Della firma falsa sui verbali dei consigli di classe risponde l’autore e il preside che non denuncia
Il falso non è penalmente rilevante solo se frutto di negligenza in quanto il reato non prevede l’imputazione per condotte cosiddette colpose
La falsificazione delle firme apposte al verbale del consiglio di classe integra una condotta penalmente rilevante per il docente che, in qualità di segretario, ha firmato per altro docente presente senza però indicare che la firma non è autografa e addirittura in un’occasione sottoscrive il documento al posto del docente quando questi era assente giustificato.
Nonostante le contestazioni della difesa, è incontroverso che il verbale sia atto pubblico - rilevante perciò ai fini della contestazione del reato ex articolo 476 del Codice penale - va comunque provata la sussistenza del dolo di commettere il falso da parte del pubblico dipendente nell’esercizio delle sue funzioni. Si tratta infatti di fattispecie penale che non contempla l’imputazione in caso di condotte colpose.
Scatta, invece, il reato di omessa denuncia alle autorità ex articolo 361 del Cp per il preside che - venuto a conoscenza della circostanza delle firme apocrife sul verbale apposte dal segretario del consiglio di classe al posto del docente che non aveva materialmente firmato in proprio - si affidi alle intenzioni della parte offesa di provvedere a denunciare il fatto.
Nella vicenda risolta dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 25509/2025 la falsità dei verbali di classe era emersa a seguito di una richiesta di accesso agli atti da parte della madre di un alunno che riteneva essere stato trattato discriminatoriamente dai docenti della propria classe.
La preside avvedutasi della condotta della vicepreside - che in qualità di segretario del consiglio di classe aveva firmato al posto di altro docente presente e in un’occasione anche quando questi era assente - aveva subito adottato la misura disciplinare dell’ammonimento, ma non aveva denunciato l’accaduto. Infatti, la preside avrebbe omesso la denuncia riposando sulla certezza che vi avrebbero provveduto altri che l’avevano rassicurata in tal senso: sia la madre dell’alunno sia il docente di cui era stata falsificata la firma senza apposizione di diciture “per conto di” quando aveva partecipato alle riunioni, oltre all’occasione in cui la firma falsa confliggeva con la certificazione della propria assenza.
Tutto ciò ha reso agli occhi dei giudici di primo grado non provato il dolo della preside al fine di configurare l’elemento soggettivo del reato omissivo. L’intenzionalità della condotta veniva, infatti, contrastata dalla circostanza che il docente fosse diretta parte offesa dal reato di falso e che la madre dell’alunno interessata a verificare la correttezza del trattamento riservato al proprio figlio fosse dirigente della Polizia di Stato. Contesto che rendeva credibile il pieno affidamento della preside nel fatto che la denuncia sarebbe stata presentata come le era stato preannunciato da docente e genitore dell’alunno.
I giudici di appello hanno invece ribaltato anche se solo ai fini civili su impugnazione della parte civile l’iniziale assoluzione della preside con la formula il fatto non sussiste.
Per quanto riguarda invece la condanna per il falso a carico del professore/segretario che aveva apposto le firme false sui verbali di classe i giudici di appello hanno confermato la condanna. Ma la Cassazione annulla la decisione e rinvia a nuovo giudizio affinché sia provato il dolo e non una semplice negligenza. Negligenza che sembrerebbe emergere dal fatto che nessun artificio era stato messo in atto al fine di nascondere la reale provenienza delle firme. E, a maggior ragione, nel caso in cui la falsa sottoscrizione era stata apposta sullo stesso verbale che dava atto dell’assenza dal consiglio di classe del professore a cui si attribuiva la firma.