Divieto di pubblicità sulle auto per conto terzi: il Tribunale di Roma solleva una questione di legittimità costituzionale
Rimessa la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, II comma, del d. lgs. n. 285/1992 e del D.P.R. n. 495/1992 - nella parte in cui non consente la pubblicità non luminosa sui veicoli se effettuata "per conto terzi a titolo oneroso" e, per ciò che attiene alle autovetture ad uso privato, permette "unicamente l'apposizione del marchio e della ragione sociale della ditta cui appartiene il veicolo" per contrasto con gli artt. 33, 41, 42 e 76 Cost.
Il Tribunale di Roma (Giud. Simone Tablò), con ordinanza depositata in data 17 maggio 2021 , ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme del codice della strada che vietano la realizzazione di pubblicità sugli autoveicoli privati, realizzata per conto terzi a titolo oneroso.
La vicenda sottoposta al giudice capitolino ha ad oggetto uno schema contrattuale (c.d. "No cost") che prevede la corresponsione di un rimborso, da parte di una società, nei confronti del proprietario di un autoveicolo di nuovo acquisto ("driver") che accetti di apporre scritte pubblicitarie sulle fiancate della stessa (c.d. "wrapping" pubblicitario).
In questo schema, inquadrabile nel tipo della diffusione pubblicitaria, l'obbligo contrattuale di apporre sulle fiancate della nuova auto acquistata la pubblicità individuata dalla società viene compensato con il rimborso del rateo per il finanziamento dell'acquisto dell'autoveicolo.
La società ha sostenuto in giudizio la tesi dell'impossibilita sopravvenuta della prestazione, dovuta all'interpretazione fornita da varie autorità locali alla normativa sulla circolazione stradale (artt. 23 D. Lgs. 285/1992 e 57 D.P.R. 495/1992).
Da qui, secondo la società, sarebbe derivata l'impossibilità delle prestazioni a carico dei driver, atteso che l'esecuzione di tali prestazioni avrebbe potuto arrecare ai driver medesimi danni ben superiori dal rimborso delle spese pattuito come controprestazione, date le previste sanzioni amministrative.
Pertanto, la società ha chiesto la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1463 c.c., in caso di definitiva impossibilità della prestazione ex art. 1256 c.c. Inoltre, la società ha escluso la sussistenza di alcuna ragione di credito dei driver per l'attività realizzata nel pregresso, a causa della nullità del contratto per contrarietà a norme imperative (art. 1418 c.c.) già pronunciata dal Tribunale di Roma in numerosi precedenti, sulla base del divieto legale.
La società ha chiesto al Tribunale di Roma di sollevare la questione di legittimità costituzionale delle predette norme del codice della strada — per contrasto con gli artt. 3, 21, 41, 42 e 76 Cost.
In altri termini, la società ha sostenuto che la normativa sulla circolazione stradale fosse in contrasto con le norme della Costituzione indicate e, in particolare:
i. con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto c'è il risultato paradossale che si potrebbe far pubblicità per il proprietario dell'auto ma non per un altro soggetto, sorgendo quindi un problema di irragionevolezza del divieto, dato che la logica dovrebbe essere la sicurezza della circolazione stradale;
ii. con il principio di iniziativa economica privata dell'art. 41 Cost., dato che tale divieto limiterebbe l'iniziativa economica privata, senza nessun effetto migliorativo sulla sicurezza stradale;
iii. con l'art. 42 Cost., in quanto la pubblicità per la quale si applicherebbe il divieto riguarda spazi di proprietà privata del driver.
A tal riguardo, risulterebbe anche esserci una lesione dei diritti soggettivi in quanto il bene potrebbe essere sfruttato come una forma caratteristica delle nuove proprietà (c.d. new properties) dove si ricavano utilità diverse (la diffusione di pubblicità) da beni tradizionali, quali ad esempio l'automobile;iv.con l'art. 76 Cost., secondo il quale per conferire una delega legislativa al governo la legge di delegazione deve avere un tempo definito, un oggetto definito e dei principi e criteri direttivi.
Nella suddetta normativa in tema di circolazione stradale la pubblicità non rientra nè nei principi nè nei criteri direttivi. Pertanto, un altro aspetto caratteristico dell'invalidità della legge delegata è che la legge di delegazione, che aveva autorizzato il governo all'emanazione del codice della strada, non comprendeva la disciplina della pubblicità, ma solo quella della circolazione stradale.
Ne consegue che non possono introdursi, in mancanza di una copertura da parte della legge di delegazione, nuove norme restrittive delle attività private (e probabilmente anche anticoncorrenziali), quali sarebbero quelle in commento. Il Tribunale di Roma, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, ha sospeso con Ordinanza il giudizio a quo e ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale per la sua valutazione.
In particolare, il Tribunale, rilevando l'assenza di precedenti giurisprudenziali che abbiano formulato un'interpretazione delle norme in esame, tale da non contrastare con le disposizioni costituzionali sopra richiamate (nel senso di un'interpretazione conforme a Costituzione), ha reputato sussistenti i presupposti di rilevanza e di non manifesta infondatezza delle norme indicate, nella parte in cui consentono la pubblicità non luminosa sui veicoli "se non effettuata per conto terzi a titolo oneroso" e, per ciò che attiene alle autovetture ad uso privato, permettono "unicamente l'apposizione del marchio e della ragione sociale della ditta cui appartiene il veicolo", in quanto in contrasto con gli artt. 3, 41, 42 e 76 Cost.
Ha altresì rimesso alla Corte Costituzionale la valutazione anche dell'eventuale contrasto con l'art. 21 Cost. (in relazione alla possibilità che i messaggi diffusi siano relativi a pubblicità sociale o abbiano carattere non commerciale). Si tratta di un precedente significativo (destinato ad avere comunque impatto sul contenzioso già esistente in vari fori), nel quale il giudice delle leggi sarà chiamato a pronunciarsi sulla compatibilità con la tutela della libertà di iniziativa economica privata e della proprietà di una normativa oggettivamente restrittiva, e probabilmente non più adatta alle moderne possibilità di uso dei beni a scopo pubblicitario, che contraddistingue un aspetto innovativo della tematica della proprietà ("new properties").
La distinzione tra pubblicità per conto proprio e per conto terzi, in particolare, sembra manifestamente irragionevole (art. 3 Cost.) in relazione alla tutela della sicurezza della circolazione stradale, in quanto fattore assolutamente non in grado di incidere su di essa.