Comunitario e Internazionale

Consumatori europei, Strasburgo approva la class action contro le multinazionali

Studi legali non autorizzati a rappresentare e promuovere azioni ma solo a prestare assistenza ai cittadini

di Francesco Machina Grifeo

Il Parlamento di Strasburgo ha approvato in via definitiva la direttiva sulla class action europea che entrerà in vigore venti giorni dopo la pubblicazione sulla GU dell'Ue. Gli Stati membri avranno 24 mesi per recepirla e altri 6 per applicarla. Sarà consentito dunque intentare azioni collettive per presunte violazioni di leggi in numerosi settori, quali: la protezione dei dati personali, i viaggi e il turismo, i servizi finanziari, l'energia e le telecomunicazioni.

Il testo, frutto dell'accordo tra Parlamento e Ministri dell'Ue del giugno scorso, fa parte del cd "New Deal" per i consumatori che è stato concepito "come risposta ad una serie di violazioni perpetrate da multinazionali". In alcuni Stati membri i consumatori possono già intentare azioni collettive, "d'ora in poi – prosegue una nota del Parlamento - questa opzione sarà disponibile in tutti i paesi dell'UE". La direttiva del resto non annulla i percorsi già esistenti nei paesi membri, ma introduce una procedura europea là dove non ce ne sono, prevedendo "un modello armonizzato" di azione rappresentativa.

Intanto in Italia, il Dl Ristori bis ha rinviato di altri 6 mesi l'entrata in vigore prevista per il 19 novembre scorso della nuova azione di classe, introdotta dalla legge 31/2019 che l'ha inserita nel codice di procedura civile (dal Codice del consumo).

È un testo cauto quello approvato oggi, come si evince dalle dichiarazioni del relatore Geoffroy Didier (PPE, FR) secondo cui: "La direttiva rappresenta un punto di equilibrio tra una maggiore protezione dei consumatori e la certezza giuridica di cui le imprese hanno bisogno". Molta attenzione infatti è stata rivolta alla definizione degli enti legittimati a rappresentare i gruppi di consumatori e intentare azioni rappresentative. Da questi sono esplicitamente esclusi gli studi legali.

Gli avvocati dunque non potranno decidere di portare un caso in tribunale, o proporre a un gruppo di consumatori di farlo. Ovviamente saranno invece abilitati ad affiancare e difendere le organizzazioni di consumatori nel processo. Com'è evidente, si tratta di una norma scritta con lo scopo di evitare abusi nel ricorso a questo tipo di azione legale ma che si rivela come una ulteriore tagliola per gli avvocati europei. Anche se, va ricordato, una norma analoga è prevista anche in Italia. La legge 31/2019 infatti dispone che l'azione, oltre ai singoli, è riservata ad organizzazioni o associazione senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei diritti e che siano iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della Giustizia.

L'avvio di azioni giudiziarie transfrontaliere è subordinato al rispetto degli stessi criteri in tutta l'UE da parte degli enti legittimati che dovranno dar prova di un certo livello di stabilità. Potranno essere abilitate dunque le persone giuridiche regolarmente costituite con 12 mesi di attività pubblica effettiva nella tutela dei consumatori; con oggetto sociale coerente; senza scopo di lucro; non oggetto di una procedura di insolvenza; che siano indipendenti e non influenzate da persone, diverse dai consumatori, in particolare da professionisti, che hanno un interesse economico a intentare un'azione rappresentativa.

Ogni Stato membro dovrà comunicare anticipatamente alla Commissione gli enti legittimati che verranno inseriti in un apposito elenco. Gli enti saranno soggetti a revisione ogni cinque anni.

Le associazioni dei consumatori o gli organismi pubblici dovranno poter intentare azioni rappresentative di natura inibitoria (cessazione o divieto) o risarcitoria (compensazione). L'obiettivo della normativa infatti è migliorare il funzionamento del mercato interno ponendo fine a pratiche illegali e facilitando l'accesso alla giustizia per i consumatori.

Per quanto riguarda le azioni nazionali, gli enti dovranno rispettare i criteri previsti dalla normativa nazionale.
Le regole prevedono inoltre salvaguardie da azioni legali abusive grazie al principio "chi perde paga", secondo cui la parte soccombente è tenuta a rimborsare alla parte vittoriosa le spese legali sostenute.

Infine, la direttiva tiene conto delle violazioni interrottesi prima che l'azione rappresentativa sia stata intentata o conclusa, al fine di vietare tale pratica e scongiurarne il ripetersi.

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