Difensore d'ufficio, sì al rimborso anche delle spese per il recupero del credito
Lo ha ribadito la Cassazione, ordinanza n. 40073 depositata oggi, respingendo il ricorso del Ministero
Il difensore d'ufficio di un imputato in un processo penale ha diritto, in sede di esperimento della procedura di liquidazione dei propri compensi professionali, anche al rimborso delle spese, dei diritti e degli onorari relativi alle procedure di recupero del credito non andate a buon fine. Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con la ordinanza n. 40073 depositata oggi, respingendo il ricorso del ministero della Giustizia.
Secondo Via Arenula invece una simile interpretazione, che è poi quella dell'ordinanza impugnata dal Ministero ed emessa dal Presidente del Tribunale di Pisa, violerebbe l'art. 116 del Dpr n. 115/2002 "poiché il riferimento congiunto a ‘onorario e spese' in essa contenuto ed il richiamo, quanto a misura e modalità, all'art. 82, avrebbero dovuto imporre di ritenere che la disciplina della liquidazione riguarda i soli onorari e spese maturati nel procedimento penale in cui il difensore ha prestato il suo ufficio e non anche l'onorario e le ‘spese' relativi alle procedure inutilmente esperite per i' recupero dei crediti professionali".
Il ricorso meraviglia perché la II Sezione civile nella stringatissima decisione afferma che "l'ormai univoca giurisprudenza di questa Corte ha, in più occasioni (Cass. n. 27854/2011, Cass. n. 30484/2017 e, da ultimo, Cass. n. 22579/2019), enunciato il principio" sopra riportato. Il Ministero è stato così condannato al pagamento di 1.700 euro a titolo di spese di giudizio, salvandosi dal raddoppio del contributo unificato, misura dall'intento deflazionistico verso i privati, solo in quanto pubblica amministrazione.
Per la Suprema corte del resto, il principio affermato "risulta del tutto coerente con la lettera dell'art. 116 Dpr n. 115/2002 e con la sua stessa ratio, poiché l'estensione della liquidazione anche ai compensi e agli esborsi resisi necessari per la conseguente procedura esecutiva, ancorché rimasta infruttuosa, si giustifica per riferirsi strumentalmente e funzionalmente ad una precedente attività professionale comunque resa (anche) nell'interesse dello Stato". Ragion per cui, prosegue la decisione "risulterebbe iniquo accollare l'onere delle spese occorrenti per il recupero dei compensi professionali dovuti e riconosciuti al professionista legale". Tali spese, dunque, devono considerarsi rientranti "nell'ambito di quelle che l'Erario è tenuto a rimborsare a seguito dell'emissione del decreto di pagamento da parte del giudice competente, fatto salvo il diritto di ripetizione ad opera dello Stato nei confronti di chi non è stato ammesso al gratuito patrocinio, ai sensi del secondo comma del citato art. 116".