Contratti di vendita: sul risarcimento nell'ipotesi di un prodotto difettoso
Vendita - Bene difettoso - Difetto di conformità - Nessuna domanda di risoluzione de contratto o riduzione prezzo - Diritto del consumatore al risarcimento del danno.
Nella vendita di beni il risarcimento non si deve limitare alla riparazione del bene solo da un punto di vista estetico, ma può consistere il ripristino del bene stesso come se il difetto non fosse mai esistito. Nel caso in cui il bene consegnato al consumatore presenti un difetto di conformità del quale il professionista debba rispondere, il consumatore può far valere nei confronti del professionista inadempiente i rimedi contemplati dall'articolo 130 codice del consumo: riparazione del bene, sostituzione dello stesso, riduzione del prezzo, risoluzione del contratto. Tuttavia, anche se l'art. 130 comma 2 non include il diritto al risarcimento del danno tra i diritti che spettano al consumatore, quest'ultimo può esercitare delle pretese risarcitorie poiché il diritto al risarcimento del danno rientra senz'altro fra i "diritti" attribuiti al consumatore da "altre norme dell'ordinamento giuridico" italiano.
•Corte di cassazione, sezione II, sentenza 20 gennaio 2020 n. 1082
Risarcimento del danno - Valutazione e liquidazione - In genere danno da responsabilità civile - Domanda risarcitoria - Assenza di particolari specificazioni - Riferimento a tutte le possibili voci di danno ricollegabili al contegno del convenuto - Sussistenza - Fattispecie in tema di asserita violazione dell'art. 112 c.p.c.
In tema di responsabilità civile, la domanda con la quale un soggetto chieda il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che potesse ravvisarsi una ipotesi di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ai sensi dell'art. 112 c.p.c., nella pronuncia con la quale il giudice d'appello, a fronte di una domanda di risarcimento dei "danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, patiti e patiendi" ed in assenza di ulteriori allegazioni, aveva riconosciuto e liquidato il danno non patrimoniale).
•Corte di cassazione, sezione III civile, sentenza 13 ottobre 2016 n. 20643
Contratti – Appalto – Responsabilità dell'appaltatore – Configurabilità – Condizioni – Obbligo dell'appaltatore di controllare la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente – Sussistenza – Condizioni – Limiti.
L'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto a eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente e a rischio di quest'ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori.
•Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza 2 marzo 2015 n. 4161
Vendita - Garanzia per i vizi della cosa venduta - Risarcimento del danno.
In relazione ai vizi della cosa venduta il venditore soggiace, ai sensi dell'art. 1494 cod. civ., oltre alle sanzioni proprie della garanzia, anche a quella del risarcimento del danno, estesa a tutto l'interesse positivo: il compratore deve essere posto nella situazione economica equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se la cosa fosse stata immune da vizi e non a quella in cui si sarebbe trovato se non avesse concluso il contratto o se lo avesse concluso a prezzo inferiore. Pertanto la circostanza che un determinato prodotto si riveli inidoneo a essere adoperato secondo le modalità indicate dal venditore e possa esserlo solo con modalità più dispendiose (per tempi di lavorazione e quantità da impiegare) ben può esser valutata dal giudice di merito ai fini del risarcimento del danno, oltreché sotto l'aspetto della riduzione del prezzo poiché quest'ultima ristabilisce l'equilibrio patrimoniale solo con riguardo al valore della cosa venduta ma non elimina il danno determinato dal venditore, consistente nel costo delle maggiori quantità di prodotto utilizzato e di manodopera impiegata.
•Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza 1° febbraio 1995 n. 1153