Casi pratici

Criteri legali di ripartizione delle spese

L'art. 1123 c.c., dettato per la ripartizione delle spese in ambito condominiale

di Lina Avigliano

LA QUESTIONE

I criteri legali di ripartizione delle spese condominiali sono derogabili dall'assemblea? Le spese per l'impermeabilizzazione del lastrico solare di proprietà esclusiva di uno dei condomini competono anche al condominio?


L'art. 1123 c.c., dettato per la ripartizione delle spese in ambito condominiale, prevede tre criteri: quello della proporzionalità, quello relativo all'uso e, infine, quello relativo alla destinazione del bene.


Criterio della proporzionalità
Il primo è di carattere generale e prevede che ciascun condomino contribuisca, in misura proporzionale al valore della sua proprietà, alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate a maggioranza (art. 1123, primo comma, c.c.).
La ripartizione delle spese viene quantitativamente determinata in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno cioè in proporzione ai cosiddetti millesimi di proprietà.
L'art.68 disp. att. c.c.stabilisce che, ove non precisato dal titolo ai sensi dell'art. 1118, per gli effetti indicati dagli articoli aventi a oggetto la ripartizione delle spese (artt.1123, 1124 e 1126 c.c.) e il funzionamento dell'assemblea anche ai fini delle maggioranze, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.
Le tabelle millesimali esprimono il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare ragguagliato a quello dell'intero edificio e la primaria funzione riconosciuta alle stesse è quella di consentire il riparto proporzionale delle spese per la conservazione e il godimento delle cose comuni, come si evince dal richiamo e dal rinvio all'art. 1123 c.c. contenuto nell'art. 68 disp. att. c.c.
Le tabelle hanno natura valutativa e non attributiva della proprietà, la loro funzione è quella di determinare il valore delle singole unità immobiliari e di conseguenza il valore delle singole quote di comproprietà sulle parti comuni dell'intero edificio ai fini della ripartizione delle spese e della formazione della volontà dell'organo assembleare ma non incidono sui diritti reali spettanti a ciascun condomino.
Tale valore è dato da diverse variabili ovvero, a esempio, da: piano, esposizione alla luce, presenza o meno dell'ascensore, affaccio sulla strada o meno, etc.; non si tiene invece conto nell'accertamento dei valori del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare.
La legge di riforma del condominio 11 dicembre 2012, n. 220 è intervenuta in materia di rettifica e modifica della tabella millesimale esistente per la ripartizione delle spese, redatta in applicazione dei criteri legali o convenzionali, prevedendo che i valori espressi nella tabella, a prescindere dalla relativa natura e dalla circostanza che siano allegate o meno a un regolamento, possono essere rettificati o modificati solo all'unanimità, salvo ricorrano le ipotesi (errore e sopraelevazioni) espressamente previsti dall'art. 69 disp. att. c.c. nel qual caso la rettifica o modifica può essere deliberata dall'assemblea con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
Il nuovo testo dell'art. 69 disp. att. c.c. prevede anche che ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell'amministratore il quale è tenuto a darne, senza indugio, notizia all'assemblea dei condomini. Ove l'amministratore non adempia a quest'obbligo può essere revocato e tenuto al risarcimento degli eventuali danni (art. 69, comma 2, disp. att. c.c.).
In ordine agli oneri condominiali deve porsi la distinzione tra le spese che sono necessarie per la conservazione dell'immobile (tutte quelle necessarie al mantenimento in buono stato delle parti comuni dell'edificio condominiale) e le spese funzionali al godimento dello stesso, in quanto ciascun tipo di dette spese ha una diversa funzione ed esigenza.
In particolare i contributi necessari per la conservazione del bene condominiale sono dovuti in ragione dell'appartenenza e si dividono in proporzione alle quote, a prescindere dal vantaggio soggettivo connesso alla destinazione della parte comune alle esigenze di singoli piani o porzioni di essi, in quanto necessarie a custodire e preservare il bene comune in modo duraturo senza che si deteriori.
Le spese di uso traggono invece origine dal godimento soggettivo e personale, ripartendosi in proporzione alla concreta misura di esso, indipendentemente dalla misura dell'appartenenza, riguardando l'utilitas che la res comune offre in concreto.
L'art. 1123 c.c. si riferisce sia alle spese di conservazione (ossia di rifacimento) sia alle spese di godimento (utilizzazione, riparazione ordinaria) delle parti comuni e il secondo e terzo comma della norma suddetta dispongono il diverso modo di ripartizione delle spese sia di conservazione che di godimento delle parti comuni in relazione alla diversa utilizzazione delle stesse da parte dei condomini.


