Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 27 settembre ed il 1° ottobre 2021

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di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) spese di lite per la chiamata del terzo in giudizio e criteri di riparto; (ii) dedotta qualità di erede ed accertamento probatorio; (iii) opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ed onere probatorio; (iv) domanda giudiziale e modificazioni ex articolo 183 c.p.c.; (v) consulenza tecnica d'ufficio e poteri-doveri del giudice; (vi) motivazione della sentenza e condizioni per l'operatività del principio processuale della "ragione più liquida"; (vii) responsabilità processuale aggravata e abuso del processo; (viii) divieto della prova testimoniale ex articolo 2721 c.c. e limiti alla relativa deroga; (ix) domanda di riconoscimento della protezione internazionale, regime impugnatorio e "overruling" processuale.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

SPESE PROCESSUALI Cassazione n. 26082/2021
La pronuncia consolida il principio secondo cui in forza del principio di causazione – che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite – il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l'attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda; il rimborso rimane, invece, a carico della parte che ha chiamato o fatto chiamare in causa il terzo qualora l'iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa.

POTERI DEL GIUDICECassazione n. 26132/2021
Cassando con rinvio la sentenza impugnata, la Corte regolatrice riafferma che, ai fini della prova della qualità di erede, il giudice può utilizzare come argomento di prova, ex articolo 116 c.p.c., il comportamento tenuto dalle parti, ed in particolare il fatto che la controparte consideri l'intervenuta successione come verificata e riconosca la qualità di erede.

PROCEDIMENTO MONITORIO Cassazione n. 26155/2021
L'ordinanza ribadisce il principio secondo cui, ai fini della legittimità dell'opposizione tardiva a decreto ingiuntivo prevista dall'articolo 650 c.p.c., non è sufficiente l'accertamento dell'irregolarità o della nullità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull'opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione.

DOMANDA GIUDIZIALE Cassazione n. 26245/2021
La pronuncia, in ossequio al principio enunciato dalle Sezioni Unite, riafferma che le modificazioni della domanda ammesse ai sensi dell'articolo 183 c.p.c. possono riguardare uno o anche entrambi gli elementi oggettivi della stessa ("petitum" e "causa petendi"), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali.

POTERI DEL GIUDICE Cassazione n. 26331/2021
La decisione ribadisce che ove alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori, il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex articolo 360 n. 5 c.p.c., è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all'una o all'altra conclusione.

SENTENZACassazione n. 26541/2021
Cassando con rinvio la sentenza impugnata, la pronuncia specifica che, nel seguire l'opzione motivazionale fondata sull'applicazione del principio processuale della "ragione più liquida", il giudice è tenuto a rendere ben chiaro ed esplicito il motivo per il quale si è scelto di tralasciare l'esame, altrimenti prioritario, di questioni pregiudiziali o preliminari, onde non vi sia dubbio sul fatto che tali questioni sono state ritenute assorbite e non sono state, invece, neppure implicitamente rigettate.

SPESE PROCESSUALI Cassazione n. 26545/2021
La pronuncia, enunciando espressamente il principio di diritto, individua e specifica, all'esito di una esaustiva quanto articolata ricostruzione dell'istituto processuale, i presupposti di applicazione dell'articolo 96, comma 3, c.p.c., a mente del quale "… In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata…".

PROVA CIVILE Cassazione n. 26570/2021
Cassando con rinvio la decisione del giudice d'appello, l'ordinanza riafferma che la deroga al divieto della prova testimoniale in ordine al pagamento delle somme di denaro eccedenti il limite previsto dall'articolo 2721 c.c. è subordinata ad una concreta valutazione delle ragioni in base alle quali, nonostante l'esigenza di prudenza e di cautela che normalmente richiedono gli impegni relativi a notevoli esborsi di denaro, la parte non abbia curato di predisporre una documentazione scritta.

