Amministrativo

Diritto di parcheggio per usucapione

immagine non disponibile

di Guglielmo Saporito

Nuove possibilità per chi intende parcheggiare su aree di proprietà altrui (cortili, aree libere), semmai consolidando comportamenti ventennali. Lo afferma la Cassazione con la sentenza 18 marzo 2019 n. 7561 che ammette la «servitù di parcheggio».

Il caso deciso riguardava quattro posti auto in Venezia lido, nei pressi di un noto albergo: i posti auto erano stati venduti, ma non in piena proprietà, bensì come «diritto di parcheggio». Questo ha causato una lite, perché le norme vigenti in tema di servitù (articolo 1027 del Codice civile), scaturendo dal diritto romano, non prevedono molte delle utilità dei tempi moderni.

La possibilità di parcheggiare, per chi non è proprietario dell’area, è stata infatti sempre intesa come diritto personale, cioè come facoltà consentita a una persona specifica, vantaggio che quindi cessa con il venir meno della persona. La «servitù di parcheggio» era infatti paragonata alla possibilità di attingere acqua da una sorgente: anche questa è una servitù (molto diffusa nell’antichità), ma si può concedere a una specifica persona, per sue specifiche esigenze, restandone esclusa la comunità indifferenziata di persone che potrebbe comunque avere accesso alla sorgente.

In casi analoghi, quando le norme sono apparse inadeguate all’evoluzione dei tempi, è intervenuto il legislatore: ad esempio, ammettendo il trasferimento di volumetrie e cioè separando dalla proprietà del terreno la quantità di volume edificabile, che è diventato volume trasferibile in altre zone (articolo 2643 codice civile, modificato dal Dl 70/2011). Per il diritto di parcheggio, si è invece atteso l’orientamento della Cassazione, che dapprima (16698/2017) ha separato le varie utilità connesse alla proprietà di un’area, ed ora, con la sentenza 7561/2019, ha promosso il parcheggio a vero e proprio diritto separabile dal diritto di proprietà.

Per giungere a questo risultato si è dovuto scindere, all’interno del diritto di proprietà dell’area, una specifica utilità, collegandola a un soggetto diverso dal proprietario dell’area. Le servitù, infatti, trasferiscono utilità da un fondo (dominante, che ha il diritto) all’altro (servente, che cede il diritto). La servitù di parcheggio consente invece un vantaggio (parcheggiare) indipendente dalla localizzazione di un altro bene immobile (appartamento, ufficio, grande magazzino), generando un’utilità autonoma rispetto ad un fondo dominante (che può non esserci).

I presupposti che la sentenza 7561/2019 ritiene indispensabili per una servitù di parcheggio, sono l’altruità della cosa (cioè la separazione dell’utilità del bene rispetto ad altre utilità), l’immediatezza della specifica utilità del vantaggio (poter parcheggiare), la localizzazione (individuazione del luogo di esercizio della servitù), cui va aggiunta la specifica individuazione del bene (catenelle, cavalletti reclinabili, delimitazioni di vernice o altro).

Se ricorrono questi presupposti, si può anche invocare un’usucapione ventennale e il diritto di parcheggiare può anche essere oggetto di compravendita, con relativa trascrizione immobiliare.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©