Casi pratici

Danno differenziale: orientamenti giurisprudenziali

Il principio dell'integrale riparazione del danno

di Tiziana Cantarella

la QUESTIONE
Che cos'è il danno differenziale? Quali sono gli orientamenti giurisprudenziali sul danno differenziale? Come si calcola il valore capitale della rendita INAIL per inabilità/
menomazione permanente? Qual è il metodo di calcolo del danno biologico differenziale?



Il risarcimento del danno, sia contrattuale che extracontrattuale, è regolato dal principio dell'integrale riparazione sancito dall'art. 2058 c.c., la cui valutazione è rimessa al combinato disposto degli artt. 1223 c.c. e 2056 c.c.
Il risarcimento, come noto, mira, quando possibile, a ristabilire uno status quo ante, inclusivo dell'utile che il danneggiato avrebbe tratto dalla regolare esecuzione del contratto, o che ha perso in conseguenza della commissione dell'illecito. Si tratta, in entrambi i casi, di reintegrare un equilibrio alterato dall'evento dannoso o dall'inadempimento.
Ne consegue, per altro verso, che il risarcimento del danno non può mai determinare l'ingiustificato arricchimento del soggetto leso (compensatio lucri cum damno), nel senso che il danno non può essere fonte di lucro e la misura del risarcimento non deve superare la soglia limite dell'interesse leso (cfr. Cass. civ., Sez. III, 21 marzo 2011, n. 6357; Cass. civ., Sez. III, 13 giugno 2014, n. 13537).

Infortunio e malattia professionale del lavoratore
Sul datore di lavoro incombe la responsabilità di predisporre tutte le misure e le cautele atte a preservare l'integrità psicofisica del lavoratore nel luogo di lavoro (art. 2087 c.c.), tenuto conto della realtà aziendale e dei suoi concreti fattori di rischio espositivo (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 3 agosto 2012, n. 13956).
Va da sé, allora, che il lavoratore, quale parte di un rapporto contrattuale, ha sempre diritto ad ottenere l'integrale ristoro dei danni patrimoniali e non, subiti in caso di infortunio o di malattia professionale, tutte le volte in cui essi siano riconducibili alla responsabilità civile datoriale.

Il danno differenziale
Nelle ipotesi di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, il lavoratore è assistito da prestazioni sanitarie ed economiche erogate direttamente dall'INAIL.
Tuttavia, l'ammontare delle indennità riconosciuta dall'INAIL all'assicurato è minore del danno effettivamente patito dal lavoratore, tanto che solitamente, e alle condizioni di cui si dirà nel prosieguo, può residuare una parte di danno da corrispondere al danneggiato.
In questo senso, si discorre in letteratura e nelle aule giudiziarie di "danno differenziale", ossia di quel quantum debeatur derivante dalla differenza tra ciò che è erogato per effetto della copertura assicurativa dell'ente previdenziale e quanto risarcibile, secondo gli ordinari criteri civilistici, dal datore di lavoro quale diretto responsabile dell'inadempimento (art. 2087 c.c.) o dell'illecito (art. 2043 c.c.).
Il concorso tra illecito civile e indennizzo previdenziale è sancito a livello normativo dall'art. 10, comma 7, D.P.R. n. 1124/1965, modificato, dapprima, dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successivamente dal D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, secondo il quale «Quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli artt. 66 e seguenti».

La tutela assicurativa dell'INAIL
I datori di lavoro sono obbligati ad assicurare contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali tutti i lavoratori dipendenti che si vengano a trovare nelle condizioni previste dall'art. 1, D.P.R. n. 1124/1965 (es. manutenzione di opere edili, ecc.). Dal 16 marzo 2000, tale obbligo è stato esteso ai collaboratori coordinati e continuativi, ai dirigenti e agli sportivi professionisti.
È bene chiarire fin da subito che l'indennizzo erogato dall'INAIL ha una funzione ontologicamente differente dal risarcimento del danno in materia di responsabilità civile, in quanto l'indennizzo viene corrisposto a prescindere dall'esistenza di un illecito ex art. 2043 c.c., dalla colpevolezza e dal tipo di condotta dannosa posta in essere dal danneggiante.
Inoltre, ai sensi dell'art. 38 Cost., l'indennizzo in parola realizza un interesse di natura pubblicistica, assicurando ai lavoratori attinti da eventi pregiudizievoli durante lo svolgimento dell'attività lavorativa, i mezzi di sostentamento adeguati alle proprie esigenze di vita.
La tutela indennitaria ha quindi natura e funzioni differenti e meno ampie, perché calcolata su basi statistiche dei costi di gestione, rispetto a quella risarcitoria tout court che deve tenere conto, come detto, del caso concreto e dell'effettivo danno subito dall'interessato (cfr. in tal senso Corte Cost., sentenza 13 novembre 1997, n. 350).

