Bond argentini, nessun conflitto di interessi nel collocamento da parte di Intesa San Paolo
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 17201 depositata oggi, dichiarando inammissibile il ricorso del risparmiatore e confermando la decisione della Corte di appello di Ancona
Nessun conflitto di interesse per Intesa San Paolo nel collocare "bond argentini" presso un proprio risparmiatore considerato che all'epoca dell'acquisto non si erano ancora registrate avvisaglie del futuro default e che l'intermediario a veva agito in ‘secondo grado' quale parte di un gruppo bancario a sua volta parte di altro gruppo collocatario dell'emissione. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 17201 depositata oggi, dichiarando inammissibile il ricorso del risparmiatore e confermando la decisione del 2017 della Corte di appello di Ancona.
Il giudice di secondo grado, ribaltando la decisione del Tribunale, aveva inoltre affermato che i bond negoziati facevano parte di un quantitativo tale da non sorreggere l'ipotesi di una rapida dismissione e che la negoziazione era avvenuta a prezzi di mercato. Una lettura validata oggi dalla Prima sezione civile anche nella parte in cui affermava che "non essendo ravvisabile in capo all'intermediario il conseguimento di un utile mediante il sacrificio del cliente e non potendosi parlare di una traslazione del rischio di insolvenza, andava, pertanto, esclusa la sussistenza del conflitto di interessi e, di conseguenza, che l'intermediario fosse tenuto ad osservare i relativi obblighi informativi".
Riguardo poi la supposta inadeguatezza dell'operazione, la Suprema corte afferma che correttamente il giudice di secondo grado l'ha negata "prendendo atto che l'investitore aveva evidenziato una buona esperienza in campo finanziario, un'alta propensione al rischio ed una composizione del proprio portafoglio registrante la volatilità di talune posizioni, che i titoli acquistati erano al momento dell'acquisto pienamente adeguati alla profilatura del cliente, circostanze queste che portavano a giudicare l'adeguatezza dell'operazione, unitamente al fatto che in ogni caso l'operazione era stata comunque autorizzata per iscritto dal cliente, che a tal fine aveva rilasciato il proprio consenso barrando la relativa casella presente nel modulo di commissione ed era stato debitamente informato per le vie brevi della rischiosità dell'investimento, avuto riguardo ai rendimenti promessi e alla composizione del portafoglio e, quindi, dell'inadeguatezza di esso rispetto agli obiettivi di investimento".