Comunitario e Internazionale

Diritti degli "utenti business" nelle piattaforme di intermediazione

La platform economy ha fatto emergere vecchie e nuove problematiche, relative principalmente ai temi della concorrenza, delle necessarie tutele dei soggetti più deboli, dei requisiti di accesso al mercato, della gestione dei dati personali e dei criteri di ripartizione delle responsabilità

di Manuela Soccol, Irene Negri*

Ci sono tanti modi diversi per vendere e offrire i propri prodotti online. Si è iniziato da siti "tradizionali", come i portali di e-commerce, per poi passare ai marketplace, che riuniscono più venditori di beni online.

Oggi, tuttavia, tutte le imprese si trovano prima o poi a doversi orientare all'interno della "platform economy", che ha introdotto la grande novità della vendita non solo di beni, ma anche di servizi online.

Per "piattaforme" si intendono mercati online, app store, piattaforme dell'economia collaborativa e piattaforme dei social media. Amazon, Uber, Airbnb e Spotify sono solo alcuni esempi. A loro volta, le piattaforme sono qualificate come "servizi di intermediazione online", ai fini della loro disciplina normativa.

La Commissione europea ha affermato che le piattaforme "organizzano e definiscono l'ecosistema Internet" e che "hanno assunto la funzione di guardiani di Internet, potendo controllare l'accesso alle informazioni, ai contenuti e alle transazioni online".

Grazie alle piattaforme, diversi gruppi di utenti entrano in connessione: alcuni sono produttori o fornitori, altri consumatori, altri possono ricoprire entrambi i ruoli, a seconda dei casi. Le piattaforme non restano però soggetti "passivi", perché puntano ad estrarre valore dalla comunità stessa di utenti, trasformandola in una risorsa e dettando le "regole del gioco". Allo stesso tempo, le piattaforme offrono risorse che permettono agli utenti commerciali di risparmiare investimenti e assunzioni di rischi ulteriori.

La platform economy ha però fatto emergere vecchie e nuove problematiche, relative principalmente ai temi della concorrenza, delle necessarie tutele dei soggetti più deboli, dei requisiti di accesso al mercato, della gestione dei dati personali e dei criteri di ripartizione delle responsabilità.

Nel presente contributo ci si soffermerà principalmente sulla tutela dei diritti dei c.d. business users (o "utenti commerciali") nei confronti delle piattaforme, che deriva principalmente dal Regolamento UE 1150/2019 (c.d. Regolamento "P2B"), in vigore dal luglio 2020, e che sarà ulteriormente rafforzata con la prossima adozione del Digital Services Act. Questi Regolamenti si applicheranno a tutte le piattaforme che offrano i propri servizi nel mercato unico europeo, a prescindere da dove abbiano la propria sede legale.

Se si analizzano le condizioni di contratto offerte ai venditori dalle principali piattaforme, risulta evidente come queste non si siano ancora adeguate nemmeno alle previsioni del Regolamento del 2019. Tuttavia, risulta comunque importante rendere consapevoli gli "utenti commerciali" dei deficit di tutela attualmente presenti e, al contempo, delle prospettive di miglioramento delineate dalle più recenti proposte normative a livello europeo.

Come si dirà in seguito, i principali elementi individuati per garantire una maggiore tutela ai venditori, e quindi agli "utenti commerciali", che si servono delle piattaforme online sono rappresentati da regole sulle restrizioni all'utilizzo del servizio, sulla trasparenza dei meccanismi preferenziali determinati dagli algoritmi, sulla moderazione dei contenuti, nonché sulla previsione di mezzi di risoluzione delle controversie facilmente accessibili.

Informazioni sulle "restrizioni" all'accesso ai servizi e sulla content moderation

In primo luogo, il Regolamento 1150/2019, all'art. 4 , prevede la definizione di regole chiare per la limitazione, la sospensione e la cessazione dei servizi offerti dagli intermediari.

In queste ipotesi, il fornitore di servizi è tenuto innanzitutto a comunicare le motivazioni della propria decisione e deve contestualmente offrire all'utente commerciale la possibilità di chiarire i fatti e le circostanze nell'ambito di un processo interno di gestione dei reclami.

