Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana
La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 24 ed il 28 maggio 2021
Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si segnalano questa settimana, tra le molteplici pronunce, quelle che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) divieto di parcellizzazione del credito e proposizione domande in giudizi diversi; (ii) annullamento disposto dalla Suprema Corte in sede penale ai soli effetti civili, giudizio di rinvio e valutazione del corredo probatorio; (iii) impugnazioni, termine breve e individuazione del "dies a quo"; (iv) interruzione del processo ed ultrattività del mandato; (v) difetto di rappresentanza tecnica e regime delle spese processuali; (vi) consulenze tecniche d'ufficio a risultati difformi e denunzia del vizio in sede di legittimità; (vii) fatto sostanziale o processuale, omesso esame, errore revocatorio e sindacato in sede di legittimità; (viii) ordinanza d'inammissibilità dell'appello, ricorso per cassazione e regime dei termini.
PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI
DOMANDA GIUDIZIALE – Cassazione n. 14143/2021
Tornando ad affrontare la questione della esatta portata del divieto di parcellizzazione del credito, la pronuncia, enunciando espressamente il principio di diritto, afferma che le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell'ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia. Tale divieto processuale non opera quando l'attore abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad azionare in giudizio solo uno, o solo alcuni, dei crediti sorti nell'ambito della suddetta relazione unitaria le parti. La violazione dell'enunciato divieto processuale è sanzionata con l'improponibilità della domanda, ferma restando la possibilità di riproporre in giudizio la domanda medesima, in cumulo oggettivo, ai sensi dell'articolo 104 cod. proc. civ., con tutte le altre domande relative agli analoghi crediti sorti nell'ambito della menzionata relazione unitaria tra le parti.
PROVA CIVILE – Cassazione n. 14270/2021
La decisione riafferma il principio secondo il quale la corte di appello competente per valore, alla quale la Corte di cassazione in sede penale abbia rinviato il procedimento ai soli effetti civili, può utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte nel precedente giudizio penale e ricavate direttamente dalla sentenza rescindente, richiamando gli elementi di fatto già acquisiti in quella sede per sottoporli ad una autonoma valutazione e ritenerli idonei ad integrare la responsabilità civile del soggetto agente, poiché tale sentenza non crea alcun vincolo in capo al giudice di cui all'articolo 622 c.p.p., assumendo natura di prova atipica rimessa al suo prudente apprezzamento.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 14429/2021
Cassando con rinvio la sentenza impugnata, la pronuncia specifica che, quale che ne sia il mezzo, la comunicazione della sentenza, a cura della cancelleria, non fa decorrere il termine breve per impugnare ex articolo 325 c.p.c., occorrendo, al fine, la notificazione della sentenza ad istanza di parte ai sensi del combinato disposto degli articoli 326 e 285 cod. proc. civ..
INTERRUZIONE DEL PROCESSO – Cassazione n. 14465/2021
Nella sentenza la Suprema Corte ribadisce che, in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l'omessa dichiarazione o notificazione dell'evento ad opera di quest'ultimo comporta, per la regola dell'ultrattività del mandato, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l'evento non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione.
DIFENSORI – Cassazione n. 14591/2021
La decisione riafferma il regime delle spese processuali applicabile al difetto di rappresentanza processuale, distinguendo il caso del difensore che agisca in giudizio senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire, da quello in cui ricorra la diversa ipotesi di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura medesima.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 14599/2021
Sulla scorta di alcuni precedenti, la decisione, cassando con rinvio la sentenza impugnata, precisa che ricorre un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c., allorquando, a fronte di successive consulenze tecniche d'ufficio pervenute a risultati difformi, il giudice aderisca acriticamente ad una di esse senza farsi carico di sviluppare un'analisi comparativa con le altre consulenze, che risulta imprescindibile laddove le conclusioni recepite non siano, per genericità o apoditticità o inconcludenza, idonee a palesare, da sole, le ragioni della adesione espressa dal giudicante.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 14610/2021
