Civile

Consegna al notaio del certificato di destinazione urbanistica

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di Paolo Tonalini


La dichiarazione del notaio, compresa nell'ambito dell'atto pubblico di compravendita immobiliare, di aver ricevuto il “certificato di destinazione urbanistica” dal venditore quando, in realtà, il documento era stato recapitato qualche giorno prima dell'atto, presso il suo studio, da un incaricato del compratore, non integra il reato di falso in atto pubblico.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, secondo la quale il solo profilo rilevante, perché idoneo a scongiurare la nullità dell'atto, è che il certificato di destinazione urbanistica sia allegato all'atto pubblico, essendo invece irrilevante che la consegna del documento avvenga da parte dell'una o dell'altra parte, e anche che sia consegnato direttamente nelle mani del notaio o a un suo collaboratore.

Ricordiamo che l'art. 18, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, poi recepita nell'art. 30, secondo comma, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (testo unico dell'edilizia), sancisce la nullità degli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto il trasferimento dei terreni, quando ad essi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni riguardanti l'area interessata.
Nel caso in esame, il certificato di destinazione urbanistica era stato allegato all'atto notarile, il quale conteneva la clausola: “La parte alienante, dichiarandomi che a tutt'oggi non sono intervenute modificazioni dello strumento urbanistico concernenti l'immobile trasferito, mi consegna il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di ... il ... prot. n. ..., che allego al presente atto sotto la lettera A”.

La Corte d'appello di Palermo aveva confermato la sentenza del Tribunale di Trapani che dichiarava la falsità dell'atto pubblico notarile di compravendita di un terreno, limitatamente all'attestazione della “consegna” dalla parte alienante al notaio del certificato di destinazione urbanistica dell'immobile compravenduto, in un giudizio di falso promosso dalla parte venditrice che affermava di aver ignorato la natura edificatoria, e non agricola, del terreno compravenduto.

La corte territoriale ha ritenuto dimostrato, sulla base delle prove assunte, che detto certificato, contrariamente a quanto dichiarato in atto, era stato depositato presso lo studio notarile nei giorni precedenti per conto della parte acquirente, e da ciò ha fatto discendere la falsità dell'affermazione del notaio.

La Corte di Cassazione ha invece ritenuto non sussistere il reato di falso in atto pubblico, considerando la dichiarazione del notaio una mera clausola di stile, “conforme alla prassi notarile di inserire formule del tutto analoghe a quella riportata negli atti pubblici di trasferimento immobiliare che richiedano l'allegazione del detto certificato”.

La Suprema Corte ha dunque ricondotto la fattispecie al cosiddetto “falso inutile”, che si verifica “quando la condotta, pur incidendo, nel falso ideologico, sul significato letterale di un atto, non incide però sul suo significato di comunicazione, così come esso si manifesta nel contesto, anche normativo, della formazione e dell'uso, effettivo o potenziale, dell'oggetto”.
La legge, infatti, è finalizzata a scoraggiare gli abusi edilizi, e prescrive la mera allegazione del certificato all'atto, “senza nulla stabilire con riguardo all'autore ed al momento della consegna”.

Corte di Cassazione - Sezione I - Sentenza 13 marzo 2015, n. 5102

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