Penale

Conversazioni in vivavoce registrabili e utilizzabili in giudizio

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 10079 depositata oggi

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di Francesco Machina Grifeo

Non costituiscono intercettazioni le dichiarazioni telefoniche rese in vivavoce di fronte ai carabinieri, nella quali viene ammesso il reato di violenza sessuale ai danni della nipote minorenne, acquisite poi agli atti. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 10079 depositata oggi, dichiarando inammissibile e infondato il ricorso di un uomo condannato dalla Corte di appello di Brescia.

Le intercettazioni regolate dagli articoli 266 e segg. cod. proc. pen., spiega la decisione, consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee alla scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato.

Ne consegue che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’articolo 234 cod. proc. pen., salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa.

Nel medesimo senso, ricorda la Cassazione, si è chiarito che la trascrizione della conversazione intercorsa tra la vittima e l’autore di condotte estorsive ed usurarie, portata a conoscenza delle forze dell’ordine per iniziativa della stessa persona offesa mediante l’inoltro della chiamata in corso sull’utenza della polizia, che provveda immediatamente alla sua registrazione tramite l’applicazione call recorder, costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, utilizzabile in dibattimento quale prova documentale, ai sensi dell’articolo 234 cod. proc. pen.

Principi, conclude la Corte, che trovano applicazione nel caso specifico in cui la conversazione si è tenuta in vivavoce.

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