Definitiva la condanna per la spia Biot -Legittimo tenere i segreti Nato fuori dal processo
La Cassazione deposita le motivazioni della condanna (n. 12096/2025) dell’ex capitano di fregata. In sede civile verrà definito il risarcimento dovuto allo Stato
Confermata definitivamente la condanna a 29 anni e due mesi di reclusione per Walter Biot. L’ufficiale dello Stato Maggiore della Marina Militare aveva consegnato ad un “diplomatico” russo (Dmitry Ostroukhov) materiale top secret, anche Nato, dopo averlo fotografato di nascosto all’interno del proprio ufficio. La Corte di cassazione, sentenza n. 12096 depositata oggi (la decisione è del 20/11/2024), ha respinto il ricorso dell’ex capitano di fregata contro la decisione della Corte Militare di appello di Roma del 29 gennaio 2024.
Tutti bocciati o inammissibili i motivi di ricorso presentati dalla difesa che in gran parte ruotavano sulla non integralità della discovery delle prove, in quanto coperte dalla inviolabilità degli archivi NATO, trattato “protetto” dall’articolo 11 della Costituzione.
Il militare aveva consegnato a un russo, accreditato presso l’ambasciata, una MICRO SD contenente 181 immagini di documenti fotografati all’interno dell’Ufficio dello Stato Maggiore della Difesa/Sezione Analisi Strategica, di cui (dal 2018) era Ufficiale addetto alla sicurezza. L’arresto da parte dei Carabinieri del Ros era avvenuto il 30 marzo del 2021 (intorno alle ore 20) contestualmente alla consegna della scheda al russo. Nei giorni precedenti (dal 16 al 26 marzo 2021), ricostruisce la Corte, a seguito di una segnalazione dell’Aisi, era stata installata una microcamera nell’ufficio che aveva permesso di riprendere Biot mentre scattava “numerose fotografie a documenti sia cartacei che visualizzati sullo schermo di una postazione di lavoro”. Era stato documentato anche il momento in cui aveva estratto la scheda MICRO SD dal telefono per riporla in una scatola di medicinali Crestor. Mentre la consegna della scheda al “diplomatico” russo, salito nella sua macchina nel parcheggio di un centro commerciale, era stato documentato in diretta dagli operatori di polizia giudiziaria che lo stavano pedinando. Infine, sotto il sedile dell’auto erano stati trovati 5mila euro.
Così ricostruiti i fatti, per la Corte d’appello, e oggi la Cassazione ha confermato, la mancata ostensione dei documenti NATO SECRET non ha prodotto alcuna nullità processuale per violazione dei diritti della difesa. La mancata acquisizione ‘fisica’ dei reperti, infatti, da un lato era imposta dalla legge di ratifica degli accordi di Ottawa del 1951, dall’altro è stata bilanciata dal pieno contraddittorio realizzato in dibattimento.
Sul punto, la Prima sezione penale finemente osserva che un processo per il delitto di rivelazione di un segreto “non può essere uno strumento con cui si arreca un ulteriore pregiudizio al segreto (che è l’oggetto di tutela penale messo in rilievo)” anche se, aggiunge, “al tempo stesso, per essere definito “giusto” deve consentire il contraddittorio sulle fonti dimostrative che siano idonee a rappresentare l’avvenuta commissione del delitto”. E nel caso concreto, l’apporto e il confronto con numerosi testimoni – si legge nel testo - permette di escludere che “possa definirsi viziato il segmento processuale con cui si è ricostruito il contenuto della scheda MICRO SD oggetto dello scambio”; nonostante la scheda non fosse agli atti del procedimento.
Sul punto la Cassazione ha anche enunciato due principi di diritto. Il primo afferma che “l’obbligo di deposito integrale degli atti di indagine e delle fonti di prova di cui agli articoli 415 bis comma 2 e 416 comma 2 cod.proc.pen. può trovare deroga - in riferimento a determinati elementi di conoscenza - lì dove esista un obbligo di mantenimento della segretezza (sul contenuto di tali elementi) imposto da diversa fonte normativa e nel limite della stretta necessità”. Il secondo che “ove sussista detta ipotesi derogatoria la equità del processo (nel senso previsto dall’art. 7 della Direttiva 2012/13/UE) è strettamente correlata alla esistenza della facoltà difensiva di esercizio del contraddittorio sulle fonti di prova con cui viene introdotto nel giudizio il materiale conoscitivo idoneo a determinare la attribuzione della specifica condotta di reato all’imputato”.
In un altro passaggio, la Cassazione, nel rispondere ad un’altra doglianza, argomenta sul fatto che ai fini della contestazione della rivelazione del segreto, non è necessario conoscere il “contenuto” della singola informazione.
Per valutare la commissione di condotte di spionaggio, spiega la Corte, è invece “sufficiente conoscere – con il dovuto grado di certezza - la ‘inerenza’ del documento oggetto di rivelazione al tema della forza, preparazione e difesa militare dello Stato, mentre non è indispensabile conoscere il contenuto specifico della notizia”. “Da ciò deriva che anche la scelta della autorità giudiziaria militare di non attivare la procedura di interpello alla NATO per ottenere – eventualmente – la declassificazione dei documenti, al di là di ogni altra considerazione, non può essere censurata in questa sede proprio in ragione del fatto che la attività istruttoria svolta in contraddittorio ha fornito elementi sufficienti per realizzare il giudizio sulle imputazioni contestate”. Del resto, è pacifico, che i documento classificati riguardassero gli interessi dell’Italia, in quanto “gli assetti NATO influiscono sulla distribuzione delle forze tra i vari paesi e dunque sulla difesa militare del nostro paese”.
Quanto alla asserita violazione della immunità diplomatica per il sequestro della scheda MICRO SD, nonché la supposta illegittimità ‘a monte’ della perquisizione, la Cassazione chiarisce che l’immunità rappresenta una “garanzia funzionale” (riconosciuta dalla Convenzione di Vienna del ’61) in rapporto all’esercizio dei compiti affidati alla missione diplomatica e, pertanto, l’unico soggetto legittimato ad opporsi alla perquisizione o al sequestro della scheda MICRO SD era il Capo della missione diplomatica di Ostroukhov. E il fatto che tale opposizione non sia mai intervenuta “chiude ogni discorso sul tema”.
La condotta tenuta da Biot integra, dunque, il reato di rivelazione di segreti a scopo di spionaggio, e lo fa nella forma “consumata e non tentata”, dal momento che il supporto magnetico contenente le informazioni è entrato nella disponibilità del destinatario. Mentre l’assenza di diffusione delle notizie coperte dal segreto è stata già considerata nella determinazione della pena, col riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante; e ciò – precisa la Corte – nonostante l’assenza di divulgazione non sia dipesa dalla sua volontà ma dal pronto intervento delle forze dell’ordine.
Non è stata, invece, riconosciuta, come richiesto, l’attenuante dell’“ottima condotta e provato valore militare”, in “assenza di profili di eccellenza della condotta pregressa” e della “totale caduta etica manifestata”.
Infine, sul danno risarcibile, che la difesa sosteneva inesistente considerata la mancata divulgazione del materiale, la Cassazione afferma che si tratta di un tema civilistico. Per cui “le voci di danno individuate dalla Corte Militare di Appello – danno alla credibilità dei sistemi interni di controllo dei documenti classificati e danno alla immagine dello Stato italiano nelle relazioni internazionali – sono indiscutibili nell’an e andranno quantificate nelle sedi competenti”.