Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana
La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra l'8 ed il 12 febbraio 2021
Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si segnalano questa settimana, tra le molteplici pronunce, quelle che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) mancata risposta all'interrogatorio formale e poteri del giudice; (ii) notifica atti processuali, mancato perfezionamento non imputabile ed obblighi del notificante; (iii) giudizio in cassazione ed indicazione specifica degli atti processuali posti a fondamento del ricorso; (iv) giudizio in cassazione, omessa diligenza professionale e responsabilità aggravata del ricorrente; (v) procedimento sommario di cognizione e regime dell'appello del contumace; (vi) notificazione all'"addetto alla casa", regime presuntivo e prova contraria; (vii) ricorso alle nozioni di fatto di comune esperienza, poteri del giudice e limiti del sindacato in sede di legittimità; (viii) sentenza ed erronea data di deliberazione in violazione dei termini per il deposito degli scritti difensivi conclusionali; (ix) appello, specificità dei motivi ed argomentazioni disattese dal primo giudice.
PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI
ATTI PROCESSUALI – Cassazione n. 2907/2021
La decisione riafferma che la sentenza nella quale il giudice ometta di prendere in considerazione la mancata risposta all'interrogatorio formale non è affetta da vizio di motivazione, atteso che l'articolo 232 c.p.c. riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale, onde l'esercizio di tale facoltà, rientrando nell'ambito del potere discrezionale del giudice stesso, non è suscettibile di censure in sede di legittimità.
NOTIFICAZIONI – Cassazione n. 2960/2021
Nel dichiarare inammissibile il ricorso, la Suprema Corte ribadisce che, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'articolo 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 3013/2021
L'ordinanza specifica che quando il ricorso per cassazione si fonda su atti processuali, il ricorrente ha l'onere di "indicarli in modo specifico" nell'atto, a pena di inammissibilità (articolo 366, comma primo, n. 6, c.p.c.) il che significa: (a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo; (b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti; (c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione.
SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 3016/2021
Nella decisione si riafferma che la proposizione di un ricorso per cassazione in palese violazione dell'articolo 366 c.p.c., giustifica la condanna della parte – che risponde delle condotte del proprio avvocato ex articolo 2049 c.c. – al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell'articolo 96, comma 3, c.p.c.
PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE – Cassazione n. 3038/2021
Cassando con rinvio la pronuncia impugnata, il giudice di legittimità ribadisce che l'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione può essere appellata, dalla parte contumace, nel termine "breve" di cui all'articolo 702–quater cod. proc. civ., decorrente dalla notificazione della stessa, in difetto della quale trova applicazione il termine "lungo" di cui all'articolo 327 c.p.c., che opera per tutti i provvedimenti a carattere decisorio e definitivo.
NOTIFICAZIONI – Cassazione n. 3191/2021
Nell'ordinanza si ribadisce il principio secondo cui in caso di notificazione ai sensi dell'articolo 139 c.p.c., la qualità di persona di famiglia, di addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda, di vicina di casa, di chi ha ricevuto l'atto si presume "iuris tantum" dalle dichiarazioni recepite dall'ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell'atto, che contesti la validità della notificazione, l'onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di provare l'inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario.
POTERI DEL GIUDICE – Cassazione n. 3482/2021
L'ordinanza riafferma che il ricorso, da parte del giudice, alle nozioni di fatto di comune esperienza, le quali riguardano fatti acquisiti alla conoscenza della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili ed incontestabili, e non anche elementi valutativi che implicano cognizioni particolari ovvero nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, attiene all'esercizio di un potere discrezionale, sicché la violazione dell'articolo 115, comma 2, c.p.c. può configurarsi solo quando il giudice ne abbia fatto positivamente uso e non anche ove non abbia ritenuto necessario avvalersene, venendo in tal caso la censura ad incidere su una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità.