Alcune condotte che possono rientrare in queste fattispecie sono quelle di eliminazione di offerte dei prodotti create dall'utente commerciale o di rimozione di contenuti, che possono avvenire per scelta della piattaforma o in seguito ad una segnalazione di un soggetto terzo. Qualora la piattaforma tenga queste condotte in assenza di una condizione di illegalità del contenuto o del prodotto, l'utente si trova privato di un servizio essenziale della piattaforma. Le clausole attualmente adottate dalla maggior parte delle piattaforme, tuttavia, permettono una valutazione del tutto discrezionale della piattaforma, senza garantire alcuna possibilità di revisione della decisione o di confronto con l'utente. Questo si traduce in una pratica scorretta nei confronti dell'utente, che potrebbe diventare vittima anche di casuali e immotivate richieste di rimozione fatte da soggetti terzi.

Simili clausole risultano al contempo in parte giustificate se si considera che le piattaforme, soprattutto quelle molto grandi, devono confrontarsi con enormi quantitativi di contenuti illegali e di richieste di rimozione e che possono incorrere loro stesse in responsabilità qualora non intervengano tempestivamente.

Ecco che allora risulta fondamentale che le piattaforme si conformino al nuovo Regolamento, prevedendo, nel caso di reclami da parte di soggetti terzi, la richiesta di motivazioni, la comunicazione delle stesse all'utente interessato e la previsione di un meccanismo con cui l'utente possa replicare e difendersi.

Nel caso, invece, di contenuti rimossi direttamente dalla piattaforma, sfruttando tecnologie automatizzate, è fondamentale il rispetto della trasparenza e della chiarezza nel comunicare all'utente commerciale le regole e le condizioni ragionevoli che possono determinare una rimozione. Le piattaforme sono poi tenute ad utilizzare le migliori tecnologie disponibili per evitare decisioni discriminatorie.

Informazioni sui criteri di posizionamento

In secondo luogo, ai sensi degli artt. 5 e 7 del Regolamento , agli intermediari online è richiesta la massima trasparenza nell'indicare, all'interno dei termini e delle condizioni di servizio, i principali parametri che determinano il posizionamento e l'importanza relativa dei parametri principali rispetto ad altri parametri.

Il Regolamento definisce il "posizionamento" come "la rilevanza relativa attribuita ai beni o ai servizi offerti mediante i servizi di intermediazione online, come illustrato, organizzato o comunicato, rispettivamente, dai fornitori di servizi di intermediazione online a prescindere dai mezzi tecnologici usati per tale presentazione, organizzazione o comunicazione".

Dovrebbe essere specificato, in particolare, quando il versamento di un corrispettivo permetta di influire sul posizionamento.

Parimenti, gli intermediari online devono indicare qualunque trattamento differenziato che riservino ai prodotti o ai servizi offerti ai consumatori da loro stessi o da utenti commerciali controllati, da un lato, e ad altri utenti commerciali, dall'altro.  

In ogni caso, tuttavia, i fornitori di servizi di intermediazione online non sono tenuti a rivelare algoritmi o informazioni che potrebbero tradursi nella possibilità di trarre in inganno i consumatori o di arrecare loro danno attraverso la manipolazione dei risultati di ricerca.

Più specificamente, gli Orientamenti sulla trasparenza del posizionamento a norma del regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio, contenuti in una Comunicazione della Commissione europea del dicembre 2020, prevedono che:
"gli utenti dovrebbero poter comprendere chiaramente se, come e in quale misura si tenga conto di tre elementi specifici. Ciò significa che la descrizione da fornire deve andare oltre la semplice enumerazione dei parametri principali e fornire almeno un «secondo livello» di informazioni esplicative. I fornitori potrebbero ad esempio valutare la possibilità di descrivere il «metodo concettuale» che è stato adottato internamente all'impresa per identificare i «parametri principali», in modo da ricavare anche i «motivi della loro importanza relativa»."

È evidente come il rispetto di questi obblighi di trasparenza tuteli innanzitutto la concorrenza e i consumatori finali, ma risulti di interesse anche per gli utenti commerciali. Nel contesto attuale, tuttavia, è ancora frequente la presenza di clausole che non definiscono in modo chiaro quali risultati, dal punto di vista commerciale, possa aspettarsi l'utente che paghi un corrispettivo ulteriore e se residui un grado di utilità dei servizi offerti qualora si utilizzi solo il "piano base".

Ad esempio, nelle piattaforme dedicate alla ricerca di alloggi per vacanze, l'utente potrebbe aspettarsi che il posizionamento di default sia dettato dal prezzo, dal punteggio o dal numero di recensioni ricevute. Tuttavia, al momento dell'iscrizione, l'utente che voglia offrire un proprio alloggio si rende ben presto conto che esistono altri più insospettabili e inattesi meccanismi che fanno sì che l'annuncio venga privilegiato rispetto ad altri (pur restando indefinito in che misura questi parametri incidano, in senso assoluto e rispetto ad altri). Rilevano, infatti, non solo eventuali ulteriori corrispettivi versati alla piattaforma, ma anche la scelta di processi di prenotazione il più facili e veloci possibili, o l'indicazione di prezzi più bassi o, ancora, la scelta di "prezzi dinamici". In quest'ultimo caso, l'utente viene privilegiato se sceglie di determinare solo un prezzo massimo e uno minimo, lasciando agli algoritmi della piattaforma la definizione del prezzo migliore in ogni momento.

