Civile

Disciplina dei vizi della cosa venduta: accertamento della genuinità dei consensi

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a cura della Redazione PlusPlus24 Diritto

Compravendita – Vizi della cosa venduta – Clausola “Vista e piaciuta”- Non esclude la garanzia per vizi occulti – Responsabilità del venditore anche per vizi occulti derivanti da vizi di costruzione
La clausola “vista e piaciuta” inserita dai contrenti al fine di escludere la garanzia per vizi non può riferirsi a quelli occulti che si manifestano cioè, eseguiti i normali controlli ante acquisto, soltanto dopo l'uso del bene compravenduto. L'espressione “vista”, se priva di precisazioni rafforzative, inequivocabilmente allude solo ai vizi agevolmente riscontrabili dall'acquirente a primo esame. Sarebbe incongruo, sostiene la Suprema Corte, anche considerando i principi che governano l'istituto del contratto, buona fede e equità del sinallagma, che la clausola “vista e piaciuta” possa sollevare il venditore dalla garanzia per i vizi occulti: piuttosto quei principi inducono a ritenere che quella clausola vada limitata ad una accettazione del bene con tutti quegli eventuali vizi riconoscibili ictu oculi, nonché, se vi sia stata concreta possibilità di farlo, con tutti i vizi che avrebbero potuto essere riconoscibili con una diligente disamina del bene. L'estensione della clausola, per contro, anche all'accettazione dei vizi occulti determinerebbe, secondo i giudici, uno squilibrio ingiustificato del sinallagma contrattuale (Nel caso di specie, avente ad oggetto la vendita di una vettura usata nel cui contratto era stata inserita la clausola “vista e piaciuta”, la Corte sostiene che il venditore fosse tenuto alla garanzia per i vizi occulti e ciò a prescindere dal fatto che la presenza di questi non fosse a lui imputabile, ma, discendesse da vizi di costruzione del bene venduto)
• Cassazione civile, sezione II, sentenza 19 ottobre 2016 n. 21204

Compravendita – Vizi della cosa venduta – Patti di esclusione o limitazione della garanzia – Mala fede del venditore – Necessaria – Tutela della genuinità dei consensi
Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia per vizi, il quale non ha effetto se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa (articolo 1490, secondo comma, c.c.), presuppone che lo stesso abbia raggirato il compratore tacendo consapevolmente i vizi della cosa venduta dei quali era a conoscenza, inducendolo così ad accettare la clausola di esonero dalla garanzia che altrimenti non avrebbe accettato: a ciò consegue che non rientra nella sfera di applicazione della norma il caso in cui il venditore sia rimasto all'oscuro dei vizi della cosa venduta ancorchè per sua colpa grave. Affinchè il patto non abbia effetto il legislatore (articolo 1490, secondo comma, c.c.) esige la mala fede e non si accontenta della colpa grave, in quanto la suddetta norma si riferisce al momento della conclusione dell'accordo negoziale e mira a salvaguardare la genuinità dei consensi: a differenza dell'articolo 1229 c.c. che invece detta una norma che ha riguardo allo svolgimento del rapporto obbligatorio e all'adempimento delle obbligazioni già pattuite.
• Cassazione civile, sezione II, sentenza 11 maggio 2016 n. 9651

Compravendita – Vizi della cosa venduta – Obbligazioni del venditore - Riconoscimento dell'esistenza del vizio da parte del venditore - Deducibile da espressioni linguistiche e facta concludentia - Non sufficiente la mera conoscenza del vizio - Esclusione dell'obbligo di denunzia dei vizi da parte del compratore - Fattispecie relativa all'acquisto di una partita di battiscopa di ceramica difettosa – Esclusione di responsabilità del venditore
Al fine di integrare l'ipotesi di riconoscimento dell'esistenza del vizio (articolo 1495 c.c., secondo comma) da parte del venditore, il quale esonera il compratore dall'obbligo di denunzia entro i termini prescritti, non è sufficiente la mera conoscenza (o possibilità conoscenza) dello stesso, in quanto il riconoscimento contemplato dalla norma, anche se non necessita un'ammissione di responsabilità da parte del venditore, costituisce una manifestazione di verità o di scienza relativa alla sussistenza di un fatto produttivo di conseguenze giuridiche negative per il dichiarante. Tale manifestazione può essere desunta sia da qualsivoglia espressione linguistica, purchè univoca e convincente, sia da “facta concludentia”, senza che ad essa si accompagni l'ammissione del vizio o della responsabilità o l'assunzione di obblighi (Nel caso di specie il dipendente del rivenditore aveva comunicato a scopo cautelativo ad un rappresentante del produttore, il quale dopo pochi giorni gli riferiva di averne accertata l'esistenza, i difetti evidenziati dall'acquirente. L'errore di diritto, secondo la Suprema Corte, risiedeva nel fatto che dal riconoscimento del produttore si era fatto discendere l'esonero del compratore dall'obbligo di denuncia dei vizi, cioè da un terzo soggetto estraneo al rapporto contrattuale e non dal venditore il quale non aveva mai riconosciuto gli asseriti vizi ma li aveva anche negati tramite missiva)
• Cassazione civile, sezione II, sentenza 27 aprile 2016 n. 8420

Compravendita – Vizi della cosa venduta – Azioni del compratore – Posizione del venditore - Garanzia di buon funzionamento – Differenza con la garanzia per vizi
La disciplina della garanzia per vizi pone il venditore in una situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione rispetto all'iniziativa del compratore, volta alla modificazione del contratto o alla sua perdita di efficacia mediante l'esperimento, rispettivamente, dell'azione “quanti minoris” o “redibitoria”: poiché il compratore non dispone di un'azione di “esatto adempimento” per ottenere l'eliminazione dei vizi della cosa venduta, rimedio che gli compete solo in particolari ipotesi di legge (garanzia di buon funzionamento) o qualora il venditore si sia impegnato alla riparazione del bene. La garanzia per i vizi della cosa venduta differisce da quella di buon funzionamento (articolo 1512 c.c.) invocabile solo previa deduzione e dimostrazione dell'esistenza nel contratto di un patto che, con l'assicurazione di un determinato risultato (il buon funzionamento della cosa per il tempo convenuto) determina una più forte garanzia del compratore, in via autonoma ed indipendente rispetto alla garanzia per vizi. Anche sotto il profilo dell'onere probatorio la garanzia di buon funzionamento impone all'acquirente solo l'onere di dimostrare il cattivo funzionamento della cosa venduta, restando a carico del garante provare l'estraneità del cattivo funzionamento alla struttura della res, per essere esso dipendente da fatto del compratore o di terzi. La garanzia per vizi, invece, impone all'acquirente l'onere di provare il vizio che rende la cosa venduta inidonea all'uso cui è destinata pur presumendosi la colpa del venditore in relazione alla sua conoscenza del vizio.
• Cassazione civile, sezione II, sentenza 11 dicembre 2015 n. 25027

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