IMPUGNAZIONI Cassazione n. 26696/2021
La decisione ribadisce il principio espresso dalle Sezioni Unite secondo cui nel vigore dell'articolo 19 del D.lgs. n. 150 del 2011, così come modificato dall'articolo 27 comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 142 del 2015, l'appello ex articolo 702–quater c.p.c. proposto avverso la decisione di primo grado sulla domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale deve essere introdotto con ricorso e non con citazione, in aderenza alla volontà del legislatore desumibile dal nuovo tenore letterale della norma. Tale innovativa esegesi, in quanto imprevedibile e repentina rispetto al consolidato orientamento pregresso, costituisce un "overrulling" processuale che, nella specie, assume carattere peculiare in relazione al momento temporale della sua operatività, il quale potrà essere anche anteriore a quello della pubblicazione della prima pronuncia di legittimità che praticò la opposta esegesi.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Spese processuali – Liquidazione delle spese di lite per la chiamata del terzo in giudizio – Contemperamento tra il principio di causazione e quello di soccombenza – Necessità – Regime applicabile – Individuazione – Fattispecie in tema locatizia.
(Cpc, articoli 91, 106 e 269)
La liquidazione delle spese di lite per la chiamata del terzo in giudizio avvienecontemperando il principio di causazione con quello di soccombenza. Alla stregua del primo, l'attore processualmente causa le iniziative difensive adottate dalla controparte del suo rapporto, incluse logicamente pure le espansioni del giudizio suscitate con le chiamate in causa. Il secondo, viene utilizzato per temperare il primo, negando la responsabilità per le spese di lite del terzo chiamato in capo all'attore principale ove la chiamata del terzo da parte del convenuto risulti eccentrica rispetto all'oggetto della controversia o comunque manifestamente priva di fondatezza, preservando in tale ipotesi autonomia al rapporto instauratosi tra convenuto/chiamante e terzo chiamato per non essere realmente accessorio quest'ultimo rapporto a quello che ha originariamente acceso il processo, essendo stato invece posto in essere mediante un impulso processuale radicalmente privo di pertinenza/fondatezza, id est arbitrario. In forza del principio di causazione, il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l'attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda; il rimborso rimane, invece, a carico della parte che ha chiamato o fatto chiamare in causa il terzo qualora l'iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa (Nel caso di specie, in cui il ricorrente aveva agito insieme con il fratello per ottenere la condanna alla restituzione degli importi ricevuti a titolo di canoni di locazione nella misura eccedente l'equo canone, la Suprema Corte ha ritenuto che la corte d'appello avesse applicato correttamente gli enunciati principi, avendo la stessa posto le spese di lite per la chiamata in causa del terzo a carico del ricorrente medesimo, alla cui iniziativa processuale si doveva l'integrazione del contraddittorio nei confronti del chiamato in causa, quale erede dell'originario locatore) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 6 dicembre 2019, n. 31889).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 27 settembre 2021, n. 26082 – Presidente Scrima – Relatore Gorgoni

Procedimento civile – Poteri del giudice – Valutazione delle prove – Prova della qualità di erede – Comportamento tenuto dalle parti – Rilevanza – Utilizzo quale argomento di prova ex art. 116 c.p.c. – Idoneità – Principio espresso in sede di giudizio di appello. (Cc, articolo 2697; Cpc, articoli 81, 110, 116, 287 e 288)
Ai fini della prova della qualità di erede, il giudice può utilizzare come argomento di prova, ex articolo 116 cod. proc. civ., il comportamento tenuto dalle parti, ed in particolare il fatto che la controparte consideri l'intervenuta successione come verificata e riconosca la qualità di erede (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto la corte territoriale, nel dichiarare inammissibile l'appello per non avere le appellanti dimostrato la qualità di eredi della parte deceduta, non avendone provato il decesso, né la delazione in loro favore, aveva omesso di considerare che, una volta deceduta la parte originaria, l'appellata controricorrente aveva chiesto la correzione della sentenza di primo grado, notificando il ricorso per la correzione alle appellanti medesime, nella loro qualità di eredi della parte deceduta; in tal modo, specifica la Corte, l'avvenuta instaurazione del procedimento di correzione, in quanto promosso nei confronti di soggetti che la stessa istante riconosceva quali eredi della parte originaria, avrebbe dovuto costituire un fatto che la corte del merito non poteva disconoscere ai fini della verifica della legittimazione all'impugnazione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 3 giugno 2006, n. 13685).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 27 settembre 2021, n. 26132 – Presidente Lombardo – Relatore Tedesco

Procedimento civile – Procedimento di ingiunzione – Opposizione tardiva – Legittimità – Condizioni – Irregolarità della notificazione determinante la non tempestiva conoscenza del decreto monitorio – Necessità – Prova relativa – Onere dell'opponente – Estremi. (Cc, articolo 2697; Cpc, articolo 650)
Ai fini della legittimità dell'opposizione tardiva a decreto ingiuntivo prevista dall'articolo 650 cod. proc. civ., non è sufficiente l'accertamento dell'irregolarità o della nullità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull'opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione (Nel caso di specie, la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha condiviso l'affermazione con la quale la corte territoriale aveva ritenuto che l'eventuale nullità della notificazione non fosse sufficiente per l'ammissibilità dell'opposizione tardiva, avendo l'interessato, per le modalità in cui era avvenuta la procedura di notificazione, avuto comunque conoscenza dell'atto notificando). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 14 maggio 2013, n. 11550; Cassazione, sezione civile I, sentenza 21 giugno 2012, n. 10386).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 27 settembre 2021, n. 26155 – Presidente Lombardo – Relatore Falaschi