Enunciando espressamente il principio di diritto, la sentenza riafferma in tema di impugnazioni, che mentre l'omesso esame del fatto sostanziale o processuale è suscettibile di dare luogo rispettivamente al vizio motivazionale o alla violazione di norma processuale, l'errore revocatorio implica l'attività di falsa supposizione dell'esistenza od inesistenza di un fatto processuale o sostanziale, non oggetto di controversia fra le parti, incontrastabilmente escluse, l'esistenza o inesistenza, dagli atti o documenti della causa.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 15014/2021
La decisione ribadisce che il ricorso per cassazione avverso una sentenza di primo grado di cui è stata dichiarata la inammissibilità dell'appello ex articolo 348-bis c.p.c. per carenza di ragionevole probabilità di accoglimento va notificato nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione (o dalla notificazione) dell'ordinanza della Corte d'appello, previsto dall'articolo 348-ter, comma 3, c.p.c., restando il ricorrente sollevato dall'onere di allegare la predetta comunicazione (o la notificazione, se antecedente) della predetta ordinanza, solo qualora il ricorso sia stato proposto entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza, non occorrendo, in tal caso, dimostrare la tempestività dell'impugnazione.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO
Procedimento civile – Domanda giudiziale – Domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo – Fondamento su analoghi, seppur diversi, "fatti costitutivi" – Proposizione in giudizi diversi – Fatti costitutivi riconducibili ad una relazione unitaria tra le parti anche di mero fatto – Divieto – Operatività – Limiti – Violazione – Conseguenze – Principio enunciato in controversia insorta per il pagamento del compenso a titolo di prestazioni professionali vantato un avvocato nei confronti di una società cooperativa. (Cost, articoli 2 e 111; Cc, articoli 1175, 1375 e 2909; Cpc, articoli 104, 112 e 115)
Le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell'ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia. Tale divieto processuale non opera quando l'attore abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad azionare in giudizio solo uno, o solo alcuni, dei crediti sorti nell'ambito della suddetta relazione unitaria le parti. La violazione dell'enunciato divieto processuale è sanzionata con l'improponibilità della domanda, ferma restando la possibilità di riproporre in giudizio la domanda medesima, in cumulo oggettivo, ai sensi dell'articolo 104 cod. proc. civ., con tutte le altre domande relative agli analoghi crediti sorti nell'ambito della menzionata relazione unitaria tra le parti. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 15 ottobre 2019, n. 26089; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 giugno 2019, n. 15523; Cassazione, sezione civile III, sentenza 7 marzo 2019, n. 6591; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 27 luglio 2018, n. 19898; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 6 luglio 2018, n. 17893; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 28 giugno 2018, n. 17019; Cassazione, sezione civile L, sentenza 12 aprile 2017, n. 9398; Cassazione, sezione civili unite, sentenza 12 febbraio 2017, n. 4090; Cassazione, sezione civili unite, sentenza 15 giugno 2015, n. 12310; Cassazione, sezione civili unite, sentenza 15 novembre 2007, n. 23726).
• Cassazione, sezione II civile, ordinanza 24 maggio 2021, n. 14143 – Presidente D'Ascola – Relatore Dongiacomo
Procedimento civile – Prova civile – Prove raccolte in altro processo – Giudizio di rinvio innanzi alla corte d'appello civile a seguito di annullamento disposto dalla Suprema Corte in sede penale ai soli effetti civili – Utilizzabilità, da parte della corte di appello civile di rinvio, delle prove raccolte nel dibattimento penale e ricavate dalla sentenza rescindente – Ammissibilità – Fondamento. (Cc, articoli 2043 e 2697; Cpc, articoli 115 e 116; Cpp, articolo 622)
La corte di appello competente per valore, alla quale la Corte di cassazione in sede penale abbia rinviato il procedimento ai soli effetti civili, può utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte nel precedente giudizio penale e ricavate direttamente dalla sentenza rescindente, richiamando gli elementi di fatto già acquisiti in quella sede per sottoporli ad una autonoma valutazione e ritenerli idonei ad integrare la responsabilità civile del soggetto agente, poiché tale sentenza non crea alcun vincolo in capo al giudice di cui all'articolo 622 cod. proc. pen., assumendo natura di prova atipica rimessa al suo prudente apprezzamento. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 15 gennaio 2020, n. 517).
