Responsabilità

Danni da vaccini, indennizzo anche per la dose "incentivata" ma non obbligatoria

Min Salute condannato a pagare per il "lupus eritematoso sistemico" a seguito di vaccinazione "anti epatite A"

di Francesco Machina Grifeo

Sì all'indennizzo per i danni da vaccino anche se il siero non è imposto ma semplicemente raccomandato dalla Stato o dalle Regioni. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7354 depositata oggi, preso atto della pronuncia della Corte costituzionale n. 118/2020 (a cui era stata rimessa la questione), ha infatti definitivamente riconosciuto il beneficio economico, previsto dall'articolo 1 della legge 210/1992, a favore di un soggetto che aveva contratto il "lupus eritematoso sistemico" a seguito della vaccinazione "anti epatite A".

Il giudice di primo grado aveva ravvisato il nesso di causalità ma nulla aveva statuito sulla possibilità di riconoscere l'indennizzo in presenza di vaccinazioni non obbligatorie. La Corte di appello (in sede di rinvio), invece, dopo aver sottolineato che la vaccinazione era stata fortemente incentivata dalla Regione, ha affermato che non poteva farsi alcuna differenza tra l'iniezione "imposta" e quella "raccomandata," e dunque al ricorrente spettava l'indennizzo.

Proposto ricorso da parte del Ministero della Salute, la Cassazione ha rinviato alla Corte costituzionale la legittimità della mancata previsione dell'indennizzo per i vaccini non obbligatori. E la Consulta (n. 118/2020) ha dichiarato l'illegittimità dell'art 1, co. 1, della legge n. 210/1992 "nella parte in cui non prevede il diritto ad un indennizzo a favore di chiunque abbia riportato lesioni o infermità da cui sia derivata una menomazione permanente all'integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione contro il contagio da virus dell'epatite A".

Per la Sezione lavoro dunque "ogni questione sul punto appare superata a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n 118/2020". Mentre riguardo alla sussistenza del nesso causale tra la malattia denunciata dalla ricorrente e la vaccinazione è sufficiente quanto già affermato da questa Corte con la sentenza n, 19365/2015 che aveva già dato atto dell'avvenuto accertamento da parte del Tribunale, tramite CTU, del nesso di causalità, e che tale questione non era più esaminabile nel giudizio d'appello, non essendo stata devoluta con l'atto di gravame. È stato così definitivamente respinto il ricorso del Ministero della Salute.

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