Cammina a piedi scalzi sul bordo della piscina, nessun risarcimento per la caduta
Per la Corte di cassazione, ordinanza n. 21675 depositata oggi, si tratta di un comportamento imprudente che elide il nesso causale
Nessun risarcimento per il cliente caduto a terra dopo essere scivolato mentre camminava a piedi nudi sul bordo della piscina. Si tratta infatti di un comportamento incauto, come tale idoneo a rompere il vincolo causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 21675 depositata oggi, respingendo il ricorso di una donna contro la società che gestisce un centro termale.
Confermata dunque la decisione della Corte di appello di Bologna secondo la quale la ricorrente "percorrendo a piedi nudi il bordo della piscina, prevedibilmente e normalmente scivoloso, tanto più in quanto all'aperto, era stata imprudente in misura tale da escludere il nesso causale astrattamente riferibile alla convenuta".
Nel ricorso, la donna aveva invocato la violazione delle norme di sicurezza per la tenuta degli impianti, che sarebbe stato "indice della colpa in cui era versava la convenuta, e che confermavano la legittimità della camminata senza calzature".
In premessa, la Terza sezione civile ricorda che "quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo del danno, fino a rendere possibile, nei termini appena specificati, che detto comportamento superi il nesso eziologico astrattamente individuabile tra fatto ed evento dannoso".
Del resto, prosegue l'ordinanza, "la violazione delle norme di sicurezza dettate per regolamentare le autorizzazioni amministrative, e certamente indici di una possibile colpa soggettivamente imputabile al gestore (art. 2043 cod. civ.), così come al custode (art. 2051 cod. civ.), non possono spostare la conclusione poiché non giustificano la condotta incauta che sia giudicata tale in modo decisivo e assorbente ai fini ricostruttivi del nesso oggettivo".
In questo senso, prosegue la Cassazione, il giudice di merito ha effettivamente proceduto al bilanciamento tra pericolosità della cosa e obblighi di cautela, "avendo apprezzato la sussistenza della prima ma, parimenti, l'agevole prevedibilità e percepibilità della stessa, trattandosi di piscina all'aperto, in uno alla scelta di non premunirsi degli accorgimenti minimi per evitare di subirne gli effetti, camminando la vittima a piedi nudi".
Mentre il fatto che le norme in materia di sicurezza prevedano accorgimenti "proprio assumendo l'ipotesi di simili passi, non significa che, potendosi verificare e percepire la marcata e in tesi anche mal gestita scivolosità del terreno, l'utente possa esimersi dalle ovvie cautele per evitarne le conseguenze". Infatti, non adottando le cautele necessarie "può innescare, secondo un giudizio fattuale proprio della sede giudicante di merito, una serie causale autonoma dal punto di vista della responsabilità civile risarcitoria". Su questo fronte, conclude la decisione, la Suprema corte non può procedere a una "inammissibile richiesta di rivalutazione istruttoria".