Responsabilità

Danni da vaccini Covid: possibile il risarcimento se non arriva l’indennizzo

Come per le trasfusioni, solo il ristoro effettivo riduce la somma in Tribunale

di Maurizio Hazan

Chi subisce un danno da emotrasfusione non può cumulare gli indennizzi previsti dalla legge 210 del 1992 e il risarcimento del danno eventualmente richiesto in un giudizio civile. Ma il divieto non opera per il solo fatto che la vittima abbia titolo per pretendere l’indennizzo, ma ne presuppone l’effettivo pagamento. Lo ha deciso la Cassazione che, con l’ordinanza 12388 del 15 aprile 2022, ha chiarito i termini del divieto di cumulo tra indennizzi e risarcimenti, con principi applicabili anche in caso di danni da vaccini anti Covid.

Nel caso esaminato, la richiesta risarcitoria era stata svolta nei confronti del ministero della Salute a seguito di una infezione da Hcv (epatite C) contratta in conseguenza di una emotrasfusione. La Corte d’appello ha emesso sentenza di condanna ma ha ridotto la posta risarcitoria decurtando una somma pari all’ammontare dell’indennizzo che il danneggiato avrebbe ottenuto dopo che la Commissione medico ospedaliera competente prevista dalla legge 210 del 1992 ne aveva affermato il diritto. La Cassazione cassa la sentenza d’appello precisando che nessuna decurtazione avrebbe dovuto essere effettuata poiché il ministero non aveva dato la prova dell’effettivo pagamento dell’indennizzo a favore dell’attore.

Gli esiti sono applicabili ai vaccini anti Covid perché la tutela indennitaria prevista dalla legge 210 riguarda, oltre ai danni da emotrasfusione, quelli derivanti da vaccinazione obbligatoria e anche da vaccinazioni facoltative ma raccomandate per esigenze di salute pubblica (Corte costituzionale, sentenza 118/2020). Il decreto legge 4 del 2022 ha poi espressamente esteso il sistema indennitario ai danni permanenti causati dalla «vaccinazione anti Sars-CoV2 raccomandata dall’autorità sanitaria italiana», con conseguente previsione di nuovi stanziamenti a copertura dei costi, per il 2022 e per il 2023. In sostanza, chi si ritenga danneggiato da un vaccino antiCovid può senz’altro presentare domanda di indennizzo, chiedendo che sia accertata da parte della Commissione medica competente la riferibilità causale della complicanza e del danno permanente alla somministrazione del farmaco, senza dover indagare su eventuali responsabilità risarcitorie. Non è peraltro preclusa l’azione civile a chi preferisca ottenere un vero e proprio risarcimento a carico del soggetto ritenuto responsabile della causazione del danno. Tale azione può essere promossa anche da chi abbia già chiesto e ottenuto l’indennizzo: ma in tal caso il risarcimento dovrà tener conto di quanto già percepito a titolo indennitario, decurtandolo dal montante risarcitorio al fine di evitare indebiti arricchimenti. Però, se il ministero non dà prova dell’avvvenuto pagamento dell’indennizzo, la decurtazione non opera.

Ciò detto, non vi è dubbio che l’impianto indennitario previsto dalla legge 210/92 in tema di vaccini (tanto più se antiCovid) sia dettato dalla volontà di dare un sostegno economico a chi, rispettando le scelte pubbliche di tutela sanitaria ed esponendosi al rischio (debole ma) endemico di andare incontro a complicanze inevitabili, abbia riportato danni permanenti alla salute. Danni che non sarebbe facile imputare a precise responsabilità risarcitorie (dello Stato, dei vaccinatori, delle case di produzione del farmaco) se non a seguito di cause costose e problematiche. In questo senso la legge 210/92 intercetta le esigenze di tutela dei danni di una certa “alea terapeutica”, offrendo al danneggiato un ristoro sicuro probabilmente preferibile al severo rischio connesso all’avvio di una più “ricca” ma più incerta causa risarcitoria.

Ciò offre il destro a ulteriori considerazioni: sulla scia della notevole eco mediatica che le vicende vaccinali hanno già conosciuto, tali funzioni indennitarie e deflattive del contenzioso sottese alla legge 210/92 meriterebbero ben altra estensione normativa. L’introduzione di un “paracadute” indennitario, particolarmente snello e deflattivo, andrebbe forse ripensata ed estesa a una pluralità di ambiti sanitari, su tutti quelli delle infezioni nosocomiali. È in gioco – e lo sappiamo, anche in vista di possibili futuri scenari pandemici – la stessa sostenibilità del nostro sistema sanitario: la socializzazione (indennitaria) di determinati rischi potrebbe fornire risposte virtuose per la collettività e per i singoli aventi diritto.

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