Le tabelle ministeriali e l'indennizzo del danno biologico da parte dell'INAIL
Sul piano normativo, per affrontare compiutamente il problema del danno differenziale, occorre esaminare quanto attualmente previsto dal D.Lgs. n. 38/2000 e l'estensione della copertura assicurativa INAIL al danno biologico, indipendentemente da una riduzione della capacità di produzione di un reddito da parte del lavoratore.
In precedenza, la disciplina relativa alla materia degli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, stabilita in toto dal D.P.R. n. 1124 del 1965 prevedeva solo un indennizzo dei postumi permanenti rappresentati da una riduzione della «attitudine al lavoro» del dipendente oltre la soglia del 10% (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 14 agosto 2008, n. 21661; Trib. Parma, 18 giugno 2009).
L'art. 13 del D.Lgs. n. 38/2000, invece, disciplina oggi i criteri di indennizzo del danno biologico, di cui fornisce per primo una definizione sperimentale, stabilendo che le menomazioni conseguenti alle lesioni dell'integrità psico-fisica «suscettibile di valutazione medico legale, della persona» sono valutate in base a delle specifiche tabelle ministeriali contenute nel D.M. 12 luglio 2000, n. 172 in vigore dal 9 agosto 2000.
Trattasi, nello specifico, di tre distinte tabelle così denominate: "Tabella delle menomazioni" (che sostituisce quelle precedentemente allegate al D.P.R. n. 1124/1965), "Tabella indennizzo danno biologico", "Tabella dei coefficienti".
La prima include circa 400 voci contemplando delle menomazioni a vari apparati, quali, ad esempio, quello riproduttivo, viscerale ecc. ed è integrata da tre allegati relativi all'apparato otorinolaringoiatrico, respiratorio e visivo. La seconda impone all'INAIL di indennizzare il danno biologico nella sua globalità, comprensivo della sua incidenza sulla sfera lavorativa ed extralavorativa dell'assicurato. La terza e ultima tabella fissa un'ulteriore quota di rendita aggiuntiva rispetto al danno biologico, relativa al danno patrimoniale conseguente a una menomazione superiore al 15%, ove la retribuzione posta a base per il calcolo varia a seconda della classe (A, B, C, D) nel quale si colloca l'infortunato. Come si evince dall'esame testuale delle tabelle de quibus, ogni sistema di stima del danno alla salute è convenzionalmente parametrato a una percentuale che va da 1 a 100 punti, mentre il sistema di valutazione della menomazione sull'attività è ancorato a un coefficiente numerico che, per le conseguenze patrimoniali indennizzate a partire dal 16%, va dallo 0,4 all'1,00 a seconda del grado di menomazione (es. coefficiente 1,00 per menomazioni tra 86% e 100%).
I criteri stabiliti dal D.M. 12 luglio 2000 per l'indennizzo del danno biologico applicano il c.d. "punto variabile".
Si tratta di un sistema che prevede un indennizzo:
ì) areddituale, in quanto la menomazione produce il medesimo pregiudizio per tutti gli assicurati;
ìì) crescente, in quanto cresce in misura più che proporzionale;
ììì) variabile, in quanto è in funzione dell'età (decresce al crescere dell'età) e del sesso (tiene conto della maggiore longevità femminile).
Su queste basi si innestano le seguenti specificità che prevedono per menomazioni di grado inferiore al 6 % una franchigia, nel senso che l'indennizzo INAIL in questo ristretto alveo non può operare. Le menomazioni di grado pari o superiore al 6% e inferiore al 16% costituiscono il diritto a un indennizzo erogato in linea capitale per danno biologico, sulla base della "Tabella delle menomazioni e di quella dell'indennizzo del danno biologico, senza tener conto però della retribuzione.
Le menomazioni di grado pari o superiore al 16% danno diritto all'erogazione di una rendita per danno biologico, a cui si aggiunge quella per le conseguenze patrimoniali dovute alla menomazione. Tale ulteriore quota di rendita è commisurata al grado della menomazione, alla retribuzione dell'assicurato e al coefficiente di cui all'apposita "Tabella dei coefficienti" in funzione della gravità della menomazione e della sua incidenza sulla capacità di produrre reddito. Ai sensi dell'art. 118,D.P.R. n. 1124/65, per le categorie di lavoratori per cui periodicamente vengono fissate da specifici decreti ministeriali delle retribuzioni medie o convenzionali, l'indennità per l'inabilità è determinata sulla base di tali retribuzioni; viceversa, l'indennità viene determinata in base alla retribuzione media giornaliera degli ultimi quindici giorni immediatamente precedenti a quelli dell'infortunio o della domanda amministrativa per il riconoscimento della malattia professionale, quindi moltiplicata per il numero di giorni indennizzati e per le percentuali normativamente previste (artt. 116 e 117 D.P.R. n. 1124/1965). Nel caso poi l'infortunato sia coniugato e abbia un figlio (se abile con i limiti di età stabiliti), la rendita è aumentata di un ventesimo per la moglie e per ciascun figlio (art. 77, D.P.R. n. 1124/1965). Occorre, infine, non dimenticare che, in attesa dell'introduzione di un meccanismo di rivalutazione automatica degli importi indicati nella "Tabella indennizzo danno biologico" di cui all'art. 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali con D.M. 27 marzo 2009, ha proceduto in via straordinaria ad aumentare le indennità dovute dall'INAIL, nella misura dell'8,68%.