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 25 maggio 2021, n. 14270 – Presidente Frasca – Relatore Valle
Procedimento civile – Impugnazioni – Termini – Termine "breve" per impugnare – Decorrenza – "Dies a quo" – Comunicazione della sentenza a cura della cancelleria – Idoneità – Esclusione – Notificazione ad istanza di parte – Necessità. (Cpc, articoli 136, 285, 325 e 326)
In tema di impugnazioni, la comunicazione della sentenza a cura della cancelleria non fa decorrere il termine breve per impugnare ex articolo 325 cod. proc. civ., il quale decorre, a norma dell'articolo 326 cod. proc. civ., "…dalla notificazione della sentenza…", e l'articolo 285 cod. proc. civ., chiarisce tale notificazione "…al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione si fa su istanza di parte…". La comunicazione di cancelleria è pertanto inidonea a fare scattare il decorso del termine per impugnare ex articolo 325 cod. proc. civ. e tale regola resta immutata quale che sia il mezzo, tra quelli previsti dall'articolo 136 cod. proc. civ., del quale la cancelleria si avvalga per le comunicazioni: consegna diretta del biglietto al destinatario, posta elettronica, telefax, notifica a mezzo di ufficiale giudiziario (Nel caso di specie, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo il giudice d'appello erroneamente fatto decorrere il termine cosiddetto "breve", di cui al citato articolo 325 cod. proc. civ. dalla comunicazione dell'avvenuto deposito della sentenza di primo grado, effettuata al ricorrente a cura della cancelleria del giudice di primo grado).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 26 maggio 2021, n. 14429 – Presidente Scoditti – Relatore Rossetti
Procedimento civile – Interruzione del processo – Morte o perdita della capacità della parte costituita a mezzo di procuratore – Omessa dichiarazione o notificazione dell'evento ad opera di quest'ultimo – Ultrattività del mandato – Configurabilità – Effetti – Stabilizzazione della posizione giuridica della parte colpita dall'evento – Modificabilità – Condizioni. (Cc, articoli 1722 e 2230; Cpc, articoli 83, 299, 300 e 302)
In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l'omessa dichiarazione o notificazione dell'evento ad opera di quest'ultimo comporta, per la regola dell'ultrattività del mandato, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l'evento non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il procuratore, già munito di procura valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l'evento, o se, rimasta la parte contumace, esso sia documentato dall'altra parte o notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario ex articolo 300, comma 4, cod. proc. civ. (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso proposto da un erede, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale aveva dichiarato inammissibile l'appello per essere la parte deceduta prima della proposizione dell'impugnazione, senza che l'evento fosse stato dichiarato, con conseguente caducazione del potere rappresentativo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 18 gennaio 2016, n. 710; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 4 luglio 2014, n. 15295).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 26 maggio 2021, n. 14465 – Presidente Graziosi – Relatore Valle
Procedimento civile – Difensori – Procura alle liti – Rapporto tra difetto di rappresentanza tecnica e regime delle spese processuali – Riferibilità del rapporto processuale al difensore o alla parte – Condizioni rispettive e conseguenze. (Cpc, articoli 82, 83, 91, 324 e 382)
Nel rapporto tra difetto di rappresentanza processuale e regime delle spese processuali, occorre distinguere due ipotesi: nel caso di azione o impugnazione promossa dal difensore "senza" effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nelle ipotesi di inesistenza della procura "ad litem" o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l'atto è speso), l'attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità, rendendo conseguentemente ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura "ad litem", non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l'attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l'instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata in quanto il processo non poteva essere proseguito, stante l'inammissibilità dell'appello, condannando l'intimata al rimborso delle spese processuali sostenute da parte ricorrente nel giudizio di appello ed in quello di legittimità; nella circostanza, infatti, la corte distrettuale, dopo aver attestato il passaggio in giudicato sulla statuizione di primo grado, la quale aveva escluso il riverberarsi di effetti sulla ricorrente dell'attività svolta dal difensore senza procura, compensando le spese del grado, aveva poi contraddittoriamente onerato la ricorrente medesima delle spese di cancellazione della trascrizione della domanda, omettendo di considerare che il rapporto processuale doveva intendersi instaurato soltanto con il difensore privo di procura). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 28 maggio 2019, n. 14474; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 25 maggio 2018, n. 13055; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 20 novembre 2017, n. 27530; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 10 maggio 2006, n. 10706).
• Cassazione, sezione II civile, ordinanza 26 maggio 2021, n. 14591 – Presidente Manna – Relatore Scarpa
Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Consulenza tecnica d'ufficio – Denunzia di omesso esame delle risultanze della c.t.u. ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – Consulenze tecniche d'ufficio pervenute a risultati difformi – Adesione giudiziale acritica priva di una analisi comparativa con le altre consulenze – Configurabilità del vizio – Principio enunciato in giudizio di responsabilità medico-sanitaria. (Cpc, articoli 61, 116 e 360)
Ricorre un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., allorquando, a fronte di successive consulenze tecniche d'ufficio che siano pervenute a risultati difformi, il giudice aderisca acriticamente ad una di esse senza farsi carico di sviluppare un'analisi comparativa con le altre consulenze, che risulta imprescindibile laddove le conclusioni recepite non siano, per genericità o apoditticità o inconcludenza, idonee a palesare, da sole, le ragioni della adesione espressa dal giudicante (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di responsabilità medico-sanitaria, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in ragione sia della obiettiva inidoneità delle affermazioni contenute nella relazione di c.t.u. recepita dalla pronuncia a palesare le ragioni delle proprie conclusioni, sia della mancata effettuazione, da parte della corte del merito, di un'analisi comparativa fra tali conclusioni e quelle della c.t.u. espletata in primo grado). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 settembre 2020, n. 18598; Cassazione, sezione civile III, sentenza 31 maggio 2018, n. 13770; Cassazione, sezione civile III, sentenza 29 maggio 2018, n. 13399; Cassazione, sezione civile III, sentenza 7 luglio 2016, n. 13922).
