Dal Consiglio di Stato il primo chiarimento sulla disciplina transitoria del domicilio digitale
Per le cause già pendenti al 1°gennaio 2017, sono valide le notifiche delle sentenze presso la segreteria del Tar fino al 1° gennaio 2018
La notificazione della sentenza non effettuata presso il domicilio digitale dell'avvocato è valida se riguarda cause già pendenti alla data del 1° gennaio 2017. Con la conseguente decorrenza del termine breve per impugnare. Tale regola si arresta agli adempimenti fino al 1° gennaio 2018 e non oltre.
Il Consiglio di Stato con la sentenza 6573/2023 ha così respinto per tardività l'appello del Comune contro l'annullamento del provvedimento assunto dall'ente territoriale in autotutela contro la società che aveva eseguito dei lavori edilizi. Il Comune sul punto della tempestiva dell'atto di mpugnazione proposto rilanciava affermando la nullità della notificazione della sentenza di primo grado in quanto eseguita presso la segreteria del Tar anziché presso il domicilio digitale, come prescritto dalla sopravvenuta disciplina in materia di processo amministrativo telematico. Ma si tratta come afferma la sentenza in commento di disciplina inapplicabile al caso concreto in ragione della disciplina transitoria della riforma. Infatti, il pronunciamento del Consiglio di Stato è che "nel processo amministrativo non trova applicazione la previsione normativa di cui all'articolo 125 del Codice di procedura civile, come modificato dall'articolo 45-bis, comma 1, del Dl 90/2014 in virtù del quale le notificazioni e le comunicazioni vanno eseguite al domicilio digitale di cui ciascun avvocato e la notifica effettuata presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite sarebbe da ritenersi nulla".
La decisione
La decisione del Consiglio di Stato boccia come "irricevibile" il ricorso del Comune che rilevava il difetto di notificazione della sentenza per non essere stata effettuata al domicilio digitale dell'avvocato dell'ente.
Palazzo Spada afferma che il Comune abbia proposto un motivo inaccoglibile in quanto la previsione normativa sul domicilio digitale non trova applicazione nel caso concreto e spiega, invece, la corretta lettura da dare alla successione delle norme in materia di processo amministrativo.
Si parte dalla considerazione che ai sensi dell'articolo 25, comma 1, lettera a), del Codice del processo amministrativo nei giudizi davanti al Tar se la parte non elegge domicilio nel Comune sede del tribunale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata. A seguito dell'introduzione nella disposizione del comma 1 bis (ad opera dell'articolo 7, comma 1, lettera a), del Dl 168/2016) al processo amministrativo telematico si applica, in quanto compatibile, l'articolo 16-sexies del Dl 179/2012. Da cui deriva che "quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l'indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all'articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, nonchè dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia".
Disciplina transitoria
Successivamente interviene il chiarimento recato dall'articolo 7, comma 1, lettera a, del Dl 168/2016 secondo cui a decorrere dal 1° gennaio 2018 il comma 1 dell'articolo 25 del Cpa non si applica ai ricorsi soggetti alla disciplina del processo amministrativo telematico e al comma 3 della stessa norma di modifica viene chiarita la disiciplina transitoria per cui la novella dispiega la sua efficacia nei giudizi introdotti con ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Mentre ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme vigenti alla data di entrata in vigore.
Il caso concreto
Nel respingere la domanda di declaratoria di nullità per il lamentato difetto della notificazione del ricorso il Consiglio di Stato spiega che il ricorso della società controparte era stato depositato dinanzi al Tar Lazio il 18 marzo 2014 e alla data del 1° gennaio 2017 era ancora pendente in primo grado sicchè dovevano applicarsi - anche se non oltre il 1° gennaio 2018 - le norme vigenti alla data di entrata in vigore della novella e cioè l'articolo 25, comma 1, lettera a), del Cpa che, in caso di mancanza di elezione del domicilio, prevede la domiciliazione ex lege presso la segreteria del Tar dove pende il ricorso.
Poiché la sentenza è stata pubblicata il 22 giugno 2017 e notificata in data 27 luglio 2017 la notifica era stata "ritualmente" eseguita presso la segreteria del giudice amministrativo davanti al quale pendeva la causa e da quella data è iniziato a decorrere il termine breve di impugnazione.
Ne discende che la notificazione non poteva ritenersi affetta da nullità e si era perfezionata correttamente ai fini del decorso del termine breve di impugnazione di 60 giorni che sarebbe venuto a scadere il giorno 25 settembre 2017, ben prima di quello (il 19 gennaio 2018) in cui l'appello è poi stato notificato. L'appello del Comune era pertanto tardivo.