Crisi d'impresa, in vigore le novità introdotte dalla legge n. 159/2020
Dal 4 dicembre 2020 sono in vigore nuove disposizioni in tema di disciplina dei crediti tributari e contributivi nell'ambito delle procedure di gestione della crisi d'impresa finalizzate ad agevolarne la composizione
Nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 3 dicembre 2020 è stata pubblicata la legge 27 novembre 2020, n. 159, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante "Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020".
In sede di conversione il legislatore ha inserito, nel testo dell'articolo 3 del decreto, due ulteriori commi: il comma 1-bis, mediante il quale sono state apportate varie modifiche all'articolato del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, consistenti nell'introduzione di disposizioni di contenuto analogo a quelle degli articoli 48 ("Omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti"), 63 ("Transazione e accordi su crediti contributivi") e 88 ("Trattamento dei crediti tributari e contributivi") del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 ("Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155"), articoli dei quali è stata de facto anticipata la relativa applicazione rispetto alla data di entrata in vigore (id est, 1 settembre 2021); il comma 1-ter, ai sensi del quale dal 4 dicembre 2020 (id est, data di entrata in vigore della legge n. 159 del 2020) «cessa di avere applicazione il provvedimento adottato ai sensi dell'articolo 32, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2» (il riferimento è al decreto interministeriale del 4 agosto 2009, avente a oggetto "Modalità di applicazione, criteri e condizioni di accettazione da parte degli enti previdenziali degli accordi sui crediti contributivi").
Le modifiche introdotte mediante il comma 1-bis riguardano, in particolare, le procedure di regolazione concorsuale della crisi d'impresa su iniziativa del debitore (id est, concordato preventivo e accordo di ristrutturazione dei debiti) e sono volte ad agevolare l'ottenimento del consenso dei creditori nell'ipotesi in cui tra essi figurino l'amministrazione finanziaria o gli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie: l'inerzia, rectius il mancato voto di tali soggetti ovvero la loro non adesione espressa non è più, nell'ipotesi in cui il relativo consenso sia decisivo per il raggiungimento delle maggioranze o percentuali fissate ex lege, condizionante al fine dell'omologazione della procedura da parte del tribunale.
Per quanto attiene all'istituto del concordato preventivo, trattasi di procedura ontologicamente tendente alla risoluzione della crisi di impresa (cfr. Cass. civ., Sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4329), la quale consente all'imprenditore di evitare, mediante la regolazione concertata dei rapporti con i creditori, che lo stato di crisi evolva in fallimento (cfr. Cass. civ., Sez. I, 30 settembre 2005, n. 19210).
L'omologazione del concordato preventivo, previa ammissione della relativa procedura, presuppone l'intervenuta approvazione, da parte del ceto creditorio, della proposta formulata dal debitore.
Il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato nell'ipotesi di raggiungimento della maggioranza nel maggior numero di classi.
I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, per i quali sia previsto nella proposta di concordato l'integrale soddisfacimento, hanno diritto al voto solo previa rinuncia, totale o parziale, al diritto di prelazione.
Con riferimento all'istituto del concordato preventivo la legge n. 159 del 2020 ha inserito, nella parte finale del quarto comma dell'articolo 180 (rubricato "Giudizio di omologazione") del regio decreto n. 267 del 1942, il seguente periodo: «Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria».
La novità attiene alla valenza del contegno (negativo) dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie: il mancato voto o la mancata adesione di tali soggetti, ove determinante al fine del raggiungimento della maggioranza necessaria, ai sensi dell'articolo 177 del regio decreto n. 267 del 1942, al fine dell'approvazione del concordato, impone al tribunale di procedere ugualmente all'omologazione a condizione che il professionista attestatore, tenuto, ai sensi del terzo comma dell'articolo 161 del regio decreto n. 267 del 1942, ad asseverare «la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo», abbia fatto esplicito riferimento alla sussistenza e qualità dei debiti tributari e contributivi e attestato la convenienza della proposta di soddisfacimento dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie rispetto all'alternativa liquidatoria fallimentare.
Le ulteriori modifiche introdotte dalla legge n. 159 del 2020 riguardano l'istituto dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.
Elementi caratteristici di tale istituto sono la necessità che l'accordo sia raggiunto con una maggioranza qualificata di creditori (pari al sessanta per cento), l'obbligatorietà della pubblicazione nel registro delle imprese e la sottoposizione al previo controllo omologatorio da parte del tribunale.
Per quanto attiene al contenuto dell'accordo di ristrutturazione l'articolo 182-bis del regio decreto n. 267 del 1942 non reca alcuna specifica disposizione: l'imprenditore è, quindi, libero di condurre le trattative su base individuale, concordando con ciascun creditore condizioni ‘personalizzate', anche non conformi al principio della par condicio creditorum; l'imprenditore è, altresì, libero di pattuire con i creditori aderenti le modalità più opportune per procedere alla ristrutturazione dei debiti (pagamento in percentuale, dilazione o rateizzazione del pagamento, concessione di garanzie, ecc.).
