Immobili

Compravendita dopo la scadenza del mandato, la divisione delle provvigioni tra i mediatori

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 25648 depositata oggi, chiarisce il criterio per la ripartizione della provvigione in caso accordo successivo alla prima visita

di Francesco Machina Grifeo

Per l'agente immobiliare in regola con l'iscrizione, scatta il diritto alla provvigione per la mediazione esercitata anche se la compravendita si è conclusa in un secondo momento e grazie all'intervento di un terzo professionista. In questo caso, tuttavia, la percentuale va divisa in parti uguali a meno che vi sia la prova della prevalenza dell'attività dell'uno o dell'altro. È questo l'approdo cui è arrivata la Corte di cassazione, con la sentenza n. 25648 depositata il 31 agosto.

La vicenda – Il titolare di un'agenzia immobiliare, convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Parma l'acquirente e il venditore di un immobile per ottenerne la condanna al pagamento delle provvigioni maturate a seguito dell'attività di mediazione. L'attore allegò di aver ricevuto l'incarico di promuovere la vendita dell'immobile dalla società venditrice e di aver pubblicato degli annunci sulla Gazzetta di Parma. A seguito di ciò, l'acquirente aveva preso contatto con l'agenzia, manifestando un interesse all'acquisto e sottoscrivendo anche una proposta. Secondo i convenuti tuttavia la conclusione dell'affare, avvenuta a distanza di un mese, non era riconducibile a tale attività in quanto successiva alla scadenza del mandato. Inoltre, la prima proposta di acquisto era stata rifiutata dal venditore, mentre la transazione si era perfezionata solo grazie all'intervento di altro mediatore.

Il Tribunale di Parma e poi la Corte di appello hanno accolto la domanda dell'agente ripartendo però al 50% la provvigione, dopo averla determinata sulla base degli "usi vigenti". Contro questa decisione ha proposto ricorso il compratore.

La motivazione - "Il diritto del mediatore alla provvigione - spiega la Suprema corte - sorge allorché la conclusione dell'affare abbia avuto luogo per effetto dell'intervento del mediatore stesso, ancorché questi non abbia partecipato a tutte le fasi della trattativa, e cioè quando la conclusione dell'affare possa comunque ricollegarsi con rapporto di causalità all'attività mediatrice". Nel caso specifico, prosegue la Corte, il mediatore "aveva messo la venditrice in relazione con l'acquirente, il che delinea l'efficacia del suo intervento nel favorire la conclusione dell'affare, presupposto sufficiente per affermare il diritto del mediatore alla provvigione".

Inoltre, continua la decisione, "quando l'affare sia concluso con l'intervento di più mediatori (congiunto o distinto, contemporaneo o successivo, concordato o autonomo, in base allo stesso incarico o a più incarichi), a norma dell'art. 1758 c.c., ciascuno di essi ha diritto ad una quota di provvigione". Tale diritto "sorge soltanto quando essi abbiano cooperato alla conclusione dell'affare simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, purché giovandosi l'uno dell'attività espletata dall'altro, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la medesima conclusione dell'affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo". Per converso, "non sussiste il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l'intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell'affare per effetto d'iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l'utilità dell'originario intervento del mediatore". Un accertamento che compete al giudice di merito.

L'intervento di più mediatori nell'affare, tuttavia, spiega ancora la Cassazione, "non attribuisce ad ognuno di essi il diritto ad una quota eguale di provvigione, dovendo la misura di detta quota essere, invece, rapportata all'entità ed all'importanza dell'opera prestata da ciascuno dei mediatori intervenuti". Qualora però, conclude la Corte, "l'entità dell'efficienza concausale dell'opera dei singoli mediatori non sia dimostrata… la ripartizione della provvigione tra i più mediatori deve essere fatta in parti uguali (come ha ritenuto la sentenza impugnata), atteso che, rispetto alla prestazione divisibile costituita dalla provvigione, come in ogni figura di obbligazione soggettivamente complessa quando non risulti diversamente provato, a ciascuno dei creditori spetta, appunto, una identica quota".

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