Contributo unificato, non è reato il risparmio di 43 euro per la falsa attestazione reddituale
La condotta di indebita percezione di erogazioni pubbliche assorbe il reato di falso ideologico e se il vantaggio economico ottenuto non supera la soglia di punibilità scatta solo la sanzione amministrativa
La riduzione di soli 43 euro sul contributo unificato da pagare relativamente a una controversia di lavoro – ottenuta grazie alla falsa attestazione dei propri redditi - costituisce un indebito risparmio che non integra reato in caso di mancato superamento della soglia di punibilità, comportando l’applicazione della sola prevista sanzione amministrativa. Inoltre la fattispecie di indebita percezione di risorse pubbliche già prevede l’impiego di un falso al fine di ottenere ciò che non sarebbe dovuto con la conseguenza che non è contestabile de plano anche il falso ideologico commesso dal privato.
Questi - in estrema sintesi - i due punti affrontati dalla Cassazione penale con la sentenza n. 40872/2024.
La contestazione
La condotta di chi dichiari una situazione reddituale inferiore a quella reale, al fine di ottenere uno sconto sul dovuto contributo unificato, rientra pienamente nel reato previsto dall’articolo 316 ter del Codice penale senza che possa essere contestato anche quello di falsità ideologica previsto dall’articolo 483 dello stesso Codice. Infatti, il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche contiene già la previsione dell’utilizzo di un elemento di falsità finalizzato a ottenere un vantaggio economico indebito e a carico del bilancio dello Stato, cioè della collettività. Da ciò la conferma della Cassazione alla posizione difensiva che richiamava l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il reato di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico è fattispecie assorbita dall’articolo 316 ter del Cp. Quindi va esclusa l’imputazione contemporanea di entrambi i reati.
La punibilità
Ma nel caso specifico va, inoltre, rilevato che l’indebita percezione di erogazioni pubbliche è fattispecie che al di sotto della soglia di punibilità di 3.999,96 euro non costituisce reato e rientra appunto nella previsione del comma 2 dell’articolo 316 ter del Cp che fissa solo l’applicazione della corrispondente sanzione amministrativa.
La decisione
Per cui la Cassazione accoglie il ricorso senza rinvio per la condotta della ricorrente che aveva risparmiato meno di 50 euro sul contributo unificato che avrebbe dovuto pagare se avesse dichiarato i suoi redditi reali. Lo accoglie appunto dichiarando che la condotta non costituiva reato e per quanto di dovere ha trasmesso gli atti al prefetto.