Procedimento civile – Domanda giudiziale – Modifica della domanda ex art. 183 cod. proc. civ. – Possibilità – Oggetto – Limiti – Fattispecie relativa ad azione di condanna al pagamento di somme pretese a titolo di prestazioni sanitarie erogate nell'ambito del S.S.R. (Cc, articolo 2041; Cpc, articolo 183)
Le modificazioni della domanda ammesse ai sensi dell'articolo 183 cod. proc. civ. possono riguardare uno o anche entrambi gli elementi oggettivi della stessa ("petitum" e "causa petendi"), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio avente ad oggetto la domanda di condanna al pagamento di somme reclamate a titolo di prestazioni sanitarie erogate nell'ambito del Servizio Sanitario Regionale, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale, nell'accogliere l'appello incidentale proposto dalle amministrazioni pubbliche, aveva ha dichiarato inammissibile la domanda d'indennizzo per l'ingiustificato arricchimento proposta in via subordinata dall'attrice nella memoria depositata ai sensi dell'articolo 186, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ., evidenziandone la novità rispetto a quella di pagamento proposta in via principale sulla base del contratto di accreditamento stipulato con l'ente regionale, in quanto caratterizzata da un diverso "petitum" e da una diversa "causa petendi", e ritenendo, al contempo, ininfluente l'attinenza della stessa alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 30 settembre 2020, n. 20898; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 28 novembre 2019, n. 31078; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 14 febbraio 2019, n. 4322; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 13 settembre 2018, n. 22404; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 15 giugno 2015, n. 12310).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 28 settembre 2021, n. 26245 – Presidente Valitutti – Relatore Mercolino

Procedimento civile – Poteri del giudice – Consulenza tecnica d'ufficio – Condivisione da parte del giudice – Obbligo di motivazione – Insussistenza – Fondamento – Critiche specifiche avanzate dai consulenti di parte e dai difensori – Motivazione dell'adesione al parere – Necessità. (Cpc, articoli 61, 116, 132 e 360)
Mentre, da un lato, il giudice del merito che aderisca al parere del consulente tecnico d'ufficio non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni, poiché l'accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione non suscettibile di censure in sede di legittimità (ben potendo il richiamo, anche "per relationem", dell'elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente), dall'altro, là dove alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate (sia dai consulenti di parte che dai difensori), il giudice del merito, al fine di non incorrere nel vizio ex articolo 360 n. 5 cod. proc. civ., è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all'una o all'altra conclusione (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio d'appello definito con la condanna della società ricorrente alla restituzione in favore di controparte, previa loro riambientazione secondo le prescrizioni amministrative, di terreni illegittimamente occupati oltre al risarcimento dei danni, la Suprema Corte, accogliendo anche il ricorso incidentale della controricorrente, ha cassato con rinvio la decisione gravata, avendo la corte territoriale omesso di esaminare i contenuti delle controdeduzioni avanzate dal consulente di parte nei confronti della consulenza tecnica d'ufficio, con specifico riguardo alla valutazione economica del materiale asportato dai terreni; in particolare, la necessità che la valutazione del c.t.u. fosse supportata da documentazione concretamente verificabile, l'assenza, dal quadro della motivazione della sentenza impugnata, di alcuna menzione di tale articolazione dialettica tra i diversi consulenti, oltre alla mancata giustificazione del prevalente rilievo conferito ai parametri indicati dal consulente tecnico dell'ufficio, conclude la Corte, valgono ad integrare gli estremi per il riconoscimento della violazione, da parte del giudice a quo, degli enunciati principi di diritto). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 11 giugno 2018, 15147).
Cassazione, sezione III civile, sentenza 29 settembre 2021, n. 26331 – Presidente Graziosi – Relatore Dell'Utri

