Corte dei conti: il processo civile telematico non basta a tagliare i tempi, servono procedure Adr
Il giudice contabile, Delibera n. 53/2022/G, fa il punto su "Obiettivi di efficientamento e risultati conseguiti dall'introduzione del processo civile telematico" per il quinquennio 2016-2020
"Il rispetto del principio della ragionevole durata dei processi appare ottenibile solo in parte con la digitalizzazione dei processi poiché più concretamente perseguibile soprattutto mediante l'introduzione di adeguate procedure deflattive in termini di risoluzione extragiudiziale delle controversie". Lo scrive la Corte dei conti in un passaggio chiave della relazione che la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato ha pubblicato in tema di "Obiettivi di efficientamento e risultati conseguiti dall'introduzione del processo civile telematico", riferita al quinquennio 2016-2020.
La Delibera n. 53/2022/G pur dando atto delle importanti novità introdotte dal PNRR relative all'ufficio per il processo e alle applicazioni sperimentali di intelligenza artificiale nei giudizi, sottolinea che la digitalizzazione dei processi costituisce un percorso lungo e laborioso, come testimoniano le numerose raccomandazioni UE sulla riduzione dei tempi della giustizia italiana. Mentre "l'emergenza sanitaria ha costituito una criticità che ha imposto, più che un rallentamento, un forte impulso alle attività di digitalizzazione dei servizi giudiziari".
Vi è tuttavia la necessità di un potenziamento tecnologico e delle crazione di una rete proprietaria per garantire la sicurezza. Mentre vanno superate le forti differenze geografiche ancora presenti con un nord-ovest "europeo" e il resto del Paese in affanno. Avanti con cautela sulla intelligenza artificiale: il processo decisionale va sempre lasciato all'uomo.
Giudizio positivo sulla riforma Cartabia: "il Dgs n. 150/2022 – afferma il giudice contabile -, ha offerto un ulteriore stimolo in termini di efficientamento del processo civile e di completa realizzazione del PCT, anche alla luce della definitiva e capillare diffusione presso gli uffici dei Giudici di Pace tuttora in itinere".
Si è trattato di un processo "lungo e laborioso", spiega la Corte, che si è scontrato anche con "criticità c.d. esogene in quanto caratterizzanti non tanto l'amministrazione di riferimento, quanto l'intero processo di digitalizzazione in atto, in ambito sia pubblico che privato, e che finiscono per collocare il sistema paese agli ultimi posti in Europa". Tuttavia, ammette la Corte, il processo telematico "è ormai una solida e compiuta realtà in ambito civile", mentre "appare ancora in ritardo la definitiva implementazione e diffusione di quello penale (PPT)". In termini quantitativi si è rilevato come nel 2014 gli atti depositati digitalmente dagli avvocati ammontassero a circa 1 mln. a fronte dei 16 mln. del 2021.
Si tratta tuttavia di un sistema "soggetto a costanti aggiornamenti, interventi di reingegnerizzazione e cospicui investimenti per infrastrutture, progettazioni e formazione". È, infatti, emerso con chiarezza come la digitalizzazione del processo richieda "investimenti significativi in termini sia di hardware che di software; la realizzazione delle infrastrutture dedicate, la progettazione, i continui aggiornamenti, la manutenzione e, non ultima, la formazione richiedono la disponibilità di risorse adeguate alla complessità del sistema e di carattere non estemporaneo in quanto inserite in un più ampio quadro di programmazione".
Se però guardiamo ai numeri del processo telematico essi appaiono "imponenti": al 31 dicembre 2020, possono essere così riassunti: circa 1,2 milioni i professionisti attivi nel telematico (avvocati, consulenti, periti, ecc.); oltre 5 6 milioni gli atti telematici depositati dagli avvocati e da altri professionisti nel processo telematico civile (PCT) dal primo luglio 2014 al 31 dicembre 2020; oltre 34 milioni i provvedimenti nativi digitali nel processo telematico civile (PCT) dal primo luglio 2014 al 31 dicembre 2020; 125 milioni circa sono le comunicazioni e notifiche telematiche civili eseguite nel medesimo periodo dalle cancellerie.
Inoltre, la digitalizzazione dei fascicoli giudiziari "oggi è ulteriormente supportata anche dai fondi del PNRR (133.203.200,00 di euro, nell'ambito della Missione 1 - Componente 1 - Asse 1) con l'obiettivo, fra gli altri, di digitalizzare 10.000.000 di fascicoli relativi ai 10 anni precedenti il 2026".
Veniamo alle note dolenti. "Rilevanti criticità – scrive la Corte - sono emerse in punto di valutazione della performance solo ove si considerino le assai ridotte capacità operative dell'Organismo Interno di Valutazione (OIV)". In quanto gli indicatori selezionati "consentono una misurazione solo parziale", in particolare "non forniscono alcuna indicazione circa gli effetti che il PCT e le altre innovazioni programmate avrebbero dovuto realizzare". Non solo, considerato che tutti gli indicatori hanno, con la sola eccezione del 2019, un valore consuntivo corrispondente esattamente al target prefissato, ciò fa presumere che il valore degli indicatori proposti "sia stato stimato piuttosto che puntualmente rilevato nell'ambito di sistemi informativi, tanto in fase di programmazione quanto in fase di rendicontazione".
Un ulteriore ambito che risulta difficile valutare è quello dell'efficienza intesa come rapporto tra risorse impegnate e risultati conseguiti: "è possibile ricostruire, anche qui parzialmente, l'ammontare delle risorse finanziarie impiegate; mentre il livello degli output generati non risulta sistematicamente rilevato".
Un terzo ambito di performance trascurato nella rendicontazione è quello relativo al livello di soddisfazione dell'utenza, tanto interna quanto esterna.
L'attuale rete digitale, poi, richiede "un urgente potenziamento poiché il contratto tutt'ora in opera non è in grado di garantire né un'adeguata ampiezza di banda, né la necessaria sicurezza". "È, altresì, indispensabile la realizzazione di una Rete proprietaria del Ministero della giustizia sul modello di quella in possesso dell'Arma dei Carabinieri, del Ministero dell'interno e della Guardia di Finanza".
Non più rinviabile, si legge ancora nella Relazione, "una revisione della componente organizzativa alla luce delle differenze geografiche di performance che risulterebbero confermate sul territorio, con un nord-ovest italiano che, dal punto di vista della giurisdizione civile, rappresenta un'area in cui un'impresa, italiana o straniera, può operare alle stesse condizioni delle grandi città europee comparabili".
Infine, sulla IA. "L'uso di applicazioni di intelligenza artificiale può offrire numerosi vantaggi, quali l'utilizzo delle informazioni in modi nuovi e altamente efficienti, nonché il miglioramento dell'accesso alla giustizia ove in grado di incidere anche sulla durata dei procedimenti giudiziari. Allo stesso tempo il potenziale di opacità o distorsioni insita in alcune applicazioni di IA può altresì determinare rischi e sfide per il rispetto e l'applicazione efficace dei diritti fondamentali nonché, in particolare, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale. In ogni caso il processo decisionale finale deve necessariamente rimanere un'attività e una decisione esclusivamente umana".
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di Giorgio Spangher - Professore emerito di Diritto e procedura penale presso La Sapienza Università di Roma