Contrasto al Greenwashing, due proposte di direttiva al vaglio UE
Si tratta della Direttiva “Empowering Consumers for the Green Transition”, approvata di recente e in attesa di pubblicazione e la Proposta di direttiva c.d. “Green Claim Directive”, ancora in discussione
Il “ Greenwashing ” consiste nella pratica di comunicazione o strategia di marketing con cui le imprese mirano ad attirare il consumatore/cliente attraverso immagini o messaggi che promuovono, in maniera ingannevole, caratteristiche positive di sostenibilità dei propri prodotti e servizi (attestando, ad esempio, una sensibilità per l’ambiente non corrispondente alla realtà o omettendo gli impatti negativi della propria attività).
La Commissione Europea, nel tentativo di contrastare tale fenomeno e rendere le dichiarazioni sulla sostenibilità dei prodotti affidabili, comparabili e verificabili in tutta l’UE, ha elaborato due proposte di direttiva:
• Direttiva per la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione (c.d. “ Empowering Consumers for the Green Transition ”), approvata di recente;
• Proposta di direttiva sull’attestazione e sulla comunicazione delle asserzioni ambientali esplicite (c.d. « Green Claim Directive »), attualmente in fase di discussione in Parlamento.
Greenwashing e Green Claims: facciamo chiarezza
Per “ green claims ” si intendono tutte le dichiarazioni volte a pubblicizzare un prodotto o un servizio mettendone in luce gli aspetti positivi per l’ambiente.
Non tutti i “green claims”, naturalmente, risultano “greenwashing”: lo sono esclusivamente quando i benefici ambientali evocati o dichiarati non risultano basati su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili.
È quanto chiarito, ad esempio, dal Tribunale di Gorizia che, con una storica ordinanza , ha condannato un’industria tessile alla rimozione delle dichiarazioni «scelta naturale», «amica dell’ambiente», «la prima e unica microfibra che garantisce eco-sostenibilità durante tutto il ciclo produttivo» e «microfibra ecologica» in quanto ritenute prive di fondamento, fuorvianti, nonché esempio di pubblicità ingannevole.
Empowering Consumers for the Green Transition
Il Parlamento UE, il 17 gennaio 2024, ha approvato in prima lettura il testo della direttiva cd. “ Empowering Consumers for the Green Transition ” (“ Direttiva Empowering Consumers ”) che, modificando la direttiva in materia pratiche commerciali sleali (Direttiva 2005/29/CE), introduce norme specifiche volte a contrastare il fenomeno del greenwashing e in particolare, delle pratiche volte a indurre i consumatori ad assumere decisioni commerciali che non avrebbero assunto, attraverso il ricorso a dichiarazioni ambientali ingannevoli o false, marchi di sostenibilità o strumenti di informazione sulla sostenibilità non trasparenti.
A tal fine, la direttiva aggiorna la cd. “black list” delle pratiche commerciali considerate ingannevoli, inserendovi il divieto di dichiarazione ambientale generica non comprovata da evidenze di veridicità.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, si considereranno “ dichiarazioni ambientali generiche ” - vietate ai sensi della proposta - espressioni come «rispettoso dell’ambiente», «ecocompatibile», «verde», «naturale», «rispettoso degli animali», «che salvaguarda l’ambiente».
La direttiva proibirà, inoltre, qualsiasi affermazione che implichi un impatto ambientale neutro, ridotto o positivo derivante dalla partecipazione a regimi di compensazione delle emissioni, noti come “ regimi offset ”, nonché la pubblicizzazione di prestazioni ambientali future senza impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili.
È previsto, infine, che, all’interno dell’Unione Europea, siano esclusivamente ammessi marchi di sostenibilità affiliati a sistemi di certificazione che abbiano ottenuto l’approvazione o siano stati creati da istituzioni pubbliche.
Nondimeno, allo scopo di sensibilizzare produttori e consumatori sulla durabilità dei prodotti, la Direttiva Empowering Consumers richiede che le informazioni relative alla garanzia siano rese più visibili, anche introducendo un nuovo marchio armonizzato per conferire maggiore enfasi ai prodotti dotati di un periodo di garanzia più prolungato.
In tale ottica, le nuove disposizioni proibiscono indicazioni ingannevoli sulla durata dei prodotti (ad esempio, dichiarare che una lavatrice avrà una durata di 5.000 cicli di lavaggio, se tale affermazione non è accurata in condizioni normali) e vietano gli inviti a sostituire beni di consumo senza un’effettiva necessità, fenomeno comune, ad esempio, nel caso dell’inchiostro delle stampanti, e false dichiarazioni sulla riparabilità di un prodotto.
La Direttiva Empowering Consumers è in attesa dell’approvazione definitiva del Consiglio UE. A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, gli Stati membri avranno 24 mesi per recepirla nel proprio ordinamento interno.
Green Claims Directive
La proposta di Green Claim Directive invece, è ancora in fase di prima approvazione, e la discussione della stessa in seno al Parlamento UE è fissata per l’11 marzo 2024.
L’attuale testo della proposta di direttiva Green Claim prevede norme più specifiche e integra le modifiche proposte dalla direttiva Empowering Consumers in merito alle pratiche commerciali sleali.
In particolare, tutte le « dichiarazioni ambientali esplicite » - diffuse volontariamente da un’impresa in merito agli impatti, positivi o negativi, sull’ambiente di un prodotto, di un servizio o dell’attività dell’impresa stessa, al fine di aiutare i consumatori a compiere scelte di acquisto informate - devono rispettare i requisiti generali già dettati dalla direttiva 2005/29/CE, ossia devono essere chiare, specifiche, non ambigue e accurate.
La proposta introduce altresì, in capo ai professionisti, alcuni obblighi fondamentali in merito alle dichiarazioni ambientali esplicite, ossia:
- (i) obbligo di attestazione;
- (ii) obbligo di comunicazione;
- (iii) obbligo di verifica e certificazione;
- (iv) obbligo di revisione .
Next Steps
Come chiarito, il greenwashing è già divenuto un tema a cui prestare estrema attenzione.
Anche se non ancora in vigore, i testi delle direttive sopra analizzate possono fungere da guida per una comunicazione all’insegna della trasparenza e verificare la compliance delle dichiarazioni ambientali per evitare il configurarsi di pratiche commerciali scorrette e le relative sanzioni, già applicabili in base all’esistente quadro normativo.
I profili di rischio per la realizzazione di pratiche di greenwashing sono, peraltro, molteplici e spaziano da quelli amministrativi a quelli penali, senza dimenticare l’impatto reputazionale devastante che queste pratiche comportano.
È essenziale dunque monitorare l’evoluzione normativa ed anticipare, mitigandoli, eventuali rischi di violazione delle norme UE, attraverso la predisposizione di appositi assessment.
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*A cura di Josephine Romano Partner Deloitte Legal Head of Compliance, Emilio Cucchiara Partner Deloitte Legal Head of Antitrust, Ida Palombella Partner Deloitte Legal Head of IP IT Data Protection, Sonia Belloli Managing Associate Deloitte Legal, Valentina Favero Senior Manager Deloitte Legal, Marzia Del Vaglio Associate Deloitte Legal