Gli orientamenti giurisprudenziali sull'individuazione del "danno differenziale"
A seguito dell'introduzione del D.Lgs. n. 38/2000, si sono contrapposte nella giurisprudenza di merito due differenti tesi (non constano allo stato pronunce di nomofilachia).
Secondo un primo orientamento, il ristoro del danno biologico da parte dell'INAIL sarebbe integralmente satisfattorio di ogni pretesa risarcitoria.
Per tale prospettiva non sussisterebbe alcun "danno differenziale", atteso che l'art. 13, D.Lgs. n. 38/2000 nulla deporrebbe in ordine alla possibilità di ottenere un risarcimento ulteriore e personalizzato rispetto a quanto indennizzato dall'INAIL (cfr. Trib. Torino, 23 maggio 2003, n. 3393; Trib. Vicenza, 3 giugno 2004, n. 82; Trib. Vincenza, 5 aprile 2005, n. 96; Trib. Roma, 4 dicembre 2005). Il tutto con la conseguenza pratica che il lavoratore, in caso di malattia professionale o di infortunio sul lavoro indennizzabili, si dovrebbe accontentare della minor somma erogata dall'ente previdenziale, in quanto integralmente satisfattiva.
A questo orientamento c.d. "monistico", replica quella parte, ormai maggioritaria della giurisprudenza, secondo cui non è giuridicamente accettabile che il danneggiato debba essere risarcito in misura inferiore per il sol fatto di beneficiare della copertura assicurativa dell'INAIL rispetto a ogni altra categoria di soggetti. È incontestabile, infatti, che il risarcimento dei danni calcolati sulla scorta delle Tabelle utilizzate dalle Corti di merito è sempre maggiore di quello calcolato secondo i criteri sopra indicati perché prevede l'integrale ristoro dei danni. Ogni diversa interpretazione si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali di tutela del lavoro (artt. 1 e 35, Cost.), oltre che con quello di uguaglianza (art. 3, Cost.) e del diritto alla salute (art. 32, Cost.) (Cass. civ., Sez. Lav., Ordinanza 9 settembre 2021, n. 24401; Cass. civ., Sez. Lav., 21 novembre 2017, n. 27669;  Trib. Pisa, 3 maggio 2011, n. 308; conformi: Corte App. Torino, 23 novembre 2004, n. 1639; Trib. Rovereto, 21 aprile 2005; Trib. Bassano del Grappa, 2 gennaio 2005, n. 65; Trib. Arezzo, 9 gennaio 2007, n. 22; Trib. Siena, 2 settembre 2008, n. 414; Trib. Monza, 12 maggio 2009, n. 241; sulla inammissibilità di una preventiva rinuncia alla prestazione previdenziale in favore di una richiesta diretta e integrale al danneggiante, v. Cass. civ., 20 dicembre 2011, n. 27679).
Diversamente, la condivisione della prima tesi condurrebbe a soluzioni risarcitorie palesemente discriminanti: a titolo esemplificativo, se un fatto lesivo dovuto a incidente fra autoveicoli venisse qualificato come infortunio in itinere, il danneggiato, coperto dall'indennizzo INAIL, non potrebbe ottenere alcun altro risarcimento, nemmeno dalla compagnia assicuratrice privata della vettura danneggiante, in caso di responsabilità civile del suo conducente o del suo proprietario (cfr. Trib. Nocera Inferiore, 11 gennaio 2012).

