Civile

Commercialisti, per errori nella contabilità risarcite anche le maggiori imposte

La sentenza 22855 della Cassazione: le somme dovute al cliente non possono essere limitate solo alle sanzioni. Responsabilità del professionista provata dalle condanne tributarie

di Patrizia Maciocchi

Il commercialista che non tiene correttamente la contabilità sociale, risarcisce al cliente non solo le sanzioni ma anche le maggiori imposte pagate per la sua negligenza. Inadempimenti che possono essere provati producendo in giudizio le sentenze delle Commissioni tributarie relative agli accertamenti fiscali subìti dalla società. La Corte di cassazione, con la sentenza 22855/2020 depositata il 20 ottobre, accoglie, sul punto, il ricorso di una società a responsabilità limitata, contro la decisione della Corte d’appello di limitare il risarcimento dovuto dal professionista per gli errori commessi nello svolgere la sua prestazione, alle sanzioni pagate dalla compagine.

Ad avviso della ricorrente, invece, sul “conto” del commercialista dovevano pesare anche le maggiori imposte pagate a causa dell’impossibilità di dedurre spese e preammortamenti.

La richiesta di risarcimenti della società, per la negligenza nella contabilità come nella redazione dei bilanci e nella dichiarazione dei redditi, era stata respinta dal Tribunale, ma parzialmente accolta dalla Corte d’Appello. Per i giudici territoriali, infatti, la prova delle responsabilità del professionista era nelle sentenze delle commissioni tributarie dalle quali emergevano le carenze nella contabilità che inducevano a ritenere che questa non fosse stata correttamente tenuta. Da lì la responsabilità. Alla Srl era stato però riconosciuto solo il diritto ad aver indietro l’importo delle sanzioni versate come diretta conseguenza dell’accertamento fiscale, per un totale di circa 23 mila euro. La Corte di seconda istanza aveva, infatti, escluso l’importo pagato per i tributi perché questo «sarebbe stato comunque a carico della società».

Una conclusione che non aveva soddisfatto la ricorrente che aveva fatto presente, già in sede di appello, che gli errori del consulente non avevano avuto come risultato solo le sanzioni, ma avevano fatto lievitare l’importo delle imposte.

Il commercialista non aveva informato la cliente della necessità di procurarsi una documentazione più dettagliata per la deducibilità dei costi di propaganda e rappresentanza.

Secondo la ricorrente, anche la possibilità di “detrarre” gli ammortamenti anticipati, era stata esclusa in sede tributaria, solo a causa della non corretta redazione del quadro Ec della dichiarazione dei redditi. Compito quest’ultimo che rientrava tra gli obblighi del professionista.

Fatti che la Corte d’Appello non ha valutato.

In sede di rinvio dunque la Corte territoriale dovrà rivedere la sua conclusione sul danno, considerando le circostanze indicate dalla ricorrente.

Nuove considerazioni da fare sul nesso di causalità tra inadempimenti del commercialista e importi in concreto pagati dalla sua committente.

Dovrà essere considerato il peso che la mancata indicazione della documentazione da allegare per le deduzioni ha avuto nell’appesantire la pretesa del fisco.

Allo stesso modo la Corte d’appello è chiamata ad esprimersi sulla non corretta compilazione del quadro Ec, che ha impedito di dedurre gli ammortamenti anticipati. Da rivedere anche la questione relativa all’importo delle sanzioni pagate dalla società, per capire se sarebbe stato possibile un pagamento in misura ridotta.

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