Civile

HPC, supercalcolo e PA: serve una cornice normativa nazionale

L’adozione degli HPC non è semplice scelta infrastrutturale ma, piuttosto, una sfida sistemica che tocca competenze normative, questioni etiche, bilanci pubblici e rapporti tra Stato e mercato

Cyber lock and key abstract illustration. Cyber security concept. Generative AI.

di Marco Bacini*

L’Italia si trova davanti a una scelta che potrà segnare il passo nei prossimi anni: dotarsi o meno di una rete di infrastrutture di High Performance Computing (HPC) in grado di supportare le esigenze del settore pubblico, della ricerca e dell’industria innovativa. L’aspetto tecnico, per quanto complesso, non è il vero nodo. Il tema è capire chi accede, con quali regole, e a quali condizioni vengono trattati i dati elaborati.

Finché si resta nel perimetro delle simulazioni scientifiche o delle modellazioni meteorologiche, il quadro è relativamente chiaro. Ma quando i supercalcolatori iniziano a incrociare dati sanitari, demografici o economici, e magari vengono impiegati per addestrare modelli di intelligenza artificiale, il contesto cambia. Servono strumenti normativi robusti, in grado di garantire trasparenza, sicurezza e coerenza con il diritto europeo.

Il Regolamento UE 2024/1689, l’AI Act, ha introdotto i primi vincoli strutturali sull’uso dei dati nei sistemi ad alto rischio. Accanto a questo, il GDPR continua a rappresentare la base su cui articolare obblighi e responsabilità. Ma è evidente che questi due strumenti, da soli, non bastano per governare l’intero ciclo di vita di un’infrastruttura HPC pubblica.

Se si immagina la nascita di nodi di calcolo distribuiti sul territorio, uno per Regione ad esempio, diventa indispensabile pensare a linee guida nazionali, che uniformino criteri di accesso, ripartizione delle risorse, e modelli di governance tra attori pubblici e soggetti privati. Senza questo coordinamento, si rischia una frammentazione poco funzionale, con standard diversi da una regione all’altra e accessi riservati a pochi.

Un altro fronte delicato riguarda le partnership pubblico-private. Gli investimenti richiesti per realizzare e mantenere attivo un supercalcolatore sono elevati, basti pensare ai costi energetici, alla necessità di aggiornamenti continui dell’hardware, o alla gestione di licenze software critiche. Il coinvolgimento di aziende private è quasi inevitabile.
Ma in che modo andranno regolate le convenzioni? Come evitare che l’ente pubblico perda il controllo dei dati generati o trattati al suo interno?

Anche il fisco ha un ruolo da giocare. Gli incentivi agli investimenti tecnologici e le agevolazioni previste dal Piano Transizione 5.0 potrebbero rappresentare leve efficaci, ma vanno calibrati su misure strutturali. Ad esempio, una fiscalità di vantaggio per le imprese che utilizzano l’HPC per attività di ricerca e sviluppo, oppure regimi speciali per le startup che accedono ai servizi di calcolo pubblico tramite formule pay-per-use.

In parallelo, è urgente riflettere su aspetti legati alla sicurezza e alla compliance. Un’infrastruttura che elabora milioni di dati sensibili, sanitari, ambientali, economici, deve essere dotata di sistemi di monitoraggio attivo, audit continui e misure avanzate di protezione fisica e logica. In gioco non c’è solo l’integrità delle informazioni, ma anche la fiducia delle istituzioni, delle imprese e dei cittadini.

Infine, un tema meno discusso ma centrale riguarda la responsabilità operativa.
Chi garantisce il corretto funzionamento?
Chi risponde in caso di blocco dei sistemi, errori di elaborazione o falle nella sicurezza? 

Serve un assetto giuridico che chiarisca la catena delle responsabilità, soprattutto quando il sistema coinvolge soggetti diversi con ruoli tecnici, gestionali e decisionali.

L’adozione degli HPC non può essere ridotta a una semplice scelta infrastrutturale, va vista piuttosto come una sfida sistemica, che tocca competenze normative, questioni etiche, bilanci pubblici e rapporti tra Stato e mercato. L’assenza di una strategia nazionale, non solo tecnica ma anche giuridica, rischia di rallentare o vanificare investimenti che, invece, potrebbero rafforzare in modo significativo l’autonomia tecnologica del Paese.

Pensare oggi a regole semplici, robuste e condivise è il modo migliore per evitare, domani, di dover rincorrere emergenze. Il supercalcolo sarà parte della PA del futuro. Ma perché funzioni davvero, deve essere anche parte del diritto e della fiscalità del presente.

________

*Marco Bacini, Senior Advisor, Pollicino Advisory & Partners

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©