Civile

Cancellazione dell'ipoteca, diritto all'oblio recessivo rispetto all'annotazione

Lo ha chiarito la Cassazione, sentenza n. 13524 depositata oggi

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di Francesco Machina Grifeo

Per la Cassazione, sentenza n. 13524 depositata oggi, la cancellazione dell'ipoteca tramite annotazione è un sistema legittimo ed idoneo a garantire la sicurezza dei traffici giuridici e della pubblicità immobiliare. Non vi è dunque un diritto all'oblio da invocare da parte del soggetto contro cui era stata registrata la formalità.

La Prima sezione civile ha dunque bocciato la tesi del ricorrente secondo cui l'Agenzia del territorio, nell'effettuare la cancellazione dell'ipoteca, avrebbe leso la sua privacy e "conseguentemente il suo diritto all'accesso al credito, da momento che le modalità di cancellazione consentivano di apprendere della precedente iscrizione ipotecaria e dunque permettevano ai terzi di constatare che egli, in un dato momento, ormai trascorso, della sua vita, si era reso moroso nel pagamento di talune rate di mutuo".

Per la Suprema corte, che cita un precedente dello stesso tenore – sempre ad esito negativo - che riguardava però la cancellazione dal registro delle imprese da parte di un soggetto che vi compariva come amministratore di una società fallita e cancellata, è la legge (attraverso l'articolo 2668 del c.c.) ad individuare il meccanismo attraverso cui la cancellazione si attua, ed esso contempla "una forma di pubblicità negativa, mediante la quale, si rende pubblica l'irrilevanza sopravvenuta di una precedente formalità, che da quel momento deve considerarsi come non esistente".

Dunque, prosegue la decisione, a fronte del rilievo, "evidentemente fondamentale per i fini della sicurezza dei traffici giuridici, della pubblicità immobiliare, il sacrificio di un ipotetico diritto all'oblio del soggetto nei cui confronti è disposta la cancellazione dell'iscrizione di ipoteca giudiziale sarebbe irrisorio, e non certo tale da richiedere, nel quadro della consueta operazione di bilanciamento tra il diritto all'oblio ed altri diritti di pari rango, un più radicale intervento di cancellazione".

Del resto, argomenta la Corte, nel caso dell'ipoteca giudiziaria, seguita dalla annotazione della cancellazione dell'iscrizione, "i registri immobiliari danno conto della pregressa formazione di un titolo giudiziale riconducibile alla previsione dell'articolo 2818 c.c., tale da giustificare l'iscrizione, ma danno altresì conto che quel titolo è poi rimasto travolto, così da legittimare la cancellazione: val quanto dire che la cancellazione testimonia che il debitore ha infine pagato il suo debito, o che comunque presupposti per l'iscrizione ipotecaria non sussistevano".

Per altro verso, conclude la decisione, va considerato che il sistema della pubblicità ipotecaria ha, come è noto, natura costitutiva, ex articolo 2808 c.c., secondo cui l'ipoteca «si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari», di guisa che una cancellazione, per così dire materiale, "un'abrasione dell'iscrizione, che non lasciasse traccia del passato, sarebbe inconcepibile (salvo, parrebbe, a non ripensare ab imis l'intero istituto), giacché l'effetto non sarebbe il semplice venir meno dell'iscrizione, a partire da quel momento, con l'estinzione dell'ipoteca (articolo 2878, n. 1, c.c.), ma l'eliminazione dell'ipoteca ora per allora dal mondo del diritto, tale in definitiva da falsare i fatti, facendo tabula rasa di ciò che pure è stato".

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