Al riguardo, gli Orientamenti della Commissione riconoscono effettivamente che: "le imprese che commerciano online non sempre sono a conoscenza dei motivi all'origine del loro posizionamento o sanno se e come potrebbero migliorarlo, eventualmente con l'aiuto di servizi di posizionamento a pagamento, nonostante la loro capacità di raggiungere i clienti dipenda in misura decisiva da tali conoscenze", ma precisano altresì che il Regolamento non limita la scelta dei parametri di posizionamento utilizzabili dai fornitori, puntando piuttosto a migliorarne la prevedibilità per gli utenti.

Sistema di gestione interno dei reclami

Il rispetto delle prescrizioni del Regolamento n. 1150/2019 dovrebbe essere garantito dalla creazione di un sistema interno di gestione dei reclami, facilmente accessibile e gratuito, nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento ( v. art. 11 ).

Oltre alle violazioni di obblighi contenuti nel Regolamento, gli utenti commerciali potranno infatti presentare reclami direttamente alla piattaforma anche per problemi tecnologici e per misure o comportamenti adottati dalla piattaforma, a condizione che comportino conseguenze per l'utente.

I fornitori di servizi di intermediazione online saranno quindi chiamati a prevedere, nei loro termini e nelle loro condizioni, tutte le informazioni pertinenti relative all'accesso e al funzionamento del loro sistema interno di gestione dei reclami, nonché al funzionamento e all'efficacia di tale sistema.

Tra le informazioni che devono essere rese pubbliche, figurano anche il numero totale di reclami presentati, le principali tipologie di reclami, il tempo mediamente necessario per trattarli e dati aggregati relativi all'esito dei reclami.

Accesso ai dati

Il Regolamento n. 1150/2019, infine, disciplina (all' art. 9 ) alcuni aspetti relativi alle modalità di utilizzo e condivisione di dati, personali e non, lasciando in ogni caso impregiudicata l'applicazione del GDPR.

È stato rilevato, infatti, che i termini e le condizioni di moltissime piattaforme online contengono clausole che stabiliscono il divieto per l'utente commerciale di utilizzare i dati che ha ottenuto tramite la piattaforma per finalità non correlate alla distribuzione degli ordini e all'assistenza dei clienti, inclusa la finalità di ottimizzare i servizi offerti su piattaforme diverse. Anche su questo tema, il Regolamento non contiene effettive prescrizioni ma prevede quantomeno che gli utenti commerciali vengano informati in merito all'accesso tecnico e contrattuale, o alla mancanza di tale accesso, ai dati personali o ad altri dati forniti dagli utenti commerciali o dai consumatori per l'uso dei servizi di intermediazione online in questione, o generati tramite la fornitura di tali servizi.

Obblighi di trasparenza: una tutela sufficiente?

Le norme che prevedono requisiti di trasparenza offrono maggiori garanzie agli utenti commerciali in considerazione del fatto che gli stessi fornitori di piattaforme spesso hanno interessi concorrenti con quelli degli utenti. Per queste ragioni, è fondamentale garantire che non si verifichino abusi e che alcuni prodotti e servizi siano indiscriminatamente privilegiati rispetto ad altri.

In numerose occasioni, infatti, le autorità antitrust europee hanno evidenziato le fondamentali criticità rappresentate, da un lato, dalla mancata trasparenza nell'utilizzo dei dati forniti dai singoli venditori per l'accesso e l'utilizzo delle piattaforme e, dall'altro, le distorsioni alla concorrenza imputabili ai giganti dei marketplace, specialmente nei casi in cui gli stessi operino anche come venditori di beni e servizi, in concorrenza con i propri utenti commerciali.

Allo stato, tuttavia, eventuali clausole contenute nelle condizioni di servizio delle piattaforme online, che siano in contrasto con il Regolamento n. 1150/2019, non possono essere ritenute invalide in quanto vessatorie o discriminatorie.

Il Regolamento n. 1150/2019, infatti, non vieta alcuna prassi né prescrive alcuna specifica condotta, né tantomeno ha dato mandato agli Stati membri per prevedere sanzioni a livello di normative nazionali. È lasciata così alle piattaforme l'individuazione delle modalità concrete per agire in conformità al Regolamento.

