Condono edilizio, il titolo sanante non fa decadere automaticamente l'ordine di demolizione
Il giudice dell'esecuzione è obbligato a verificare la legalità sostanziale, cioè la coincidenza tra abuso e oggetto della sanatoria
L'ottenimento del titolo in sanatoria non fa venir meno automaticamente l'ordine di demolizione impartito con la condanna per l'abuso edilizio realizzato. Il giudice dell'esecuzione, infatti, se richiesto di revocare l'ordine è tenuto ad assolvere l'obbligo di verifica tra le opere oggetto del condono edilizio e quelle realmente esistenti al momento della domanda di revoca.
La Cassazione penale, con la sentenza n. 20286/2023, ha respinto il ricorso dell'autore dell'abuso condonato in quanto questi aveva, successivamente alla realizzazione del manufatto illegittimo, effettuato opere di manutenzione e riparazione coperte da regolare Scia. Però, spiega la Cassazione, tale attività a prescindere dalla presenza della Scia accede comunque a un abuso e gli interventi successivi sullo stesso costituiscono una prosecuzione della condotta criminosa. Ma soprattutto, a seguito degli ulteriori interventi, si determina uno scollamento tra l'oggetto del condono e quello esistente nella realtà, ciò che non consente di dire che l'intero manufatto sia sanato. Di conseguenza, l'ordine di demolizione continua a pesare sull'intera opera.
Il controllo del giudice è quello di verificare la legalità sostanziale tra ciò che amministrativamente risulta e ciò che è in effetti stato realizzato. Non basta, quindi, la verifica formale dell'atto di condono privo di vizi, ma è necessario che nei fatti quanto è stato sanato corrisponda allo stato dei luoghi affinché il giudice possa procedere alla revoca dell'ordine di demolizione .