Ripartizione in base all'uso
L'art. 1123, secondo comma, nello stabilire, in deroga al primo comma, la ripartizione fra i condomini delle spese inerenti la conservazione e il godimento della cosa comune non in base al valore della proprietà di ciascuno ma all'uso che ciascun condomino può fare della stessa cosa, riguarda l'ipotesi in cui la cosa comune sia oggettivamente destinata a permettere ai singoli condomini di goderne in misura diversa rispetto al loro diritto di comproprietà sulle parti comuni.
L'uso di cui parla il legislatore all'art. 1123, comma secondo, c.c. non è certo quello personale e soggettivo del singolo condomino in relazione al suo stile di vita, bensì quello riferito a una maggiore o minore possibilità di fruizione del bene comune per ragioni strutturali dello stabile condominiale indipendenti dalla volontà del soggetto. Deve aversi riguardo, inoltre, non al godimento effettivo bensì al godimento potenziale che il condomino può ricavare dalla cosa comune e la circostanza che il singolo condomino, potendo usufruire della "parte comune" dell'edificio, di fatto non la utilizzi non lo esonera dall'obbligazione di pagamento delle spese necessarie per la sua conservazione in quanto detta obbligazione trova la sua fonte nel diritto di comproprietà sulla parte comune e dal momento che l'obbligazione di ciascun condomino di contribuire alle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni dell'edificio è detta propter rem, proprio perché è strettamente connessa con la contitolarità del diritto di proprietà che i partecipanti alla comunione hanno su di esse (Cass. 6 dicembre 1991, n. 13160).
Sul principio di proporzionalità fra spese e uso, ai sensi del secondo comma dell'art. 1123 c.c., la Suprema Corte ha precisato che il godimento delle parti comuni dell'edificio sono ripartite, qualora si tratti di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, in proporzione dell'uso che ciascuno può farne, e che ove la possibilità dell'uso sia esclusa, va escluso anche l'onere del condomino stesso di contribuire alle spese di gestione del relativo servizio (Cass. 29 aprile 1992, n. 5179).
Alcune norme del codice civile dettate in materia di condominio specificano il principio contenuto nel secondo comma dell'art. 1123 con riferimento a singoli beni. In particolare l'art. 1124 c.c. stabilisce che le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono e la spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra metà esclusivamente in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo.
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.


Criterio della destinazione esclusiva del bene
Se le parti, i servizi e gli impianti sono destinati a servire solo una parte del fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo dei condomini che ne trae utilità (art. 1123, comma terzo, c.c.). In assonanza con il criterio del secondo comma è previsto che quando l'edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire solo una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico solo del gruppo dei condomini che ne trae utilità.
L'art. 1123, ultimo comma, c.c., sul presupposto di tale comunione disciplina soltanto la ripartizione delle spese per la conservazione e il godimento di esse, ispirandosi al criterio della utilità che ciascun condomino o gruppo di condomini ne trae.
Tale interpretazione non è contraddetta dal diverso e generale criterio indicato in materia di comunione dall'art. 1101 c.c. in base al quale le spese devono gravare su tutti i partecipanti in eguale misura, o in proporzione del valore delle quote di ciascuno, nel caso in cui risulti una diversa entità delle quote, avendo la Corte di Cassazione ripetutamente chiarito come la norma dell'art. 1123 c.c. debba considerarsi speciale rispetto a quella dell'art. 1101 c.c. perché ispirata dalla esigenza di una disciplina che meglio si adatti alle specifiche caratteristiche del condominio negli edifici, ove le parti comuni hanno una precisa funzione strumentale rispetto alle parti in proprietà esclusiva dei singoli condomini, delle quali esse sono a servizio, consentendone l'esistenza e l'uso (Cass. 13 luglio 1996, n. 6359).


