Responsabilità

Campo di "calcetto saponato" fai da te, il gestore risarcisce l'infortunio

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 37708 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

Il gestore (e l'assicuratore) risponde dell'infortunio occorso durante una partita di "calcetto saponato" - una variante che si gioca su un materasso di gomma gonfiabile di 9X6 metri, cosparsa d'acqua e sapone – se non ha disposto gli opportuni presidi antinfortunistici. E non può neppure trincerarsi dietro il fatto che la deduzione dell'omessa predisposizione dei presidi sarebbe tardiva perché formulata per la prima volta in sede conclusionale in primo grado. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 37708 depositata oggi, affermando che "l'accertamento delle condizioni del campo di gioco, in relazione alla sua specifica destinazione ad ospitare partite di calcetto saponato, costituiva tema di giudizio implicito e necessario e non richiedeva ulteriore specifica allegazione", eccetto l'onere probatorio a carico del danneggiato.

Accolto dunque il ricorso dell'infortunato secondo cui l'inidoneità del campo non costituiva "un fatto nuovo, trattandosi di una mera specificazione delle caratteristiche intrinseche e dell'attitudine dannosa posseduta dalla cosa, idonea a causare l'evento e a radicare il nesso di causalità". Ed i testi avevano univocamente riferito che «il campo di calcetto era costituito con un telo di plastica poggiato sul terreno di gioco, senza spugne o protezioni ed era delimitato da un gonfiabile lateralmente».

"Se si allega - afferma la Cassazione -, com'è dunque pacifico sia stato fatto, che l'evento dannoso è ascrivibile a responsabilità ex art. 2051 cod. civ. dell'ente custode del campo di calcetto, è per ciò stesso dedotta l'esistenza di un nesso causale tra questo e l'evento dannoso, con il che l'accertamento delle condizioni di tale struttura diviene automaticamente tema di giudizio a ciò non ostando l'assenza di più specifiche allegazioni in ordine alle condizioni strutturali di tale campo, ma potendo e dovendo piuttosto il loro accertamento scorrere sul piano della necessaria verifica probatoria".

Del resto, prosegue la decisione, «il proprietario o gestore di un campo di gioco è responsabile, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., degli infortuni occorsi ai fruitori di quest'ultimo, ove non alleghi e non provi l'elisione del nesso causale tra la cosa e l'evento, quale può aversi […] nell'eventualità di accadimenti imprevedibili ed ascrivibili al fatto del danneggiato stesso» (Cass. n. 19998/2013).

Tornando poi al "calcetto saponato", la Cassazione afferma che "la peculiarità dell'attività sportiva de qua richiede l'utilizzo di piano idoneo ad attutire le inevitabili cadute di chi vi partecipa". Mentre "l'aprioristica esclusione" di ogni valutazione in merito "priva di per sé di efficacia giustificativa il restante riferimento ai maggiori rischi legati alla peculiarità della gara sportiva praticata ed all'implicita accettazione di tali rischi da parte dell'appellante".

Di rischio elettivo (idoneo ad elidere il nesso causale e ad escludere o attenuare la responsabilità del custode), conclude la Cassazione, "intanto potrebbe parlarsi in quanto il danneggiato fosse consapevole non solo della peculiarità del gioco praticato (e delle inevitabili ripetute cadute sul piano di gioco) ma anche delle condizioni strutturali del campo utilizzato, sul che però - per la detta erronea delimitazione del tema di giudizio - nessun esame è stato condotto".

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