Clona profilo social per tornare con l’ex: danni per 6mila euro
In sede penale sentenza di patteggiamento a 5 mesi e 10 giorni di reclusione
La gelosia tra ex può costare cara, soprattutto se viaggia sui social network. Lo sa bene una donna di 34 anni, condannata dal Tribunale di Palermo (giudice onorario Marchese) a pagare 6mila euro di risarcimento danni a un amico dell’ex fidanzato per aver creato un falso profilo Facebook a suo nome per tentare di recuperare la relazione sentimentale interrotta (sentenza 2076 del 16 maggio 2022).
La donna, infatti, aveva contattato più volte l’ex tramite il falso account chiedendogli ripetutamente aggiornamenti sul suo stato sentimentale. Le stesse richieste erano state indirizzate ad amici comuni, destinatari però anche di accuse e offese.Il piano è stato interrotto dalla denuncia dell’uomo, che si era accorto della duplicazione del profilo dopo le richieste di spiegazioni risentite degli amici. Non c’è voluto molto alla Procura per risalire all’indirizzo IP collegato all’utenza telefonica in uso alla donna, la quale, sentita a sommarie informazioni, ha poi ammesso di aver creato il falso profilo mossa dalla volontà di recuperare il rapporto con l’ex fidanzato e dall’astio verso comuni amici.
Da qui il processo penale a carico della ex per il reato di trattamento illecito di dati personali, concluso con una sentenza di patteggiamento a 5 mesi e 10 giorni di reclusione e la successiva richiesta danni in sede civile. In un primo momento, infatti, la nuova compagna dell’amico comune al quale era stato duplicato il profilo aveva deciso di interrompere la relazione, sospettando una doppia vita dell’uomo. Quest’ultimo, poi, descritto nella sentenza come «persona mite, nota per andare d’accordo con tutti», si era trovato improvvisamente al centro di accesi conflitti e discussioni che avevano avuto ripercussioni anche sul lavoro, visto che amici comuni contattati dalla donna via social si erano rivolti anche a colleghi per chiedere spiegazioni.
L’utente del social network ha il diritto, si legge nella sentenza, di «mantenere il controllo sulla rappresentazione che ha di sé agli occhi della società», in quanto l’ordinamento tutela, al pari dell’identità personale, anche quella digitale, trattandosi di un diritto fondamentale della persona umana. Non è la prima volta che la giurisprudenza torna sul concetto della tutela dei profili online, condannando la creazione dei falsi account da parte di familiari, conoscenti, coniugi o ex partner.
La gelosia non attenua né esclude il danno, trattandosi di condotte che nei casi più gravi possono portare anche a una condanna per atti persecutori. Come è successo in provincia di Napoli, dove a creare i falsi profili social è stato un vecchio amico d’infanzia della vittima, mosso da mai sopiti rancori. In questo caso l’autore si era spinto oltre, facendo credere agli altri utenti che la vittima fosse disponibile ad approcci sessuali. La condotta è costata al suo autore la condanna per diffamazione, sostituzione di persona e atti persecutori (Corte di cassazione, sentenza 323 del 10 gennaio 2022).
A un uomo della provincia di Ragusa è valsa invece la condanna per il reato di trattamento illecito dei dati personali l’iscrizione dell’ex compagna a un sito web di incontri e l’inserimento del falso profilo creato in una chat room denominata “sesso” (Corte di cassazione, sentenza 42565 del 17 ottobre 2019).
Il principio giuridico è chiaro: il diritto a essere se stessi vale anche in Rete, con tutte le convinzioni morali, sociali e ideologiche che qualificano ogni utente.
Né può trovare applicazione la causa di non punibilità per tenuità del fatto, proprio con riferimento alle gravi lesioni della vita privata e alle subdole modalità che in genere caratterizzano queste condotte (Corte di cassazione, ordinanza 26058 del 19 maggio 2021).