Deroga convenzionale
I criteri di ripartizione delle spese condominiali stabiliti dall'art. 1123 c.c. possono essere derogati, secondo quanto prescrive espressamente l'indicata norma, soltanto da una convenzione sottoscritta da tutti i condomini interessati.
Lo stesso art. 1123 c.c. fa riferimento alla "convenzione" che prevale sulla stessa regola della divisione tra i condomini delle spese «in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno» posta dalla norma, ponendo per l'appunto il principio della prevalenza del regolamento condominiale contrattuale. È stato precisato dalla giurisprudenza che il consenso a tale deroga può essere manifestato anche per facta concludentia ovvero attraverso comportamenti concludenti e reiterati nel tempo dai quali sia possibile riscontrare la volontà inequivoca di adottare differenti criteri di riparto delle spese condominiali (Cass. 15 ottobre 2004, n. 20318; Cass. 25 ottobre 1995, n. 11078; Cass. 16 luglio 1991, n. 7884).
E invero è stato ritenuto che la disciplina della ripartizione delle spese condominiali contenuta in un regolamento di natura contrattuale può essere innovata, in base al principio dell'autonomia contrattuale enunciato dall'art. 1322 c.c., da una nuova convenzione, la quale, non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta ai sensi dell'art. 1350 c.c., ma richiede il consenso di tutti i condomini, che può essere espresso anche per facta concludentia, dovendo, però, in ogni caso la manifestazione tacita di volontà rapportarsi a un comportamento univoco e concludente, dal quale possa desumersi, per il comune modo di intendere, un determinato volere con un preciso contenuto sostanziale.
Quanto al comportamento idoneo a costituire manifestazione tacita di volontà di deroga al criterio legale, la Suprema Corte ha stabilito che «la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese straordinarie secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o l'acquiescenza alla concreta applicazione di queste delibere, può assumere il valore di unico comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica delle tabelle millesimali da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dar luogo, quindi, per facta concludentia, a una convenzione modificatrice della disciplina sulla ripartizione delle spese condominiali che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta ma solo il consenso, anche tacito o per facta concludentia, purché inequivoco, di tutti i condomini» (Cass. 17 maggio 1994, n. 4814).
In tale prospettiva è considerata legittima non solo una convenzione che ripartisca le spese tra i condomini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l'esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall'obbligo di partecipare alle spese medesime (Cass. 25 marzo 2004, n. 5975).


Deroga assembleare
Ai fini della modifica dei criteri legali di ripartizione delle spese impartiti dall'art. 1123 c.c. occorre il consenso di tutti i condomini espresso da una convenzione sottoscritta da tutti o da una deliberazione assembleare, purché adottata con il consenso unanime, con cui i condomini abbiano manifestato l'espressa volontà di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso. I criteri di ripartizione delle spese ex art. 1123 c.c. sono dispositivi e l'unanimità dei condomini può modificarli in quanto la stessa norma con la previsione «salvo diversa convenzione» lo ammette (Girino). Le attribuzioni dell'assemblea sono circoscritte alla verificazione e applicazione in concreto dei criteri fissati dalla legge in ordine alla ripartizione delle spese, e non comprendono il potere di introdurre deroghe a detti criteri, considerato che venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca.
La giurisprudenza ha pacificamente individuato la distinzione tra violazione in astratto e violazione in concreto dei criteri di riparto delle spese, sanzionando la prima con la nullità della deliberazione e la seconda con la mera annullabilità. Si ha violazione in astratto dei criteri legali e conseguente nullità della delibera, quando si deroga agli stessi in assenza di accordo unanime dei partecipanti al condominio mentre, viceversa, ricorre la meno grave ipotesi di annullabilità della delibera quando si effettuano dei riparti che in concreto vadano a violare o mal applicare i criteri già stabiliti dalla legge e si deroghi al criterio normativo per errore.
Dalle attribuzioni dell'assemblea esula il potere di imputare, con l'efficacia vincolante propria della deliberazione assembleare, le spese in maniera difforme, in mancanza di diversi criteri convenzionali, e il relativo vizio deve qualificarsi in termini di nullità (in tal senso Cass. 23 marzo 2016, n. 5814; Cass. 30 aprile 2013, n. 10196; Cass. 22 luglio 1999, n. 7890; per giurisprudenza di merito Trib. Milano 17 luglio 2012; Trib. Milano 6 maggio 2004, n. 5717). E invero sono affette da nullità, che può essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate, le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall'art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario per esse il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, impugnabili nel termine di cui all'art. 1137, ultimo comma, c.c., le delibere con cui l'assemblea, nell'esercizio delle attribuzioni previste dall'art. 1135, n. 2 e 3, c.c., determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dai criteri di cui all'art. 1123 c.c. (Cass. 21 maggio 2012, n. 8010; Cass. 9 marzo 2010, n. 6714; Cass. 8 gennaio 2000, n. 126).
Tra l'altro la predetta nullità può essere fatta valere, a norma dell'art. 1421 c.c., anche dal condomino che abbia partecipato all'assemblea esprimendo voto conforme alla deliberazione stessa, purché alleghi e dimostri di avervi interesse (ex plurimis Cass. n. 5125 del 1993).
Di diverso avviso alcune pronunce che, sull'assunto che si è in presenza di nullità relativa, ritengono che le delibere non adottate con il consenso unanime dei condomini sono inefficaci solo nei confronti del condomino assente o dissenziente (Cass. 9 agosto 1996, n. 3042; Cass. 19 novembre 1992, n. 12735).


