Civile

Controversie contratti agrari: il giudice deve verificare le domande proposte nel tentativo di conciliazione

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di Mario Finocchiaro

Il giudice investito di una controversia in materia di contratti agrari, al fine di verificare se la domanda sottoposta al suo esame sia o meno proponibile, ossia di valutare se la parte attrice abbia adempiuto all'onere posto a suo carico dall'art. 46 della legge n. 203 del 1982, deve accertare, prescindendo da ogni altra indagine, che esista non solo perfetta coincidenza soggettiva fra coloro che hanno partecipato al tentativo di conciliazione e quanti hanno assunto, nel successivo giudizio, la qualità di parte, ma anche che le domande formulate dalla parte ricorrente (e da quella resistente in via riconvenzionale) siano le stesse intorno alle quali il tentativo medesimo si è svolto (o si sarebbe dovuto, comunque, svolgere ove avesse avuto luogo). Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 18 giugno 2019 n. 16281.

I precedenti giurisprudenziali - Pressoché negli stessi termini, ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna, Cassazione, sentenza 28 luglio 2005, n. 15802, in Dir. agr., 2006, II, p. 514, con nota di Cimatti I., Sull'ammissibilità del deposito di nuovi documenti in appello.
Non diversamente, Cassazione, sentenze 1° agosto 2001, n. 10497, in Dir. giur. agr., 2001, II, p. 238, con nota di Greca C., Limite alla proponibilità della domanda giudiziale i materia di contratti agrari: il tentativo di conciliazione, 21 ottobre 1997, n. 10322 e 5 giugno 1995, n. 6295, ove la precisazione, altresì, che il giudice deve prescindere totalmente da ogni altra indagine, vuoi in ordine alla fondatezza nel merito della domanda azionata, vuoi quanto alla verifica se la parte che ha promosso il giudizio, o quella nei cui confronti il giudizio è proposto, è la parte titolare del rapporto agrario controverso, vuoi sulla non integrità del contraddittorio, cui deve eventualmente ovviarsi esercitando i poteri di cui all'art. 420, comma 9, Cpc, senza che possa dichiararsi l'improponibilità della domanda perché proposta solo nei confronti di alcuni dei soggetti legittimati, in Dir. giur. agr., 1996, II, p. 376, con nota di Orlando A., Criteri per l'esperimento del tentativo di conciliazione di una controversia agraria.

Sul tentativo di conciliazione - In termini generali, il tentativo di conciliazione di cui all'art. 46 l. 3 maggio 1982 n. 203, va esperito prima della proposizione di una domanda giudiziale attinente a controversia in materia di contratti agrari, in quanto l'istituto è volto a risolvere la controversia e non il singolo processo, Cassazione, sentenza 16 maggio 2011, n. 10724, secondo cui, pertanto, una volta esperito prima della domanda (nella specie, con raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata al soggetto che aveva notificato il precetto di rilascio di immobili oggetto di decreti di trasferimento da procedura fallimentare) e prospettato il vantato diritto di ritenzione del bene, sussiste l'interesse ad agire - per la persistente incertezza sull'azionabilità del citato titolo esecutivo - ed il predetto tentativo vale a rendere procedibile ogni successiva pretesa del debitore di fare valere il diritto alla ritenzione in questione.