La previsione di meri obblighi di trasparenza potrebbe quindi non creare sufficienti incentivi a modificare le prassi in uso. Si aggiunga che, in particolare con riferimento alle informazioni circa i criteri di posizionamento, gli stessi obblighi di trasparenza appaiono non completi, mancando l'indicazione per le piattaforme di dover descrivere, in aggiunta, il funzionamento dei parametri principali adottati rispetto ad altri parametri, il loro peso all'interno del funzionamento degli algoritmi e la loro concreta influenza sul posizionamento (soprattutto con riguardo al versamento di un corrispettivo).

Si teme quindi che, soprattutto per le piccole e medie imprese, una "spiegazione generale" dei parametri principali adottati non sia sufficiente per ridurre l'"asimmetria di informazione", che rappresenta una minaccia tipica quando sono utilizzati algoritmi.

Le novità del Digital Services Act

Un ulteriore passo avanti è stato fatto tuttavia, nel frattempo, con il "Digital Services Act Package", che consiste in tre proposte di regolamento predisposte dalla Commissione e sottoposte ora all'analisi degli Stati membri e del Parlamento europeo.

La prima delle proposte di Regolamento, ossia quella relativa al Digital Services Act ("DSA"), mira in particolare a ridefinire la disciplina applicabile alle piattaforme online, modificando la Direttiva n. 31/2000 (c.d. "direttiva e-commerce") e introducendo nuove disposizioni in materia di trasparenza, obblighi informativi e accountability.

La Proposta di Regolamento riprende alcune delle previsioni contenute nel Regolamento n. 1150/2019, ma ne aggiunge altre che ne rafforzano di molto l'efficacia. Così, ad esempio, è previsto che siano trattate in modo prioritario le segnalazioni inoltrate da "segnalatori attendibili" e sono previsti obblighi aggiuntivi per le piattaforme online "di dimensioni molto grandi" (cioè quelle che prestino i propri servizi ad un numero medio mensile di destinatari attivi pari o superiore a 45 milioni), che devono rendere conto della loro conformità al Regolamento al "coordinatore dei servizi digitali" del luogo di stabilimento o alla Commissione.

Allo stesso tempo, la Proposta di Regolamento offre una disciplina dettagliata della trasparenza e degli obblighi informativi sulle restrizioni all'utilizzo del servizio, sulla moderazione dei contenuti e sull'algoritmic decision making. Infatti, tutti i prestatori di servizi intermediari dovranno includere, nelle loro condizioni generali, "informazioni sulle restrizioni che impongono in relazione all'uso dei loro servizi per quanto riguarda le informazioni fornite dai destinatari del servizio. Tali informazioni riguardano tra l'altro le politiche, le procedure, le misure e gli strumenti utilizzati ai fini della moderazione dei contenuti, compresi il processo decisionale algoritmico e la verifica umana".

Essi sono tenuti anche a presentare relazioni annuali rispetto alle attività di moderazione di contenuti svolte, alle richieste ricevute dalle Autorità degli Stati membri nonché sui meccanismi di reclamo.La Proposta di Regolamento per il DSA stabilisce altresì che gli Stati membri debbano prevedere le sanzioni da applicare in caso di violazioni commesse da parte dei prestatori di servizi intermediari soggetti alla loro giurisdizione.Quando il DSA entrerà in vigore, il Regolamento n. 1150/2019 resterà comunque valido e vincolante, ma sarà destinato ad applicarsi come lex specialis.

La "strategia digitale" europea


Si segnala, infine, che oltre al "Digital Services Act", sono sul tavolo del Parlamento europeo anche il Data Governance Act e il Digital Markets Act. Quest'ultimo affronta questioni in parte sovrapponibili al DSA, ma con un focus specifico sulla disciplina delle pratiche sleali. Il Data Governance Act, invece, contiene disposizioni relative al riutilizzo di dati detenuti da enti pubblici, definisce un quadro di notifica e vigilanza per i sistemi di condivisione dei dati ed istituisce la registrazione volontaria per gli enti che si occupano di raccogliere ed elaborare dati resi disponibili per scopi altruistici.

Questo è il quadro che completa la "strategia digitale" dell'Unione Europea per i prossimi anni e si prospettano quindi importanti migliorie per le attività di vendita e fornitura di servizi attraverso le piattaforme online, con maggiori tutele anche per le piccole e medie imprese.

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*A cura dell'Avv. Manuela Soccol - Partner 24 ORE Avvocati – Avv. Irene Negri

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