SENTENZA – Cassazione n. 3569/2021
Enunciando espressamente il principio di diritto, la Suprema Corte, in ossequio al principio di presunzione di rituale decisione della causa, afferma che qualora la sentenza sia venuta ad esistenza, mediante la pubblicazione, in data ampiamente successiva rispetto alla scadenza dei termini previsti dall'articolo 190 c.p.c., ma in calce alla stessa sia riportata una data di deliberazione anteriore rispetto a tale momento, deve presumersi, in assenza di elementi specifici di segno contrario, che la decisione sia stata assunta avendo preso visione di tutti gli scritti difensivi e che l'indicazione della data di deliberazione sia afflitta da un mero errore che non inficia la validità del provvedimento.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 3679/2021
La decisione riafferma che, ai fini della specificità dei motivi d'appello richiesta dall'articolo 342 cod. proc. civ., l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO
Mezzi di prova – Interrogatorio formale – Mancata risposta – Relativa valutazione – Omissione – Conseguenze – Vizio di motivazione della sentenza – Esclusione – Fondamento. (Cpc, articolo 232)
La sentenza nella quale il giudice ometta di prendere in considerazione la mancata risposta all'interrogatorio formale non è affetta da vizio di motivazione, atteso che l'articolo 232 cod. proc. civ., a differenza dell'effetto automatico di "ficta confessio" ricollegato a tale vicenda dall'abrogato articolo 218 del precedente codice di rito, riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale (prevedendo che il giudice possa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio "valutato ogni altro elemento di prova"), onde l'esercizio di tale facoltà, rientrando nell'ambito del potere discrezionale del giudice stesso, non è suscettibile di censure in sede di legittimità (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di responsabilità professionale in cui il ricorrente imputava al proprio difensore di non aver tempestivamente riassunto un giudizio dall'esito potenzialmente vittorioso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la decisione gravata di rigetto della domanda risarcitoria, in quanto, ai fini della prova del nesso eziologico tra condotta omissiva del legale e danno, doveva ritenersi insufficiente la sola mancata comparizione a rendere l'interrogatorio formale da parte dei convenuti per poter considerare come ammessi i fatti dedotti nella prova per interpello, non potendo siffatta mancata comparizione essere equiparata alla confessione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 1° marzo 2018, n. 4837; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 19 settembre 2014, n. 19833).
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 8 febbraio 2021, n. 2907 – Presidente Armano – Relatore Moscarini
Notificazioni – Atti processuali – Mancato perfezionamento non imputabile al notificante – Conservazione degli effetti – Rinnovazione immediata e completamento tempestivo – Limite temporale. (Cpc, articoli 137, 153, 325, 326 e 360)
In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'articolo 325 cod. proc. civ., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa. L'attività del richiedente, pertanto, deve qualificarsi come un "dovere" e non più quale "onere" ed il termine ragionevolmente contenuto viene determinato nella metà dei termini ex articolo 325 cod. proc. civ., ossia, per quanto concerne il ricorso per cassazione, in trenta giorni; resta ferma, tuttavia, la facoltà per l'interessato di dimostrare che tale dilazione sia insufficiente in ragione di circostanze eccezionali, della cui prova resta però onerato (Nel caso di specie, concernente l'impugnazione del decreto con cui il tribunale fallimentare aveva confermato in sede di reclamo il provvedimento del giudice delegato di liquidazione del compenso spettante al ricorrente per l'attività giudiziale svolta in favore del Fallimento di una s.r.l., la Suprema Corte, in applicazione degli enunciati principi, ha ritenuto inammissibile il ricorso in quanto, pur non dipendendo il mancato esito della notifica da una causa imputabile alla parte richiedente (irreperibilità del curatore destinatario), quest'ultima non aveva tuttavia proceduto con solerzia alla riattivazione della procedura notificatoria, limitandosi ad affermare nella memoria depositata a distanza di oltre un biennio che, effettuando nuovamente una visura aggiornata, non risultava modificata la sede risultante dalla visura camerale eseguita all'epoca della notifica). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, ordinanza 21 agosto 2020, n. 17577; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 9 agosto 2018, n. 20700; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 11 maggio 2018, n. 11485; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 31 luglio 2017, n. 19059; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 15 luglio 2016, n. 14594; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 19 ottobre 2012, n. 18074).
