Divorzio, mantenimento del tenore di vita al figlio anche a fronte del diritto negato all'ex
L'assegno di mantenimento al figlio garantisce il tenore di vita goduto prima della separazione dei propri genitori mentre quello divorzile all'ex coniuge più debole economicamente assicura solo un contributo compensativo-perequativo per il dimostrato sacrificio rispetto alle proprie aspirazioni e prospettive economiche fatto in ragione della conduzione della vita familiare e della costituzione del patrimonio della famiglia. Sono inoltre irrilevanti le dazioni e i vantaggi economici che la famiglia di appartenenza riconosce ai coniugi coinvolti nella definizione delle rispettive contribuzioni a seguito del loro divorzio. La Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 15774 di ieri, ha così solo in parte annullato la decisione della Corte di appello che aveva stabilito l'assegno divorzile alla moglie del ricorrente in 1.300 euro e quello per il mantenimento del figlio in 3.000 euro, aumentati rispetto ai 2.500 inizialmente fissati dal tribunale.
Figli - La Cassazione afferma in primis che la valutazione su quale sia l'apporto adeguato a garantire alla prole il medesimo tenore di vita goduto durante il matrimonio dei propri genitori è accertamento di fatto oggetto della valutazione dei giudici di merito insindacabile in Cassazione se non per vizi di legittimità. E, soprattutto, che tale diritto specifico del figlio continua a sussistere anche di fronte al nuovo orientamento giurisprudenziale che lo nega all'ex coniuge. Nella vicenda concreta il riconoscimento al figlio dell'assegno di mantenimento finalizzato ad assicurare proprio il tenore di vita del periodo coniugale e anche l'aumento stimato dalla Corte di appello è stato motivato in base alle agiate condizioni economiche del padre e alla circostanza dell'assenza di un contributo diretto dovuto alla mancata frequentazione col padre.
Ex coniugi - La Cassazione, invece, contesta la decisione del giudice, appunto annullata e oggetto di rinvio alla fase di merito, per non aver operato il dovuto esame del sacrificio personale o di quanto avesse contribuito economicamente l'ex moglie del ricorrente alla conduzione della vita familiare e alla costituzione del patrimonio comune. Infatti, dopo la svolta giurisprudenziale in materia, che ha escluso in radice il diritto del coniuge più debole economicamente a vedersi assicurare dall'altro le risorse per godere dopo il divorzio del medesimo tenore di vita di quello coniugale, unica finalità residua dell'assegno divorzile è quella di compensare il sacrificio fatto da uno dei due per la gestione della vita di coppia nel rispetto del principio costituzionale solidaristico. Ora l'ex moglie dovrà dimostrare il proprio contributo dato e l'entità e l'eventuale irreversibilità del sacrificio fatto sulle proprie aspirazioni professionali, compresa l'esistenza o meno di prospettive future lavorative.
Irrilevanza dell'apporto della famiglia di appartenenza - La Cassazione rigetta, infine, la rilevanza data dai giudici di merito a quanto l'ex marito aveva ricevuto in termini economico-patrimoniali dal proprio padre e in base a ciò riconosciuto i due assegni e il loro aumento. Mentre è pacifico da sempre il principio dell'irrilevanza nella definizione degli accordi economici del divorzio delle disponibilità ricevute dopo la separazione da ciascun coniuge dalla rispettiva famiglia di appartenenza.
Corte di cassazione – Sezione I civile - Ordinanza 23 luglio 2020 n. 15774