La personalizzazione del danno dopo le sentenze di San Martino
Le considerazioni che precedono devono oggi essere esaminate anche alla luce delle sentenze " gemelle" emesse dalle Sezioni Unite nel novembre 2008 (nn. 26972-75), soprattutto con riguardo alla nozione di danno non patrimoniale ed ai pregiudizi in esso compresi.
Con tali pronunce è stato ribadito il c.d. "principio bipolare" del risarcimento del danno: danno patrimoniale ex art. 2043 c.c., caratterizzato dal requisito della atipicità del danno ingiusto e danno non patrimoniale caratterizzato dalla lesione di interessi legati alla persona umana e regolato dalla tipicità dell'art. 2059 c.c.
Soffermandoci sulla seconda tipologia di danno, secondo gli ermellini, il danno non patrimoniale è una categoria unitaria ed onnicomprensiva, non suscettibile di suddivisione in sottocategorie, se non con valore meramente descrittivo.
È così che il danno biologico, la sofferenza morale, il danno esistenziale, il danno estetico ecc., rientrano tutti nell'unitaria tipologia del danno non patrimoniale che va sempre risarcito integralmente, se e in quanto allegato e provato.
Di conseguenza nell'ipotesi di lesione alla integrità psico-fisica, oltre al danno accertato in sede medico-legale e liquidato secondo le Tabelle del danno non patrimoniale elaborate dalle Corti di merito, il danneggiato avrà l'onere di allegare e provare gli ulteriori effetti lesivi dell'evento dannoso. Per rispondere a tali nuove esigenze liquidatorie le vigenti Tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale in uso presso alcuni Tribunali italiani (es. Tribunale di Milano, le cui tabelle costituiscono "criterio base" per la liquidazione alla persona, cfr. Cass. civ., 7 giugno 2011, n. 12408), prevedono una personalizzazione attraverso l'aumento monetario dei valori medi risarcitori "standardizzati" nella misura di un delta ponderale espresso in percentuale (es. 25%); resta ferma la possibilità per l'organo giudicante di modulare la liquidazione oltre i valori massimi in relazione a fattispecie del tutto eccezionali rispetto alla casistica comune degli illeciti. L'esempio da manuale riguarda il caso del pianista che perda l'uso della mano per fatto illecito del terzo, subendo in tal modo un danno non patrimoniale la cui liquidazione andrà personalizzata tenendo conto delle effettive ricadute esistenziali dell'evento lesivo.
Dal punto di vista pratico questa impostazione, che vuole il danno non patrimoniale unico, comporta che lo stesso sia indennizzato unitamente al danno biologico ex art. 13, D.Lgs. n. 38/2000 in maniera unitaria e inscindibile, essendo le altre voci di danno, come, ad esempio, quello alla vita di relazione, già in esso ricomprese.
Siffatte considerazioni, come si vedrà nel paragrafo dedicato al metodo di calcolo del danno biologico differenziale, hanno un diverso impatto operativo a seconda che per i "criteri di computo" si aderisca alla tesi della detraibilità per poste ovvero di tutto quanto complessivamente indennizzato dall'ente previdenziale.

