Civile

Caparra: per omesso incasso dell'assegno il creditore paga somma doppia

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di Mario Piselli

La caparra confirmatoria ben può essere costituita mediante la consegna di un assegno bancario, perfezionandosi l'effetto proprio di essa al momento della riscossione della somma recata dall'assegno e, dunque, salvo buon fine, essendo, però, onere del prenditore del titolo, dopo averne accettato la consegna, di porlo all'incasso. Ne consegue - prosegue la sezione seconda della Cassazione con la sentenza 33428/2019 - che il comportamento dello stesso prenditore, che ometta di incassare l'assegno e lo trattenga comunque presso di sé, è contrario a correttezza e buona fede e tale da determinare l'insorgenza a suo carico degli obblighi propri della caparra, per cui il prenditore, ove risulti inadempiente all'obbligazione cui la caparra si riferisce, sarà tenuto al pagamento di una somma pari al doppio di quella indicata nell'assegno.

La Suprema corte di cassazione aveva stabilito, nella decisione n. 12079/2007, che, in base alla regola di correttezza posta dall'articolo 1175 del Cc l'obbligazione del debitore si estingue a seguito della mancata tempestiva presentazione all'incasso dell'assegno bancario da parte del creditore, che in tal modo, viene meno al suo dovere di cooperare in modo leale e fattivo all'adempimento del debitore.

Se il creditore omette, violando la predetta regola di correttezza, di compiere gli adempimenti necessari affinché il titolo sia pagato, nel termine di legge, dalla banca trattaria (o da altro istituto bancario), tale comportamento omissivo dev'essere equiparato a tutti gli effetti di legge all'avvenuta esecuzione della diversa prestazione, con conseguente estinzione dell'obbligazione ex articolo 1197 del Cc.

Il creditore rimasto inerte senza motivo non è legittimato a invocare in proprio favore la clausola del "salvo buon fine", dal momento che essa concerne l'esistenza della provvista sul rapporto tra emittente e istituto di credito o alla validità ed efficacia di quest'ultimo, e quindi trova giustificazione solo nel rapporto di provvista.

Cassazione – Sezione II civile – Sentenza 17 dicembre 2019 n. 33428

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