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 26 maggio 2021, n. 14599 – Presidente Travaglino – Relatore Sestini
Procedimento civile – Impugnazioni – Revocazione – Sentenza di cassazione – Vizi del procedimento – Fatto sostanziale o processuale – Omesso esame – Errore revocatorio – Configurabilità – Condizioni e conseguenze rispettive. (Cpc, articoli 360, 391-bis e 395)
In tema di impugnazioni, mentre l'omesso esame del fatto sostanziale o processuale è suscettibile di dare luogo rispettivamente al vizio motivazionale o alla violazione di norma processuale, l'errore revocatorio implica l'attività di falsa supposizione dell'esistenza od inesistenza di un fatto processuale o sostanziale, non oggetto di controversia fra le parti, incontrastabilmente escluse, l'esistenza o inesistenza, dagli atti o documenti della causa (Nel caso di specie, la Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio, ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto il ricorrente aveva prospettato l'errore revocatorio ai sensi dell'articolo 395, n. 4, cod. proc. civ., a causa dell'errata percezione della circostanza che il ricorso per cassazione era stato notificato a tutte le parti intimate presso i domiciliatari procuratori costituiti nel grado di appello, mentre ciò non era avvenuto nei confronti del ricorrente medesimo, risolvendosi, pertanto, la censura in una mera denunzia di non ritualità della notificazione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 30 gennaio 2019, n. 2712; Cassazione, sezione civile L, sentenza 5 novembre 2018, n. 28143; Cassazione, sezione civile V, sentenza 20 dicembre 2016, n. 26278; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 14 novembre 2016, n. 23173; Cassazione, sezione civile L, sentenza 10 luglio 2015, n. 14420; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 15 novembre 2013, n. 25654; Cassazione, sezione civile I, sentenza 21 luglio 2010, n. 17110; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 4 gennaio 2006, n. 24; Cassazione, sezione civile I, ordinanza 31 agosto 2005, n. 17593).
• Cassazione, sezione III civile, sentenza 26 maggio 2021, n. 14610 – Presidente Travaglino – Relatore Scoditti
Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità dell'appello ex art. 348-ter c.p.c. – Ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado – Termine ordinario di proposizione – Decorrenza – Dalla comunicazione dell'ordinanza – Dedotta violazione degli artt. 24 e 111 Cost. – Configurabilità – Esclusione – Ragioni. (Cost. articoli 24 e 111; Cpc, articoli 324, 327, 348-bis e 348-ter e 369)
Il ricorso per cassazione avverso una sentenza di primo grado di cui è stata dichiarata la inammissibilità dell'appello ex articolo 348-bis cod. proc. civ. (per carenza di ragionevole probabilità di accoglimento) va notificato nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione (o dalla notificazione) dell'ordinanza della Corte d'appello, previsto dall'articolo 348-ter, comma 3, cod. proc. civ.; in tal caso, il diverso termine lungo di cui all'articolo 327 cod. proc. civ. trova applicazione solo ove l'ordinanza della Corte d'appello non sia stata comunicata o notificata, dovendosi comunque escludere che tale previsione processuale possa costituire violazione del principio del giusto processo rinvenibile negli articoli 24 e 111 Cost., atteso che la proposizione dell'impugnazione nel termine ordinario non costituisce un onere tale da impedire o rendere eccessivamente gravoso l'esercizio del diritto di difesa, né, comunque, tale termine decorrerebbe qualora dalla comunicazione non fosse possibile ricondurre il provvedimento adottato a quello previsto dall'articolo 348-bis cod. proc. civ. Costituisce, pertanto, onere della parte ricorrente provare la mancata notifica o comunicazione della cancelleria della suddetta ordinanza, essendo quest'ultimo sollevato dall'onere di allegare la comunicazione (o la notificazione, se antecedente) dell'ordinanza predetta solo qualora il ricorso sia stato proposto entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza medesima, poiché, in tal caso, non occorre dimostrare la tempestività dell'impugnazione (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rilevato che il ricorso era stato notificato tardivamente e che il ricorrente non aveva dato prova della mancata notifica o della mancata comunicazione di cancelleria dell'ordinanza della corte di appello, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso medesimo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 28 giugno 2018, n. 17020; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 2 luglio 2015, n. 13622; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 5 novembre 2014, n. 23526; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 15 maggio 2014, n. 10723).
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 28 maggio 2021, n. 15014 – Presidente Scarano – Relatore Fiecconi