Spese per i lastrici solari di uso esclusivo
Il lastrico solare svolge funzione di copertura del fabbricato e, perciò, anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condomini, l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione grava su tutti i condomini con ripartizione delle spese secondo i criteri stabiliti dall'art. 1126 c.c., ovvero le spese per la sua riparazione o ricostruzione sono poste per due terzi a carico del condominio e precisamente dei condomini coperti dalla porzione verticale del lastrico solare (Cass., Sez. Un., 10 maggio 2016, n. 9449; Cass. 16 dicembre 2015, n. 25288; Cass. 15 luglio 2003, n. 11029; Cass. 9 novembre 2001, n. 13858; Cass. 15 aprile 1994, n. 3542; Cass. 3 maggio 1993, n. 5125 e Cass. 14 febbraio 1987, n. 1618).
Se invece il lastrico solare è di uso comune le spese si ripartiscono con i millesimi di proprietà secondo il criterio stabilito dal primo comma dell'art. 1123 c.c. Stesso criterio viene applicato per la terrazza che fa da tetto solo a una parte degli appartamenti, in questo caso a sostenere i 2/3 della spesa sono solo i condomini i cui locali sono sotto la sua proiezione geometrica, dal suolo dell'ultimo piano. Secondo la giurisprudenza formatasi sull'argomento il criterio di ripartizione fra i condomini di un edificio delle spese di manutenzione e riparazione del lastrico solare o della terrazza a livello che serva da copertura ai piani sottostanti, fissato dall'art. 1126 c.c. (un terzo a carico del condominio che abbia l'uso esclusivo del lastrico o della terrazza; due terzi a carico dei proprietari delle unità abitative sottostanti) è applicabile in ogni caso di spesa, ordinaria o straordinaria, di manutenzione o di rifacimento, che riguardi la struttura delle terrazze stesse e la loro finalità di copertura, escluse le spese dirette unicamente al miglior godimento delle unità immobiliari di proprietà individuale di cui le terrazze siano il prolungamento (Cass. 23 marzo 2016, n. 5814; Cass. 28 settembre 2012, n. 16583; Cass. 19 ottobre 1992, n. 11449).
È stato in proposito puntualizzato che a completo carico dell'utente o proprietario esclusivo del lastrico solare sono soltanto le spese attinenti a quelle parti di esso del tutto avulse dalla funzione di copertura (quali a esempio: le spese attinenti ai parapetti; alle ringhiere ecc.) mentre tutte le altre spese, siano esse di natura ordinaria o straordinaria, perché attinenti alle parti del lastrico solare svolgenti, comunque, funzione di copertura, vanno sempre suddivise fra l'utente o proprietario esclusivo del lastrico solare e i condomini proprietari degli appartamenti sottostanti il lastrico, secondo la proporzione indicata nell'art. 1126 (Cass. 25 febbraio 2002, n. 2726).


Considerazioni conclusive
La disciplina sul riparto delle spese inerenti ai beni comuni dettata dall'art. 1123 del c.c. è suscettibile di deroga con atto negoziale, attraverso una convenzione approvata con il consenso unanime, che ripartisca dette spese tra i condomini in misura diversa da quella legale, potendosi addirittura stabilire l'esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall'obbligo di partecipare alle spese medesime, incluse anche quelle di conservazione in ordine a una determinata cosa comune.
L'assemblea non può disattendere, senza il consenso unanime dei condomini, l'ordinario criterio di ripartizione legale stabilito dall'art. 1123 c.c. con la conseguenza, secondo l'arresto giurisprudenziale, che sono affette da nullità, che può essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate, le delibere condominiali attraverso le quali siano modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall'art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale.

Correlati

Sezione 6

Tribunale

Sezione 2

Codice civile

Francesco Machina Grifeo

Norme & Tributi Plus Diritto