Il metodo di calcolo del valore capitale della rendita INAIL per inabilità/menomazione permanente
Propedeutica ai nostri fini pratici del calcolo del danno differenziale, si pone l'illustrazione del metodo di calcolo del valore capitale della rendita INAIL per inabilità/menomazione permanente. Occorre, infatti, preliminarmente individuare i cespiti erogati dall'ente previdenziale a titolo di danno biologico (recte: danno non patrimoniale, secondo l'indicazione delle Sezioni Unite) e a titolo di danno patrimoniale, da considerarsi quali grandezze non omogenee.
Supponiamo che il soggetto, di anni 58, coniugato con un figlio a carico, goda dal 2009 di un rendita INAIL per broncopneumopatia cronica, classificata grave ai sensi della "Tabella Menomazioni", e per questo motivo indennizzabile con un grado di inabilità pari al 46%, e che si vogliano individuare i cespiti dovuti dall'ente previdenziale a titolo di danno biologico e a titolo di danno patrimoniale. Si consideri altresì che il soggetto in questione goda di una retribuzione annua attualizzata di Euro 28.777,50.
Con una certa dose di semplificazione, l'operatore dovrà così procedere: - Quanto al danno biologico: far innanzi tutto riferimento al D.M. 1° aprile 2008, Tavola 4, relativo ai valori capitali attuali di rendite assegnate ai tecnopatici con esito di inabilità permamente - "Grado di inabilità dal 41% al 64%". All'età di 58 anni corrisponde un coefficiente di capitalizzazione, da rintracciarsi secondo la c.d. antidurata (ossia quell'intervallo di tempo decorso dall'epoca della malattia a quella del calcolo) che, nel nostro caso, è 3 (dal 2012 al 2009). Il coefficiente di capitalizzazione corrispondente è pari a 14,7882.
Individuato tale coefficiente, occorre rintracciare la rendita annua che è fornita dalla "Tabella indennizzo danno biologico". Nel nostro caso al grado di invalidità del 46% corrisponde una rendita in lire di 10.400.000, pari a euro 5.371,15 a cui andrà aggiunto il tasso del 8,68% stabilito dal D.M. 27 marzo 2009, per un totale di euro 5.837,37. A questo punto l'operatore potrà agevolmente calcolare il valore capitale per danno biologico moltiplicando il coefficiente di capitalizzazione di 14,7882 per il valore della rendita annua di euro 5,837,37, per una somma complessiva di Euro 86.324,20.
Quanto al danno patrimoniale: la rendita annua a tale titolo si calcola prendendo in considerazione la retribuzione annua attualizzata, pari nel nostro caso a euro 28.777,50, moltiplicata per il coefficiente indicato nell'apposita "Tabella dei coefficienti", che nel nostro caso è 0,7, per il 46% costituito dal grado di inabilità, per una somma complessiva di euro 147.372,46.
Nel nostro esempio, pertanto, il soggetto indennizzato è titolare di una rendita capitalizzata totale di euro 233.696,66, di cui euro 86.324,20 a titolo di danno biologico ed euro 147.372,46 a titolo di danno patrimoniale.
Metodo di calcolo del danno differenziale: la necessaria detrazione per singole poste di danno dell'indennizzo INAIL
Ulteriore questione è quella relativa ai criteri di computo del danno biologico differenziale e, segnatamente, quella che concerne le modalità concrete di detrazione di quanto erogato o erogabile dall'INAIL dall'intero danno risarcibile.
Sul punto, allo stato dell'arte, non vi è unanimità di vedute. Secondo un primo indirizzo dalla somma del danno non patrimoniale risarcibile va sottratta l'intera rendita capitalizzata erogata dall'INAIL (cfr. Trib. Reggio Calabria, 9 giugno 2009; Trib. Bassano del Grappa, 24 gennaio 2006; Trib. Vicenza 4 gennaio 2007).