• Cassazione, sezione I civile, sentenza 8 febbraio 2021, n. 2960 – Presidente Cristiano – Relatore Caradonna
Impugnazione – Giudizio di cassazione – Ricorso – Redazione – Contenuto – Indicazione specifica degli atti processuali posti a fondamento del ricorso – Corretto assolvimento da parte del ricorrente – Modalità. (Cpc, articoli 360 e 366)
Denunciare in sede di legittimità l'erronea valutazione di un atto processuale è un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, "si fonda" sull'atto del cui inesatto esame il ricorrente si duole. Quando il ricorso si fonda su atti processuali, il ricorrente ha l'onere di "indicarli in modo specifico" nel ricorso, a pena di inammissibilità (articolo 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.) il che significa: (a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo; (b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti; (c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (Nel caso di specie, avendo il ricorrente dedotto che la corte del merito aveva malamente interpretato e valutato il suo atto di citazione in appello, qualificandolo come "generico", la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto il ricorrente medesimo aveva omesso, pur essendo suo onere, di riassumere o trascrivere il contenuto del predetto atto). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, sentenza 28 settembre 2016, n. 19048; Cassazione, sezione civile V, sentenza 15 luglio 2015, n. 14784; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 5 luglio 2013, n. 16887; Cassazione, sezione civile L, sentenza 7 febbraio 2011, n. 2966).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 9 febbraio 2021, n. 3013 – Presidente Graziosi – Relatore Rossetti
Spese processuali – Ricorso per cassazione – Contenuto – Violazione art. 366 c.p.c. – Responsabilità processuale aggravata – Sussistenza. (Cc, articolo 2049; Cpc, articoli 96 e 366)
Costituisce responsabilità aggravata del ricorrente, ex articolo 96, comma 3, cod. proc. civ., la redazione da parte del suo difensore di un ricorso per cassazione contenente motivi del tutto generici ed indeterminati, in violazione dell'articolo 366 cod. proc. civ., in quanto il ricorrente deve rispondere delle condotte del proprio avvocato, ex articolo 2049 cod. civ., ove questi agisca senza la diligenza esigibile in relazione ad una prestazione professionale particolarmente qualificata, quale è quella dell'avvocato cassazionista (Nel caso di specie, nel dichiarare inammissibile il ricorso ex articolo 366, n. 3), cod. proc. civ. a motivo della totale mancanza di una chiara esposizione dei fatti di causa, il giudice di legittimità ha poi equitativamente determinato il "quantum" della condanna in misura coincidente con le spese di lite oltre interessi legali a far data dall'ordinanza). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 17 luglio 2020, n. 15333; Cassazione, sezione civile V, sentenza 23 maggio 2019, n. 14035).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 9 febbraio 2021, n. 3016 – Presidente Graziosi – Relatore Rossetti
Procedimento sommario di cognizione – Ordinanza conclusiva – Impugnazione – Appello del contumace – Termine breve previsto dall'art. 702 quater c.p.c. – Decorrenza – Termine ex art. 327 c.p.c. – Applicabilità – Fondamento. (Cpc, articoli 327, 702–ter e 702–quater)
L'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione può essere appellata, dalla parte contumace, nel termine "breve" di cui all'articolo 702–quater cod. proc. civ., decorrente dalla notificazione della stessa, in difetto della quale trova applicazione il termine "lungo" di cui all'articolo 327 cod. proc. civ., che opera per tutti i provvedimenti a carattere decisorio e definitivo (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso di una amministrazione ministeriale, la Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata atteso che la corte territoriale, nel dichiarare inammissibile l'appello, aveva erroneamente ritenuto applicabile il termine breve per la proposizione del gravame anche nei confronti del ricorrente che, contumace in primo grado, aveva preso conoscenza del provvedimento non tramite comunicazione, bensì mediante ritiro informale di copia dello stesso in cancelleria). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 13 dicembre 2019, n. 32961; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 27 giugno 2018, n. 16893).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 9 febbraio 2021, n. 3038 – Presidente Lombardo – Relatore Scarpa
Notificazioni – Notificazione – A mani di persona di famiglia o di addetto alla casa, all'ufficio o all'azienda – Qualità del consegnatario – Presunzione dalla relata di notifica – Prova contraria – Onere a carico del destinatario dell'atto – Sussistenza. (Cc, articolo 2727; Cpc, articolo 139)
In caso di notificazione ai sensi dell'articolo 139 cod. proc. civ., la qualità di persona di famiglia, di addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda, di vicina di casa, di chi ha ricevuto l'atto si presume "iuris tantum" dalle dichiarazioni recepite dall'ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell'atto, che contesti la validità della notificazione, l'onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di provare l'inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario. (Nel caso di specie, nel dichiarare inammissibile il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la pronuncia impugnata con la quale la corte d'appello aveva ritenuto valida la notifica dell'istanza di fallimento al socio accomandatario effettuata presso la residenza anagrafica di quest'ultimo nelle mani di una persona qualificatasi "addetta alla casa" e pacificamente svolgente mansioni di badante del padre del destinatario dell'atto con il quale risultava convivente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, sentenza 30 ottobre 2018, n. 27587; Cassazione, sezione civile L, ordinanza 5 aprile 2018, n. 8418).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 10 febbraio 2021, n. 3191 – Presidente Ferro – Relatore Vella
