Civile

Cause civili, dopo dieci anni cresce l’arretrato

La crescita è “solo” dello 0,8%, ma rappresenta un dato storico perché è il primo segno più da un decennio

di Valentina Maglione e Bianca Lucia Mazzei

Dopo anni di continuo calo, nei primi sei mesi del 2020 torna a crescere l’arretrato negli uffici giudiziari. Così la giustizia accusa gli effetti della riduzione dell’attività durante la sospensione delle udienze e dei termini nel lockdown della scorsa primavera.

Aumentano le pendenze della giustizia civile, con ricadute su famiglie e imprese, nonostante qui la trattazione sia in parte proseguita, grazie al processo telematico e alla possibilità, introdotta con l’emergenza, di sostituire le udienze con lo scambio di note scritte tra le parti.

Ma soffre ancora di più il penale: tanti processi sono stati rinviati nei mesi scorsi perché è mancata, finora, una reale alternativa alla celebrazione delle udienze in presenza.

IL RIMBALZO DAL 2013

La giustizia civile

Nel dettaglio, secondo i dati del ministero della Giustizia, i procedimenti civili in corso al 30 giugno 2020 sono 3,32 milioni, in aumento rispetto ai 3,29 milioni del 31 dicembre 2019. La crescita è “solo” dello 0,8%, ma rappresenta un dato storico perché è il primo segno più da dieci anni.

Nel 2011, infatti, i processi civili pendenti erano 5,4 milioni. A spingere la riduzione sono stati fattori diversi, tra cui, da un lato, il calo delle cause avviate e, dall’altro, l’attenzione allo smaltimento. In particolare, negli anni scorsi si è cercato di chiudere le cause più datate, vale a dire quelle in corso da più di tre anni in primo grado, da più di due anni in appello e da più di uno in Cassazione, per cui è possibile chiedere il risarcimento previsto per i processi troppo lunghi.

Ad accumularsi le cause in materia di lavoro, famiglia e volontaria giurisdizione

Ad accumularsi, nei primi sei mesi del 2020, sono state le cause contenziose, in materia di lavoro, famiglia e volontaria giurisdizione: quelle in corso al 30 giugno sono 2,84 milioni, l’1,2% in più rispetto al 31 dicembre 2019. Mentre le definizioni hanno coperto le nuove iscrizioni nell’ambito delle esecuzioni e dei fallimenti: qui le pendenze erano 488mila nel 2019 e 482mila al 30 giugno scorso. Vanno peggio i processi “lunghi”: gli ultra-annuali in Cassazione crescono dell’8%, gli ultra-biennali in appello del 2% e del 4,5% gli ultra-triennali in tribunale.

La giustizia penale

È il rito che più sta scontando il lockdown della primavera scorsa. Dopo sette anni di continua riduzione, nei primi sei mesi del 2020, l’arretrato non solo ha ripreso a salire (+2,4%) ma è quasi tornato al livello del 2017 (oltre 1,6 milioni di fascicoli). Ed è probabile che la situazione peggiori, poiché i presidenti dei tribunali per evitare assembramenti stanno riducendo i procedimenti e rinviando le udienze (si veda il Sole24ore del 9 novembre).

La causa principale risiede nel ritardo nel processo di telematizzazione che sta compiendo i primi passi, proprio sulla spinta dell’emergenza. Ma non senza difficoltà e polemiche, viste anche le criticità connaturate all’oralità del processo. Il Dl Ristori (il 137/2020), in vigore dal 29 ottobre, ha previsto fino al 31 gennaio 2021, lo svolgimento da remoto degli atti relativi alle indagini preliminari e delle udienze in cui è necessaria solo la partecipazione di Pm, parti , difensori e ausiliari del giudice. Una norma scritta con l’accordo degli avvocati che hanno invece bocciato l’ulteriore novità prevista dal Dl Ristori-bis che ha introdotto le udienze per note scritte nei giudizi d’appello, a patto che le parti o il Pm non chiedono la discussione orale.

Nei primi sei mesi, le pendenze sono cresciute soprattutto in Cassazione (+18%) e di fronte ai giudici di pace (+9%). Nei tribunali, l’aumento maggiore riguarda il rito monocratico (+6%) che tratta reati ritenuti meno gravi (ma molto numerosi) come droga, furti, risse e incidenti stradali.

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