Applicando tale tesi all'esempio fatto nel paragrafo precedente, il soggetto danneggiato che abbia contratto una menomazione invalidante del 46%, avrebbe ipoteticamente diritto a percepire a titolo di danno differenziale (escludendo l'aumento percentuale a titolo di eventuale personalizzazione) la somma di euro 35.865,34, quale risultato della differenza fra la somma di euro 269.562,00 determinati nel loro ammontare a titolo di danno non patrimoniale civilistico (cfr. Tabelle Trib. Milano, grado invalidità 46% - anni 58) e la somma di euro 233.696,66 erogati a titolo di rendita INAIL capitalizzata.
A questo indirizzo si contrappone quello di altre Corti territoriali (cfr. App. Venezia, 21 luglio 2011; Trib. Cosenza, Sez. L., 19 febbraio 2021, n. 440; Trib. Vicenza, 10 ottobre 2006) che, valorizzando l'ontologica distinzione fra i due cespiti di cui è costituita la rendita erogata dall'INAIL, ritengono sia giuridicamente corretto operare sottrazioni per titoli omogenei fra danni patrimoniali e non.
In tal senso, si è pronunciata la giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale «il giudice di merito, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l'indennizzo erogato dall'Inail secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale; pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest'ultimo alla quota Inail rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall'importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall'importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita Inail destinata a ristorare il danno biologico permanente.» (Cass. civ., Sez. VI Lav., 1° dicembre 2021, n. 37771; sul punto, v. anche Cass. civ., Sez. Lav., 2 aprile 2019, n. 9112).
La diversa impostazione ha effetti pratici rilevantissimi. Proseguendo con il nostro esempio, infatti, il danneggiato avrebbe diritto a un risarcimento di euro 183.237,80 scaturito dalla differenza tra quanto previsto dalla tabella di liquidazione del danno non patrimoniale, euro 269.562.00, e la posta indennizzata dall'INAIL a titolo di danno biologico, pari a euro 86.324,20.
Riteniamo di dover aderire al secondo criterio di computo - al quale, peraltro, ha oggi aderito la giurisprudenza della Corte di Cassazione - perché è l'unico a conciliarsi con il principio del netto bipolarismo, imposto dopo le sentenze di San Martino, tra danno non patrimoniale e danno patrimoniale.
In altri termini, appare fuorviante, oltre che contraddittorio, procedere a una decurtazione del danno biologico civilistico, appartenente, come visto, all'ampia categoria del danno non patrimoniale, con importi che afferiscono invece a mero pregiudizio patrimoniale (cfr. Trib. Treviso, 14 ottobre 2011; Trib. Treviso, 18 maggio 2011).

Considerazioni conclusive
Il danno differenziale non è altro che quella parte di risarcimento del danno non patrimoniale non ricompresa nell'indennizzo INAIL in rendita o in capitale; costituisce la logica conseguenza del diritto del soggetto leso, generalmente inteso, a essere ristorato per intero dell'evento lesivo subito per responsabilità imputabile a un terzo. Nella domanda di tale parte di danno dovrà tenersi in debita considerazione l'oscillazione esistente in tema sul diritto alla sua percezione e sui metodi di calcolo. Particolare attenzione dovrà prestarsi nel focalizzare il dato normativo per cui la rendita erogata dall'INAIL è composta da indennizzo per la perdita della capacità di lavoro generica di natura squisitamente patrimoniale e dall'indennizzo per danno biologico, ossia non patrimoniale. Tale distinzione è fondamentale nel calcolo del danno differenziale tutte le volte in cui sarà accolta la tesi per cui la rendita INAIL determinerà la sottrazione dalla liquidazione dell'intero danno solo per la parte destinata al ristoro del danno biologico.

Correlati

Paola Rossi

Norme & Tributi Plus Diritto

Sezione 6 Lavoro

Toffoletto De Luca Tamajo e Soci, Elio Cherubini

Riviste