Concordato in appello, l’illegalità della pena travolge l’intero accordo
Lo ha chiarito la Cassazione, sentenza n. 47234 depositata oggi, annullando senza rinvio la sentenza
Nel concordato in appello, l’annullamento della sentenza – nel caso per la determinazione di un pena illegale – travolge un elemento essenziale dell’accordo tale da farlo cadere per intero. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 47234 depositata oggi, segnalata per il “Massimario”, che ha accolto il ricorso della Procura.
La Corte d’Appello di Salerno, in accoglimento del concordato formulato dalle parti, ai sensi dell’articolo 599-bis c.p.p., con parziale rinuncia ai motivi di appello avanzati dall’imputato, aveva riformato la decisione del Gip di Nocera Inferiore rideterminando la pena irrogata all’imputato (per il reato di cui all’articolo 75, comma 2, Dlgs n. 159 del 2011) in sei mesi e ventiquattro giorni di reclusione. Contro questa decisione ha proposto ricorso il Pg e la Suprema corte gli ha dato ragione.
Secondo gli ermellini, infatti, il Giudice di appello ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva (di cui all’articolo 99, quarto comma, cod. pen.), operando una non consentita riduzione di un terzo della pena base, già indicata nella misura pari al minimo edittale di un anno di reclusione, così pervenendo ad una pena finale inferiore al limite consentito e, come tale, illegale. Ed una decisione fondata sull’accordo riguardante una pena illegale dev’essere annullata.
Nella giurisprudenza di legittimità, tuttavia, si legge nella sentenza, si discute se in tale ipotesi l’annuIlamento della sentenza gravata debba essere disposto limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio al giudice di merito per una nuova decisione solo su tale punto o, al contrario, se l’annullamento della sentenza debba essere disposto senza rinvio perché, venendo meno un elemento essenziale dell’accordo raggiunto dalle parti ai sensi dell’articolo 599-bis c.p.p., deve considerarsi venuto meno l’intero accordo e, dunque, anche la sentenza che su quel negozio processuale aveva trovato la sua giustificazione, così che si rivela necessario consentire alle parti di rivedere anche la stessa opportunità in sé dell’accordo.
Ebbene, il Collegio aderisce alla seconda soluzione. Milita in questo senso, prosegue la Corte, la considerazione in forza della quale l’articolo 599-bis c.p.p., comma 1, nel prevedere che la Corte di appello emette una sentenza in camera di consiglio «quando le parti ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri motivi» e che «se i motivi dei quali viene richiesto raccoglimento comportano una nuova determinazione della pena» le parti «indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo», fa intendere che «esiste un nesso funzionale inscindibile tra la richiesta concordata delle parti sull’accoglimento di uno o alcuni dei motivi dell’appello, e la eventuale rinuncia di altri motivi degli stessi atti di impugnazione».
Sicché, conclude la Corte, “deve ritenersi che nel caso l’illegalità della pena concordata dalle parti, inficia tanto la richiesta concordata quanto la connessa rinuncia anche parziale ai motivi di appello, manifestazioni di volontà collegate sulle quali si era fondata l’emissione della sentenza camerale ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen.” Ragion per cui la sentenza dev’essere annullata senza rinvio (e gli atti trasmessi alla Corte di Appello di Salerno per l’ulteriore corso).