Le singole fattispecie previste - Con riferimento a singole fattispecie è stata ritenuta la necessità del tentativo in questione, tra l'altro, con riferimento:
• alla proposizione di una domanda riconvenzionale. La norma - infatti - pone l'onere del preventivo tentativo di conciliazione con riferimento non all'instaurazione del processo ed al soggetto che lo promuove, ma alla domanda da far valere in giudizio, e, quindi, indipendentemente dalla posizione processuale della parte che la formula, sicché trova applicazione anche per la proposizione della domanda riconvenzionale, Cassazione, sentenza5 agosto 1991 n. 8558, in Dir. giur. agr., 1992, p. 32, con nota di Cappiello I., Sulla proponibilità di domanda riconvenzionale nel processo agrario;
• alla eventualità sul fondo oggetto di affitto venga realizzato un edificio di civile abitazione senza il consenso del concedente, risultando in tal caso integrata l'ipotesi di grave inadempimento del conduttore, che giustifica la risoluzione del rapporto agrario, ai sensi dell'art. 5 legge n. 203 del 1982, per violazione dell'obbligo di conservazione e manutenzione del fondo, per far valere la quale va previamente promosso il tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 46 medesima legge, atteso che la particolare procedura prevista dall'art. 50 legge n. 203 del 1982 - in base alla quale, per i terreni soggetti a destinazione diversa da quella agricola in conformità agli strumenti urbanistici vigenti, il proprietario può ottenere il rilascio dell'area necessaria alla realizzazione dell'opera concessa, dei relativi servizi e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria - trova applicazione solamente in caso di domanda di rilascio fondata sulla circostanza che il fondo, per effetto di un vigente strumento urbanistico, perda la sua destinazione agricola, Cassazione, sentenza 9 marzo 2006, n. 5107, in Dir. giur. agr., 2008, p. 48, con nota di Grasso A., L'eterno problema dei miglioramenti fondiari eseguiti inscio o invito domino e della loro indennizzabilità;
• alle controversie in tema di mezzadria, Cassazione, sentenza 9 marzo 2006, n. 5108, ove la precisazione che lo stesso non è soggetto ad alcun termine di decadenza, e la relativa proposizione non rimane preclusa ove il rapporto prosegua di fatto successivamente alla scadenza, giacché tale prosecuzione non determina il venir meno del diritto del concedente di domandare in ogni momento la declaratoria di avvenuta cessazione del contratto associativo (nel caso, dopo quattro mesi dalla data intimata per il rilascio), atteso che i contratti associativi cessano autonomamente - senza che assuma rilievo in contrario la disdetta - allo scadere dei termini di cui all'art. 34 l. n. 203 del 1982, con definitiva caducazione dei rapporti non convertiti all'esito della relativa durata;
• alla domanda riconvenzionale di accertamento che il rapporto corrente tra le parti deve essere inquadrato nella disciplina dei contratti di miglioria soggetti ad affrancazione, anziché in quella dei contratti di affitto di fondo rustico, a prescindere dalla circostanza che, per le controversie nascenti in tema di affrancazione dell'enfiteusi ma anche in tema di contratti di miglioria, l'art. 4 legge n. 607 del 1966 preveda già un tentativo di conciliazione giudiziale analogo a quello di cui all'art. 185 Cpc, trattandosi nell'un caso di lex generalis e nell'altro di lex specialis del tutto compatibile oltre che diversa rispetto alla prima, Cassazione, sentenza 18 ottobre 2001, n. 12756 (non diversamente, Cassazione, sentenze 17 gennaio 2001, n. 593, in Giust. civ., 2001, I, p. 1213 e 10 dicembre 1991, n. 13766, in Dir. giur. agr., 1992, p. 87).
Nel senso che nelle ipotesi di violazione del divieto di subaffitto o di subconcessione di fondo rustico, l'art. 21 legge n. 203 del 1982 accorda al locatore o concedente due azioni distinte: quella della risoluzione del contratto di affitto per inadempimento (costituito dalla violazione del divieto) nei confronti dell'affittuario, prevista dall'art. 5 della legge ma che trova la sua disciplina speciale nello stesso art. 21 e che, pertanto, non deve essere preceduta dalla contestazione di cui al 3° comma dell'art. 5, ma è soggetta al preventivo tentativo di conciliazione ex art. 46 stessa legge ed al termine di decadenza di quattro mesi dalla conoscenza; e quella di dichiarazione di nullità del subaffitto o subconcessione (con conseguente domanda di restituzione del fondo), da proporsi nei confronti del subaffittuario o subconcessionario, anch'essa soggetta al tentativo di conciliazione ed al termine di decadenza di quattro mesi, Cassazione, sez. un, sentenza 13 novembre 1997, n. 11218, in Giust. civ., 1997, I, p. 2984.

I casi "esclusi" - Non sono - peraltro - soggette al tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'art. 46 della legge n. 203 del 1982:
• né le controversie aventi a oggetto i contratti di affitto a conduttore non coltivatore diretto di cui all'art. 22 della stessa legge - che si qualificano tali sulla base del loro oggetto e delle qualità «soggettive» del conduttore, senza che rilevino quelle della parte concedente (che, quindi, può rivestire la qualità di coltivatore diretto, senza che perciò muti la natura del contratto) - né la domanda con la quale l'attore chieda il rilascio di un fondo sostenendo che lo stesso è detenuto dal convenuto senza titolo, Cassazione, sentenza 14 dicembre 2007, n. 26299, in Dir. giur. agr., 2009, p. 35, con nota di Prete F., Ambito di applicazione del tentativo di conciliazione di cui all'art. 46, Legge n. 203/1982;
• la proposizione di una domanda (in materia di contratti agrari) per la quale sia stato già esperito il tentativo di conciliazione, in ciascun successivo processo o giudizio, con la conseguenza che, esperito ritualmente il tentativo de quo ed introdotta la relativa domanda giudiziale, un'eventuale riproposizione della medesima pretesa (senza alcuna rilevante modificazione dei suoi elementi costitutivi: soggetti, petitum, causa petendi) dinanzi ad altro (o allo stesso) giudice non postula la necessità di un nuovo tentativo di conciliazione, Cassazione, sentenze 10 marzo 2005, n. 5322, in Dir. giur. agr., 2005, p. 228 e 21 febbraio 2002, n. 2509;
• la domanda di rilascio di un fondo detenuto dal convenuto in forza di un contratto di comodato scaduto e, di conseguenza, senza titolo, atteso che la stessa non integra una controversia in materia di contratti agrari, Cassazione, sentenza 5 ottobre 1995, n. 10447;
• l'intervento volontario esplicato nel corso di giudizio promosso dal concedente per la risoluzione anticipata di contratto di affittanza, da parte di soggetto che sia familiare coltivatore indicato dal concedente come coadiutore nella diretta conduzione del fondo, perché esso interveniente non ha il potere di evitare la controversia (stipulando una transazione con l'affittuario), Cassazione, sentenza 21 ottobre 1994, n. 8653, in Dir. giur. agr., 1995, p 634 (M. Fin.).

Cassazione - Sezione III civile -Sentenza 18 giugno 2019 n. 16281

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