, che il padre disoccupato deve spostarsi nella città in cui lavora la ex moglie. Questo per evitare al minore di fare la spola tra due città, distanti oltre tre ore di auto. In nome della bigenitorialità, e un po’ in controtendenza la sentenza 16125/2020, con la quale la Cassazione ha affermato il diritto del padre a far pernottare da lui il figlio di due anni. Perché la sola età non è un buon motivo per non rispettare la vera ratio dell’affido condiviso.

Guardando sempre all’interesse del minore, gli ermellini hanno preso le distanze anche dalla risoluzione 2079/2015, sottoscritta dall’Italia, con la quale il Consiglio d’Europa ha indicato agli Stati membri la strada della residenza paritaria.

Con la cosiddetta shared residence Bruxelles invita a prediligere la «forma di affidamento in cui i figli dopo la separazione della coppia genitoriale trascorrano tempi più o meno uguali presso il padre e la madre».

Un’indicazione che, ad avviso della Suprema corte, non sempre risponde all’interesse superiore del minore: unico riferimento che deve orientare le scelte dei giudici, da tarare sempre sul caso specifico. La Cassazione ha così abbandonato da tempo l’idea che l’affido condiviso comporti l’opportunità di passare con il figlio lo stesso tempo sia per il padre sia per la madre (sentenza 31902/2018). La presenza va stabilita in base alle esigenze di vita del minore e dell’altro genitore.

Per passare definitivamente un colpo di spugna sul criterio matematico, la Cassazione ribadisce il concetto con la sentenza 3652/2020, chiarendo che ciò che conta è la serenità dei figli. Lo stesso riferimento consente di derogare al diritto alla bigenitorialità, quando il livello del conflitto tra gli ex è troppo alto (sentenza 5604/2020). L’incapacità di comunicare e confrontarsi, superando, nell’interesse del figlio, l’eventuale astio per il fallimento del rapporto di coppia, porta i giudici ad escludere l’affido condiviso.

Per colpa dei contrasti in famiglia cade anche la possibilità per i nonni di frequentare i nipoti. Fa un passo indietro sul diritto di visita il nonno che “litiga” con i genitori delle nipoti, se la divergenza di opinioni, che si traduce in “aggressività” compromette la serenità delle minori, divise tra la lealtà verso il padre e la madre e l’affetto per il nonno (Cassazione 9145/2020). La disparità di vedute sull’educazione e sulle scelte scolastiche, con il rischio di delegittimare i genitori, giustificano dunque la limitazione degli incontri.

Perde invece l’affido condiviso il padre che con i nonni i figli li lascia troppo tempo (sentenza 1191/2020). Inutile per il professore universitario giocarsi la carta dei suoi impegni di lavoro e rivendicare il diritto a «non subire» limitazioni della «libertà» su come passare il tempo nei giorni di visita dedicato ai figli. Con la stessa sentenza la cassazione considera legittimo anche il versamento dell’assegno di mantenimento delle minori, direttamente dall’università nella quale il padre insegnava.

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