Bio-On, respinto ricorso ex ad per 2,6 mln: “versamenti immorali”
La Cassazione, sentenza n. 4376 depositata oggi, ha giudicato inammissibile il ricorso del manager imprenditore
Nulla da fare per l’ex vice presidente e amministratore delegato di Bio-On Spa, la start up attiva nel settore delle bioplastiche che nel giro di pochi anni aveva raggiunto lo status di “unicorno”, superando il miliardo di capitalizzazione, per poi fallire altrettanto vorticosamente a seguito delle indagini della Guardia di finanza innescate dalle denunce del fondo americano Quintessential su presunti bilanci gonfiati.
La Cassazione, sentenza n. 4376 depositata oggi, ha infatti giudicato inammissibile il ricorso del manager imprenditore contro il “Fallimento” volto a riottenere i 2,66 milioni di euro versati alla società tra il 30 luglio e il 20 ottobre 2019. Per la Prima sezione civile (che ha così confermato il decreto del Tribunale di Bologna del dicembre 2021) tali erogazioni sono irripetibili in quanto integrano una “prestazione contraria alla morale e al buon costume”. “Non emergeva neanche - si legge nella decisione - quale potesse essere, nello specifico contesto, la concreta finalità imprenditoriale perseguita con l’erogazione, potendosi solo rilevare che i circa 2,6 milioni messi a disposizione dal manager erano del tutto sproporzionati alle esigenze della società, che di lì a poco avrebbe evidenziato un passivo di oltre 50 milioni”.
Come correttamente affermato dal giudice di merito, prosegue la Cassazione, “siffatte erogazioni finanziarie erano prive di una ‘concreta finalità imprenditoriale’ e ‘non riconducibili a un ragionevole programma di salvataggio’, traendone così l’inevitabile conseguenza che esse ‘non avessero altro scopo se non quello di procrastinare l’emersione del dissesto [di Bio-On], anche a costo di aggravarne le conseguenze”.
Da qui la valutazione di immoralità delle prestazioni eseguite dal ricorrente e la loro irripetibilità, sulla scorta di un consolidato indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità, puntualmente richiamato nel provvedimento del Tribunale. Il finanziamento, dunque, è stato effettuato in favore di una società già caratterizzata da grave e irreversibile insolvenza, e non già da uno stato di mero squilibrio finanziario, come richiesto dall’art.2467, comma 2, cod. civ., con la conseguenza che i richiami al predetto dettato normativo da parte del ricorrente risultano completamente fuori fuoco.
“Né – prosegue la decisione - potrebbe portare alcun conforto alla tesi del ricorrente il riferimento al carattere infruttifero (e, dunque, ipoteticamente non speculativo) dei finanziamenti eseguiti dal …,” avendo in proposito la Corte di Cassazione pure chiarito che, “se è vero, ed anzi ovvio, che è ben possibile e lecito il finanziamento all’impresa in crisi anche da parte di soggetti diversi da istituti che esercitino professionalmente il credito, nondimeno l’invocazione in questa sede della apparente non speculatività dell’apporto di provvista (non dotato di specifiche garanzie e nemmeno formulato per un’ipotesi di prededuzione) non integra di per sé anche la sua immunità da una concorrente valutazione di illiceità ove inserito in un contesto di ambigua negoziazione iniziale, tardiva qualificazione giuridica e finale innesto in una vicenda di aggravamento riprovevole del dissesto dell’impresa finanziata” .
La Cassazione, invece, non ha neppure preso in considerazione - in quanto miranti a una rilettura dei fatti non ammessa in sede di legittimità - le deduzioni del ricorrente secondo cui i finanziamenti in realtà erano avvenuti prima della fase critica e si sarebbero resi necessari per fronteggiare “un pesante attacco speculativo lanciato dal 23 luglio 2019” dal fondo di investimento internazionale “Quintessential Capital Management LCC”.
Resta confermata infine l’ammissione al passivo del Fallimento, in via chirografaria, del credito insinuato dal ricorrente “per la somma di € 100.002,00 lordi a titolo di compensi per la carica di amministratore, oltre agli interessi di legge dal dovuto sino all’apertura del fallimento”, per alcune mensilità non pagate (da maggio a ottobre 2019). Il ricorso incidentale della società, infatti, è stato respinto perché tardivo.