Procedimento civile – Sentenza – Deliberazione – Ordine delle questioni – Principio della "ragione più liquida" – Applicabilità – Condizioni, limiti e fondamento – Fattispecie relativa a controversia insorta in tema di comodato con vincolo di destinazione dell'immobile a casa familiare. (Cost, articoli 24 e 111; Cpc, articoli 132, 276 e 360)
Nella sentenza il richiamo al principio processuale della "ragione più liquida" costituisce opzione motivazionale cui può accedersi in quanto la questione ritenuta di più agevole soluzione, ancorché logicamente subordinata, renda non necessario l'esame delle altre perché "assorbite", ossia perché, in ipotesi, tendenti al medesimo risultato pratico (assorbimento proprio, per difetto di interesse della parte stessa che quella questione aveva prospettato) o perché comunque inidonee a condurre ad un esito diverso per la prevalenza, in ogni caso, dell'esito cui conduce la questione cui si è data priorità nella trattazione (assorbimento improprio). Tale opzione motivazionale, tuttavia, deve rendere ben chiaro ed esplicito il motivo per il quale si è scelto di tralasciare l'esame, altrimenti prioritario, di questioni pregiudiziali o preliminari, onde non vi sia dubbio sul fatto che tali questioni sono state ritenute assorbite e non sono state, invece, neppure implicitamente rigettate (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in tema di comodato con vincolo di destinazione dell'immobile a casa familiare, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la decisione impugnata non avendo ravvisato la sussistenza delle predette condizioni nella fattispecie concreta laddove la corte del merito aveva puramente e semplicemente scelto di non affrontare il tema, pur ritualmente proposto, dell'abuso del diritto, che certamente invece avrebbe potuto condurre a una diversa qualificazione della fattispecie medesima (e sul cui esame, dunque, l'appellata non aveva certo perso interesse), senza dare di ciò alcuna spiegazione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione VI civile, sentenza 28 maggio 2014, n. 12002; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 8 maggio 2014, n. 9936).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 30 settembre 2021, n. 26541 – Presidente Sestini – Relatore Iannello

Procedimento civile – Spese processuali – Responsabilità processuale aggravata – Articolo 96, comma 3, c.p.c. – Abuso del processo – Antigiuridicità della condotta processuale – Accertamento giudiziale – Criteri. (Cost, articolo 24; Cpc, articolo 96)
La condanna ex articolo 96, comma 3, cod. proc. civ. deve giungere all'esito di un accertamento che il giudicante è chiamato a compiere caso per caso, anche tenendo conto della fase in cui si trova il giudizio e del comportamento complessivo della parte soccombente, onde verificare se essa abbia esercitato le sue prerogative processuali in modo abusivo, cioè senza tener conto degli interessi confliggenti in gioco, sacrificandoli ingiustificatamente o sproporzionatamente in relazione all'utilità effettivamente conseguibile. Detto abuso del processo non richiede che il giudice indaghi, nel senso che normalmente si attribuisce a tale espressione, l'eventuale riprovevolezza del comportamento del soggetto agente, ma non lo esonera dalla necessità di ricavare detta riprovevolezza in termini oggettivi dagli atti del processo perché la colpa o il dolo rilevanti sono quelli che si manifestano proprio attraverso il compimento dei suddetti atti processuali o attraverso l'adozione di certe condotte processuali e non sono percepibili separatamente da essi. Deve escludersi, pertanto, che il giudizio sulla antigiuridicità della condotta processuale possa farsi derivare automaticamente dal rigetto della domanda o dall'inammissibilità o dall'infondatezza della impugnazione. L'esercizio delle prerogative processuali, costituendo esplicazione del diritto costituzionalmente garantito del diritto di azione e di difesa, merita la sanzione di cui all'articolo 96, comma 3, cod. proc. civ. quando il suo concreto atteggiarsi, nonostante il rispetto in senso stretto della legge processuale, a seguito di una indefettibile valutazione secondo correttezza, si connoti in concreto in termini di antigiuridicità. Pur potendo attingere elementi di valutazione dall'assunzione di comportamenti processuali sleali, il giudice deve tener conto che il comportamento scorretto non coincide con quello processualmente non leale, essendo la correttezza un parametro di valutazione esclusivamente giuridico ed "ex ante" imposto all'agente (Nel caso di specie, accogliendo il motivo di ricorso, la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la sentenza della corte del merito relativa alla statuizione di condanna pronunciata ai sensi dell'articolo 96, comma 3, cod. proc. civ., in quanto la stessa, essendosi limitata a richiamare un astratto uso strumentale e dilatorio dell'appello, discendente dalle ragioni di rigetto dell'appello medesimo, aveva omesso di applicare correttamente la richiamata norma, la quale esige la dimostrazione dell'uso abusivo del processo). (Riferimenti giurisprudenziali: Corte Costituzionale, sentenza 6 giugno 2019, n. 139).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 30 settembre 2021, n. 26545 – Presidente Graziosi – Relatore Gorgoni