Poteri del giudice – Fatti notori – Nozione – Facoltà del giudice di avvalersene – Mancato ricorso al notorio – Censurabilità in cassazione – Limiti. (Cpc, articoli 115, 116 e 360)
Il ricorso, da parte del giudice, alle nozioni di fatto di comune esperienza, le quali riguardano fatti acquisiti alla conoscenza della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili ed incontestabili, e non anche elementi valutativi che implicano cognizioni particolari ovvero nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, attiene all'esercizio di un potere discrezionale; pertanto, la violazione dell'articolo 115, comma 2, cod. proc. civ. può configurarsi solo quando il giudice ne abbia fatto positivamente uso e non anche ove non abbia ritenuto necessario avvalersene, venendo in tal caso la censura ad incidere su una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in ordine alla definizione delle condizioni stabilite in sede di divorzio, la Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ritenuto che la corte territoriale non avesse fatto ricorso a nozioni errate di fatti notori, ma valutato la condotta processuale del ricorrente nel contesto delle altre risultanze istruttorie, nell'esercizio dei poteri di cui all'articolo 116 cod. proc. civ.). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 20 marzo 2019, n. 7726).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 11 febbraio 2021, n. 3482 – Presidente Scaldaferri – Relatore Iofrida
Sentenza – Contenuto – Data di deliberazione apposta in calce al dispositivo – Indicazione di una data anteriore rispetto a quella di scadenza dei termini stabiliti per il deposito degli scritti difensivi conclusionali – Pubblicazione della sentenza successiva alla scadenza dei predetti termini – Presunzione di ritualità del processo deliberativo – Sussistenza – Limiti. (Cost, articoli 3 e 24; Cpc, articoli 132, 156, 161, 190 e 352)
Qualora in calce ad una sentenza collegiale venga riportata una data di deliberazione della decisione anteriore al giorno in cui scadevano i termini di cui all'articolo 190 cod. proc. civ., ma la sentenza venga ad esistenza, mediante la sua pubblicazione, solo dopo tale scadenza, si deve presumere, in assenza di contrari elementi, che la data della deliberazione sia afflitta da un semplice errore materiale e che, pertanto, il processo deliberativo si sia correttamente svolto; che il collegio abbia preso in considerazione tutti gli scritti difensivi depositati prima della pubblicazione della sentenza; che, in conclusione, non vi sia stato alcun pregiudizio del diritto di difesa delle parti (Nel caso di specie, il giudice di legittimità, rilevata la mancanza di qualsiasi elemento circostanziato tale da far ritenere che il collegio d'appello avesse davvero assunto la decisione prima che le parti esercitassero pienamente le loro prerogative difensive, ha concluso nel senso che la data di deliberazione indicata in calce al dispositivo della sentenza impugnata costituisse il frutto di un mero errore materiale – verosimilmente, un refuso di videoscrittura – e che il collegio giudicante avesse pertanto ritualmente preso visione, senza alcun pregiudizio per i diritti di difesa delle parti, di tutti gli scritti depositati nei termini di cui al citato articolo 190 cod. proc. civ.). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, ordinanza 20 settembre 2017, n. 21806; Cassazione, sezione civile III, sentenza 12 aprile 2013, n. 8942; Cassazione, sezione civile L, sentenza 29 maggio 2012, n. 8529; Cassazione, sezione civile III, sentenza 21 luglio 2009, n. 16920; Cassazione, sezione civile L, sentenza 12 maggio 2005, n. 9968; Cassazione, sezione civile II, sentenza 24 aprile 1991, n. 4741; Cassazione, sezione civile II, sentenza 6 maggio 1988, n. 3368).
• Cassazione, sezione III civile, sentenza 11 febbraio 2021, n. 3569 – Presidente Vivaldi – Relatore D'Arrigo
Impugnazione – Appello – Motivi – Specificità – Configurabilità – Condizioni – Riproposizione al giudice di appello delle argomentazioni disattese dal primo giudice – Ammissibilità – Condizioni. (Cpc, articolo 342)
Ai fini della specificità dei motivi d'appello richiesta dall'articolo 342 cod. proc. civ., l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione avverso un verbale di contestazione di contravvenzione al Codice della Strada, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo il giudice d'appello erroneamente ravvisato l'inammissibilità dell'impugnazione per genericità del motivi proposti nonostante le doglianze prospettate dal ricorrente contenessero una critica sufficientemente dettagliata alle argomentazioni utilizzate dal giudice di pace e tali da consentire di comprendere pienamente il contenuto dell'appello, come del resto confermato dal tenore della stessa pronuncia gravata in cui il tribunale aveva dato atto che l'appellante aveva ribadito quanto affermato in prima istanza, illustrando le "…ragioni che indurrebbero a sostenere la tesi della fondatezza della propria pretesa…") (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 12 febbraio 2016, n. 2814; Cassazione, sezione civile V, sentenza 29 novembre 2011, n. 25218).
• Cassazione, sezione II civile, ordinanza 12 febbraio 2021, n. 3679 – Presidente Manna – Relatore Oliva