Amministrativo

Corpo forestale, legittimo il passaggio all'Arma dei carabinieri

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di Andrea Alberto Moramarco

La scelta legislativa di procedere alla soppressione del Corpo forestale dello Stato e all'assorbimento del personale nell'Arma dei carabinieri è del tutto legittima e proporzionata, in quanto la dislocazione sul territorio degli uffici e delle stazioni forestali è sostanzialmente simile a quelle dell'Arma dei carabinieri, mentre sotto l'aspetto funzionale sussiste una certa affinità nelle funzioni svolte nei settori della sicurezza in materia ambientale e agroalimentare. Ad affermarlo è la Corte costituzionale con la sentenza n. 170/2019, depositata ieri, che di fatto salva la riforma compiuta dalla "Legge Madia" dai dubbi di legittimità costituzionale sollevati da diversi giudici. Per la Consulta, infatti, la struttura complessiva del riordino «realizza un bilanciamento non implausibile tra l'esigenza di rendere più efficiente la tutela ambientale, quella di salvaguardare le posizioni lavorative del personale proveniente dal disciolto Corpo forestale e quella di migliorare l'utilizzazione delle risorse economiche disponibili».

Il giudizio di legittimità costituzionale - A rivolgersi per primo alla Consulta era il Tar Abruzzo - sezione distaccata di Pescara nel 2017, seguito l'anno successivo dal Tar Veneto e dal Tar Molise. I giudici amministrativi regionali, facendo leva su differenti parametri costituzionali, dubitavano sostanzialmente della legittimità della soppressione del Corpo forestale dello Stato, nonché del conseguente assorbimento del suo personale nell'Arma dei carabinieri, disposti rispettivamente dall'articolo 8 comma 1 lettera a) della legge n. 124/2015, (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche - c.d. "Legge Madia",), nonché dagli articoli da 7 a 19 del Dlgs n. 177/2016 (Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato).
Secondo i giudici dei Tar, fondamentalmente, la previsione dell'assorbimento del Corpo forestale in altra forza di polizia a ordinamento militare configurerebbe un eccesso di delega da parte del Governo. Tale drastica opzione avrebbe, infatti, richiesto dei «principi e criteri direttivi inequivoci», ponendosi altresì «in contrasto rispetto alle linee evolutive dell'ordinamento». Inoltre, secondo i rimettenti, il passaggio all'Arma dei carabinieri lederebbe la salvaguardia dell'ambiente in termini di funzionalità; sacrificherebbe «alle esigenze di finanza pubblica il nucleo incomprimibile della tutela ambientale»; rappresenterebbe una lesione dei diritti del personale forestale, di fatto costretto ad assumere lo status di militare in maniera non del tutto volontaria.

La ratio della riforma - La Corte costituzionale con una lunga e articolata sentenza, tuttavia, confuta ogni dubbio su tutte le censure sollevate e di fatto salva la scelta legislativa relativa alla soppressione e riorganizzazione del Corpo forestale. In particolare, quanto alle ragioni di finanza pubblica e tutela ambientale, i giudici delle leggi spiegano che l'obiettivo della soppressione e del conseguente accorpamento sta nella «ricerca della migliore utilizzazione delle risorse in una prospettiva di continuità, senza, cioè, disperdere professionalità e assetti territoriali, bensì inquadrandoli in un contesto maggiormente funzionale». Più specificamente, raccordando esigenze di spesa e obiettivi di tutela, per la Consulta «la salvaguardia dell'ambiente è strettamente collegata al corretto impiego delle risorse disponibili, la cui proficua utilizzazione costituisce proprio l'obiettivo del legislatore».

Il transito nell'Arma dei carabinieri - Ciò posto, procedendo più nel dettaglio, per la Consulta la volontà del legislatore delegante di consentire la soluzione del passaggio all'Arma dei carabinieri non configura un eccesso di delega. Tale scelta va letta nel contesto più generale della riorganizzazione disposta dalla "Legge Madia" e si desume chiaramente dai lavori preparatori della legge delega, che individuano nella forza militare l'opzione più valida, anche in considerazione della «solida coincidenza tra la diffusione capillare sul territorio nazionale delle stazioni dell'Arma dei carabinieri e di quelle del Corpo forestale». A ciò deve aggiungersi, sul piano funzionale e operativo, la coincidenza di obiettivi di tutela, in primis ambientale e agroalimentare, perseguiti da specifici reparti specializzati dell'Arma, che corrobora così la bontà della scelta.
Inoltre, secondo i giudici delle leggi, l'opzione del passaggio nell'Arma dei carabinieri non pregiudica affatto i diritti del personale forestale, in quanto i lavoratori son sì invitati ma non costretti a diventare militari. Difatti, in caso di rifiuto e di successivo mancato assorbimento in altre forze di polizia, rimane la facoltà per costoro di richiedere il passaggio ad altra amministrazione statale, con privatizzazione in tal caso del rapporto di lavoro, ovvero, in mancanza, di richiedere il collocamento in disponibilità, senza che ciò comporti un trattamento deteriore. Secondo la Consulta tale disciplina non costituisce alcun vulnus all'autodeterminazione del lavoratore, ma rappresenta un ottimo bilanciamento tra l'esigenza di «mantenere il livello di presidio ambientale, nonché l'efficienza e il buon andamento» dell'azione e quella di «salvaguardare le posizioni lavorative del personale proveniente dal disciolto Corpo forestale».
In definitiva, chiosa la Corte costituzionale, la riforma «appare caratterizzata da una coerenza interna e da non implausibili soluzioni di bilanciamento dei valori in gioco, così da superare tutte le doglianze di illegittimità costituzionale formulate dai giudici rimettenti».

Corte costituzionale – Sentenza 10 luglio 2019 n. 170

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