Procedimento civile – Prova civile – Prova testimoniale – Deroga al divieto in ordine al pagamento delle somme di denaro eccedenti il limite legale – Accertamento del giudice Condizioni – Esposizione delle ragioni della deroga – Necessità. (Cc, articoli 2721 e 2726; Cpc, articolo 246 e 348–bis)
La deroga al divieto della prova testimoniale in ordine al pagamento delle somme di denaro eccedenti il limite previsto dall'articolo 2721 cod. civ. è subordinata ad una concreta valutazione delle ragioni in base alle quali, nonostante l'esigenza di prudenza e di cautela che normalmente richiedono gli impegni relativi a notevoli esborsi di denaro, la parte non abbia curato di predisporre una documentazione scritta (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per il mancato pagamento di corrispettivi a titolo di attività di assistenza aziendale-contabile, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per aver il tribunale, ritenute insussistenti le probabilità di accoglimento del gravame, dichiarato l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'articolo 348-bis cod. proc. civ.; nella circostanza, infatti, il ricorrente aveva censurato, con apposito motivo di gravame, l'ammissione della prova testimoniale avente ad oggetto l'avvenuto pagamento, lamentando che il giudice di pace aveva disposto l'ammissione della prova testimoniale richiesta dall'intimata sull'avvenuto pagamento del compenso professionale, nonostante l'importo eccedesse i limiti previsti, senza tuttavia giustificare la deroga ai suddetti limiti). Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 24 gennaio 2018, n. 1751; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 giugno 2013, n. 14457; Cassazione, sezione civile II, sentenza 25 maggio 1993, n. 5884).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 30 settembre 2021, n. 26570 – Presidente Gorjan – Relatore Picaroni

Procedimento civile – Impugnazioni – Domanda di riconoscimento della protezione internazionale – Decisione in primo grado – Appello ex art. 702–quater c.p.c. – Regime introdotto dall'art. 27, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 142 del 2015 – Forma – Ricorso – Necessità – Fondamento – "Overruling" processuale – Configurabilità – Peculiarità temporale di operatività – Incidenza del nuovo orientamento nei giudizi di rinvio – Esclusione. (Dlgs, n. 142/2015, articolo 27; Dlgs, n. 150/2011, articolo 19; Cpc, articolo 702–quater)
Nel vigore dell'articolo 19 del Dlgs n. 150 del 2011, così come modificato dall'articolo 27 comma 1, lettera f), del Dlgs n. 142 del 2015, l'appello ex articolo 702-quater cod. proc. civ. proposto avverso la decisione di primo grado sulla domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale deve essere introdotto con ricorso e non con citazione, in aderenza alla volontà del legislatore desumibile dal nuovo tenore letterale della norma. Tale innovativa esegesi, in quanto imprevedibile e repentina rispetto al consolidato orientamento pregresso, costituisce un "overrulling" processuale che, nella specie, assume carattere peculiare in relazione al momento temporale della sua operatività, il quale potrà essere anche anteriore a quello della pubblicazione della prima pronuncia di legittimità che praticò la opposta esegesi (Cass. n. 17420 del 2017), e ciò in dipendenza dell'affidamento sulla perpetuazione della regola antecedente, sempre desumibile dalla giurisprudenza della Corte, per cui l'appello secondo il regime dell'articolo 702-quater cod. proc. risultava proponibile con citazione. Resta fermo il principio che, nei giudizi di rinvio riassunti a seguito di cassazione, il giudice del merito è vincolato al principio enunciato a norma dell'articolo 384 cod. proc. civ., al quale dovrà uniformarsi anche se difforme dal nuovo orientamento della giurisprudenza di legittimità (Nel caso di specie, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la decisione gravata con la quale la corte del merito aveva dichiarato inammissibile l'appello proposto dal ricorrente avverso l'ordinanza di primo grado ai sensi dell'articolo 702-ter, sesto comma, cod. proc. civ., di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria, ritenuta tardivamente impugnata rispetto al termine perentorio di trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione, prescritto dal citato articolo 702-quater cod. proc. civ.). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 8 novembre 2018, n. 28575; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 13 luglio 2017, n. 17420).
Cassazione, sezione L civile, ordinanza 1° ottobre 2021, n. 26696 – Presidente Tria – Relatore Patti

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