Csm approva pratica a tutela dei giudici di Bologna sui migranti
Per il Consiglio superiore della magistratura sono stati travalicati i limiti di cronaca e di critica dei provvedimenti giudiziari
È stata approvata questa mattina dall’Assemblea plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura, con 25 voti a favore e 5 contrari, la delibera concernente le richieste di intervento a tutela dell’indipendenza e del prestigio dei magistrati e della funzione giudiziaria proposte, ai sensi dell’articolo 36 del regolamento interno del Csm, dai 20 consiglieri togati e da 3 consiglieri laici, aventi ad oggetto «dichiarazioni di alte cariche istituzionali e di organi di stampa su una ordinanza del Tribunale di Bologna» e «richiesta di apertura pratica a tutela del dott. Marco Gattuso, in servizio presso il Tribunale di Bologna, in merito a due questioni pregiudiziali concernenti l’interpretazione della direttiva 2013/32/UE». La delibera approvata reca, nella parte finale, l’auspicio «di un dialogo sereno tra le Istituzioni, nel rispetto della reciproca autonomia».
La tutela non produce alcun effetto giuridico, ma rappresenta una posizione ufficiale del Csm sulla vicenda, stigmatizzando le dure reazioni del governo sui magistrati in merito a quel caso. È la prima pratica a tutela che sfocia in una risoluzione del plenum negli ultimi 15 anni. Quella precedente risale al 2009 e riguarda il caso Raimondo Mesiano, estensore della sentenza sul lodo Mondadori. Dopo il 2009 altre due pratiche erano giunte al plenum, nel 2019 e nel 2021, ma non riguardavano i rapporti con la politica ed erano invece in merito a servizi televisivi per vicende di cronaca.
Il vice presidente Pinelli non ha partecipato alla votazione e nessuno si è astenuto. Secondo la prima Commissione del Csm quel provvedimento era stato oggetto di “dure dichiarazioni da parte di titolari di alte cariche istituzionali non correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell’ordinanza, che adombrano un’assenza di imparzialità dell’organo giudicante priva di riscontri obiettivi e fondata su elementi personali alieni al contesto del giudizio. Conseguentemente, esse appaiono lesive del prestigio e dell’indipendente esercizio della giurisdizione e tali da turbare il regolare svolgimento e la credibilità della funzione giudiziaria nel suo complesso”.
Per queste ragioni, il Consiglio “ritiene di dover affermare che, nel caso in esame, sono stati travalicati i limiti di cronaca e di critica dei provvedimenti giudiziari, così determinando un possibile indebito condizionamento dell’esercizio della funzione giudiziaria oltre che dei singoli magistrati, in violazione delle imprescindibili condizioni di autonomia, indipendenza ed imparzialità”.