Civile

Camere civili, de Notaristefani: il processo non è una "catena di montaggio" - "Sciopero giudici tardivo e sospetto"

Critico sulle riforme Cartabia il discorso di apertura del presidente Uncc all'ottavo Congresso nazionale: "I tribunali non sono aziende, le sentenze non sono prodotti, i diritti non sono merce".

immagine non disponibile

"La nostra giustizia funzionava male, e la sua lentezza finiva con il trasformarsi in un diniego. Ma era, almeno quella civile, una giustizia dal volto umano: ogni processo era la storia di una persona. E come tale veniva trattato, anche se questo poi finiva con il richiedere un tempo che la scarsità di risorse rendeva intollerabile. Probabilmente non sarà più così". Lo ha detto il Presidente dell'Unione Nazionale delle Camere Civili, Antonio de Notaristefani nel discorso di apertura dell'ottavo Congresso Nazionale che si tiene a Rimini da oggi fino a sabato 7 maggio dal titolo: "Giustizia e avvocatura tra sostenibilità e riforme incompiute. Garantire a tutti i cittadini un accesso equo e un processo efficiente".

"I processi civili – ha proseguito de Notaristefani - diventeranno un flusso da gestire e smaltire in un tempo ragionevole, e la loro equità verrà valutata su base statistica, e non più individuale: saranno considerati equi se quel flusso produrrà risultanti rapidi e complessivamente accettabili". Mentre l'Ufficio del processo, più che supportare il lavoro del magistrato per migliorane la qualità, ne dovrebbe incrementare la efficienza: "è facile scorgervi la catena di montaggio del contenzioso seriale", ha chiosato il presidente.

E sullo sciopero dei magistrati contro la visione aziendalistica della giustizia contenuta nella riforma dell'ordinamento giudiziario, ha affermato: "La reazione è francamente troppo tardiva per non apparire sospetta: dove erano, quando si è creata una corsia preferenziale per l'accesso alla giustizia civile non per i più deboli, ma per le aziende, nella convinzione che un incremento della loro tutela si traducesse in un maggior benessere per tutti? E dove erano, quando si è sancito che chi tentava di ribaltare una sentenza senza riuscirvi dovesse non solo rimborsare i costi provocati, ma anche subire una sanzione?"

"Non dubito – ha proseguito - che il fascicolo dei magistrati possa indurre al conformismo qualcuno che non ha la statura necessaria per giudicare i suoi simili, ma la giustizia oggi ha bisogno di certezze, non della ricerca spasmodica di provvedimenti sensazionali che troppo spesso una mano ignota trasmette agli organi di stampa, per aumentare a dismisura la notorietà del loro estensore".

"Oggi, nel mondo della giustizia abbondano i giuristi e scarseggiano i giudici: riuscirà la saggezza di una Ministra che ha presieduto la Corte a fare in modo che le regole del processo smettano di essere un fine e ritornino ad essere un mezzo?"

Sugli incarichi extragiudiziari: "I magistrati sono pochi, e tutti concordano che ce ne vorrebbero molti di più. Se così è, perché si continua a consentire che duecento di loro, accuratamente selezionati da un sapiente gioco di equilibrio delle ormai famigerate correnti, continuano a sedere nelle stanze dei ministeri? Se non si riesce a smaltire l'arretrato, perché si continua a permettere ai giudici il sistematico svolgimento di attività extra giudiziaria? "

In sintesi, per de Notaristefani l'obiettivo di una riforma della giustizia dev'essere quello di "puntare a raggiungere il difficile equilibrio tra una sentenza giusta ed una sentenza pronta".

"Per molti anni, forse tutti noi ci siamo preoccupati principalmente della sua giustizia, considerando la prontezza delle decisioni una esigenza di cui si dovesse fare carico soltanto chi aveva responsabilità di tipo organizzativo. Oggi il rischio è che l'Europa pretenda che l'obiettivo diventi, più che l'equilibrio, la prontezza tout court, e questo per noi avvocati è inaccettabile: la ricerca dell'efficienza è imprescindibile, ma i Tribunali non sono aziende, le sentenze non sono prodotti, i diritti non sono merce. Senza equilibrio tra efficienza ed equità, non può esserci giustizia, e neppure quello Stato di diritto del quale – cito ancora la sentenza del Presidente Emerito della Corte Costituzionale Giancarlo Coraggio – l'Avvocatura nel suo complesso è garante. È un binomio indissolubile, quello tra Avvocatura e Giustizia, e per questo le Camere civili hanno voluto che componessero il titolo del nostro Congresso".

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©