Difensore d'ufficio, nel compenso anche le spese di recupero del credito
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 15006 depositata oggi
Il difensore d'ufficio diun imputato in un processo penale ha diritto, in sede di esperimento della procedura di liquidazione dei propri compensi professionali, anche al rimborso delle spese, dei diritti e degli onorari relativi alle procedure di recupero del credito non andate a buon fine. Lo ha confermato la Seconda sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 15006 depositata oggi, accogliendo il ricorso di un legale.
Al contrario, secondo il Tribunale di Lucca il riconoscimento delle spese sostenute per le procedure di recupero del credito, anche in sede esecutiva, doveva essere escluso. Secondo il Tribunale, infatti, andava data adesione al più risalente orientamento di legittimità che "esclude la rimborsabilità di tali spese, in assenza di una norma che espressamente lo preveda". Secondo questa lettura dall'articolo 116 del Dpr n. 115/2002 la volontà della legge sarebbe quella di "assicurare il rimborso solo degli onorari e delle spese maturati però nel procedimento penale cui afferisce la richiesta di liquidazione". Con l'unico vantaggio dell'"esenzione da bolli, imposte e spese per le procedure intraprese per il recupero dei crediti professionali".
Di diverso avviso la Suprema corte secondo cui l'indirizzo delle sezioni penali per cui il difensore d'ufficio, che abbia inutilmente esperito la procedura esecutiva volta alla riscossione dell'onorario, ha diritto al rimborso dei compensi ad essa relativi in sede di liquidazione da parte del giudice, "appare coerente con la lettera dell'art. 116, il quale subordina la possibilità per il difensore nominato d'ufficio di vedersi corrisposto il compenso professionale dallo Stato all'infruttuoso esperimento delle procedure di recupero del credito nei confronti di chi ha beneficiato della prestazione".
Respinto invece l'altro motivo di ricorso che lamentava la violazione del giudicato in quanto la liquidazione non teneva conto del diverso importo deciso dal giudice di pace di Lucca all'esito della procedura volta al recupero del credito. Per la Cassazione infatti "pur dovendosi ribadire che, in sede di rinvio, al ricorrente andranno riconosciute anche le spese sostenute per le procedure di recupero del credito, tuttavia non può ritenersi che la liquidazione effettuata in favore della parte assistita in sede penale sia vincolante anche per il giudice della liquidazione".
In tema di difesa d'ufficio, spiega infatti la Corte, il ricorso al procedimento monitorio costituisce un passaggio obbligato per richiedere la liquidazione dei compensi, sicché i relativi costi, comprensivi di spese, diritti ed onorari, debbono rientrare nell'ambito di quelli che l'erario è tenuto a rimborsare. "Nondimeno - prosegue la decisione -, essendo l'ingiunzione emessa verso il debitore e non potendo valere, ove non opposta, quale giudicato nei confronti dello Stato, detto decreto ingiuntivo rileva esclusivamente come mero fatto dimostrativo dell'infruttuoso esperimento delle procedure di recupero dei professionali".
Ne consegue che, in mancanza di un vincolo "ex iudicato", il giudice penale può procedere ad una nuova ed autonoma liquidazione, destinata a sfociare nella formazione di un diverso titolo di pagamento, costituito dal decreto di liquidazione.