Penale

Covid-19, sulla legittimità della sospensione della prescrizione parola alla Consulta

Il 18 novembre la Corte costituzionale giudicherà la legittimità del modello emergenziale adottato anche dal recentissimo Dl 149/2020

immagine non disponibile

di Francesco Machina Grifeo

Mentre il Governo con il Dl Ristori bis (pubblicato sulla G.U. del 9 novembre), per fronteggiare la pandemia, ricorre nuovamente ad una moratoria della prescrizione, la Consulta si appresta a decidere sulla compatibilità della sospensione del decorso dei termini prescrizionali con il principio della irretroattività delle norme penali più sfavorevoli.

Il 18 novembre infatti la Corte costituzionale discuterà tre ordinanze di rimessione – dei Tribunali di Siena, Spoleto e Roma – che pongono la questione dell'applicabilità anche ai reati commessi prima del 9 marzo della sospensione della prescrizione disposta fino all'11 maggio 2020. La norma, prevista in prima battuta dal Dl "Cura Italia", il n. 18/2020 (e ritenuta costituzionalmente legittima dalla Cassazione, sentenza n. 25222/2020), venne disposta come conseguenza del rinvio d'ufficio dei procedimenti penali e della sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto stabiliti nello stesso arco di tempo.

La decisione della Corte servirà dunque a comprendere se il modello, seguito anche dal recentissimo Dl 149/2020, che aggancia alla sospensione dei processi per l'emergenza Covid anche la sospensione del decorso della prescrizione abbia o meno una tenuta costituzionale.

Ne dubita il Tribunale di Siena che riagganciandosi alla giurisprudenza di legittimità, e costituzionale, secondo cui la prescrizione ha natura "sostanziale" paventa una possibile violazione del principio di legalità espresso dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione. Secondo il rimettente infatti il divieto di applicazione retroattiva delle modifiche in senso sfavorevole al reo varrebbe anche per le regole concernenti la sospensione e l'interruzione del termine di prescrizione. In questo senso la disposizione censurata (comma 4 dell'articolo 83 del Dl n. 18 del 2020), concernendo condotte anteriori alla sua entrata in vigore, "avrebbe determinato un aggravamento del regime di punibilità, consistente nel prolungamento, pari sessantatré giorni, del tempo necessario a prescrivere, e ciò in contrasto con il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole".

Anche il Tribunale di Spoleto solleva (in riferimento agli artt. 25, co. 2, e 117, co. 1, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 7 della CEDU) questione di legittimità costituzionale dell'articolo 83, co. 4, del Dl n. 18 del 2020 (come modificato dall'art. 36 del Dl n. 23 del 2020), nella parte in cui prevede che il periodo di sospensione della prescrizione si applica anche a fatti di reato commessi anteriormente alla sua entrata in vigore. In particolare, pone l'accento sulla rilevanza costituzionale del diritto all'oblio da cui deriverebbe la necessità che lo Stato persegua e punisca reati entro tempi certi e predefiniti, non modificabili ad libitum.

Sulla stessa linea, infine, il Tribunale di Roma che muove dall'assunto che la prescrizione deve essere considerata un istituto di diritto penale sostanziale e che quindi le modifiche della sua disciplina sono assoggettate alle regole della successione delle leggi penali nel tempo e ai principi della irretroattività delle disposizioni sfavorevoli al reo e della retroattività delle disposizioni favorevoli. Mentre l'articolo 36 del Dl n. 23 del 2020 è censurato nella parte in cui dispone la proroga all'11 maggio dei termini posti dal Dl n. 18 del 2020.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©