Con riferimento all'istituto dell'accordo di ristrutturazione dei debiti la legge n. 159 del 2020 ha aggiunto, nella parte finale del quarto comma dell'articolo 182-bis (rubricato "Accordi di ristrutturazione dei debiti") del regio decreto n. 267 del 1942, il seguente periodo: «Il tribunale omologa l'accordo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria».
La novità attiene alla valenza del contegno (negativo) dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie: il mancato voto o la mancata adesione di tali soggetti, in caso di decisività di essa al fine del raggiungimento della percentuale di adesione necessaria, ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto n. 267 del 1942, al fine dell'omologazione dell'accordo, impone al tribunale di procedere ugualmente all'omologazione a condizione che la relazione del professionista attestatore, vertente «sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso», inerisca anche alla convenienza della proposta di soddisfacimento dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie rispetto all'alternativa liquidatoria fallimentare.
Con riferimento al trattamento dei crediti tributari e contributivi la legge n. 159 del 2020 ha modificato l'articolo 182-ter (rubricato "Trattamento dei crediti tributari e contributivi") del regio decreto n. 267 del 1942.
La prima novità attiene al piano di cui all'articolo 160 del regio decreto n. 267 del 1942 che il debitore è tenuto a predisporre ove intenda ottenere l'ammissione al concordato preventivo: nella categoria dei crediti tributari e contributivi aventi natura chirografaria e suscettibili di stralcio sono stati inclusi anche quelli divenuti tali «a seguito di degradazione per incapienza», ovvero i crediti garantiti da privilegio su beni insufficienti a soddisfare integralmente il credito garantito, rispetto ai quali la parte incapiente degrada al chirografo ed è, conseguentemente, suscettibile di essere stralciata.
La novità relativa al trattamento dei crediti tributari e contributivi è stata estesa anche alla fase delle trattative che precedono l'accordo di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis del regio decreto n. 267 del 1942: «l'attestazione del professionista, relativamente ai crediti tributari o contributivi, e relativi accessori, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale».
Con specifico riferimento ai crediti relativi a contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie «copia della proposta e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata all'ufficio competente sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore».
Per quanto attiene al profilo dell'operatività delle novità introdotte dalla legge n. 159 del 2020 in termini di applicabilità o meno alle procedure già pendenti il legislatore non ha introdotto alcuna norma transitoria.
La questione dell'operatività è - astrattamente - suscettibile di soluzione sulla base della natura giuridica (sostanziale o processuale) delle norme modificative, natura dalla quale dipende l'applicazione del criterio della successione delle leggi nel tempo: la norma avente carattere sostanziale non è applicabile alle fattispecie già pendenti mentre la norma avente carattere processuale è, in forza del principio tempus regit actum, immediatamente operativa rispetto a tutte le fattispecie vigenti.
Ciò posto, volendo stabilire se le norme che disciplinano il procedimento concorsuale (quali quelle afferenti all'espressione e al conteggio del voto e alle maggioranze o percentuali richieste al fine dell'approvazione) abbiano natura sostanziale o processuale, un utile criterio interpretativo è rinvenibile nella sentenza n. 13165 del 24 giugno 2016, mediante la quale i Giudici della Prima Sezione civile della Corte di cassazione, chiamati a interpretare la norma transitoria posta dal decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169 (ai sensi della quale le novità normative si applicavano alle «procedure concorsuali aperte successivamente alla sua entrata in vigore»), hanno previamente proceduto alla delimitazione dell'ambito dell'espressione «procedura concorsuale», circoscrivendolo, «sul piano processuale, ai soli procedimenti interni che tipicamente si innestano nel corso delle stesse (quali ad es., quello per l'accertamento del passivo)» ed escludendo da esso «le controversie che, pur originando dal fallimento, non sono regolate dalla legge speciale se non per quanto riguarda l'esclusiva competenza a conoscerle del tribunale che ha emesso la sentenza dichiarativa» (quali, a titolo esemplificativo, le azioni del curatore contro i terzi).
Quanto statuito dai Supremi Giudici è ragionevolmente invocabile a supporto della conclusione secondo la quale le norme disciplinanti le procedure concorsuali introdotte dalla legge n. 159 del 2020 hanno natura procedimentale e, come tali, sono rette dal principio tempus regit actum.
Tale conclusione troverebbe indiretta conferma nella premessa della medesima legge n. 159 del 2020, nella quale il legislatore ha giustificato le novità introdotte «in considerazione della situazione di crisi economica per le imprese determinata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19».
Diversamente opinando si perverrebbe al paradossale risultato dell'esclusione dall'ambito di operatività delle modifiche apportate dalla legge n. 159 del 2020 proprio delle imprese che siano state costrette a ricorrere - a causa dell'attuale (e perdurante) stato di emergenza sanitaria ma in data antecedente al 4 dicembre 2020 - alle procedure di gestione della crisi d'impresa (quali il concordato preventivo e l'accordo di ristrutturazione dei debiti).
La conclusione proposta - nel senso dell'applicabilità della novella anche alle procedure pendenti - potrebbe, tuttavia, risultare nella pratica inattuabile con specifico riferimento a un adempimento, quale l'attestazione del professionista, collocato, da un punto di vista meramente cronologico, in corrispondenza del momento iniziale dell'iniziativa processuale.